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Giunsero allora in Torino i due pontificii legati, che furono Ottaviano cardinale di s. Maria di Vialata, e Gioanni cardinale del titolo di s. Nicolò. Tennero pubblica seduta nel secondo giorno di luglio del 1251, sotto i portici della chiesa cattedrale; ed ivi intervennero il vescovo, il conte Tommaso, i frati minori, gli umiliati, gli spedalieri, ed i tempieri, oltre ai principali personaggi della città. Udite le parti, ed interrogati i testimonii, si venne alla sentenza, o piuttosto ad un amichevole componimento, per cui Tommaso conte di Piemonte e di Fiandra promise di restituire entro un breve termine al vescovo di Torino i castelli di Montosolo, di Castelvecchio, di Moncalieri, di Rivoli e di Lanzo, da esso occupati quando teneva le parti dell'imperatore Federico II. Lo strumento di questa restituzione fu stipulato a Pontestura, nella chiesa di s. Agata, nel dì 3 di luglio del 1251, alla presenza de' due cardinali legati. Scaduto il tempo assegnato alla restituzione, il conte non indugiò a consegnare alcune castella al vescovo; ma siccome le altre erano sotto il dominio degli Astigiani suoi nemici supplicò per ottenere un lungo spazio di tempo per eseguire quanto avea promesso; ed Innocenzo IV con bolla del 15 novembre del 1251, gli concedette tanto più volentieri la chiesta proroga, in quanto che ben lungi dal bramare che fossero menomati i dominii di questo suo dilettissimo nipote, già si adoperava perchè gli fossero notevolmente accresciuti. bis A questo tempo il conte Tommaso vide la necessità di trattenersi nella nostra contrada, per confermare nella fedeltà Pincostanza dei popoli subalpini soggetti alla sua giurisdizione, acciò che l'assenza del Sovrano non desse loro l'opportunità di lasciarsi di nuovo sedurrre dal vescovo. Ma non vi potè lungamente rimanere; perocchè la convenienza chiamollo in Utrecht a rendere ossequio a Guglielmo conte d'Olanda, già per la morte di Federico II eletto Re de' Romani, ed ora dal sommo Pontefice, e da quasi tutti i Principi tenuto per legittimo Imperatore. Lasciato però un suo vicario in Torino, ed accresciuti i presidii di altre subalpîne piazze, si condusse ad Utrecht con • un

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splendidissimo seguito di cavalieri e di ufficiali. Alla splen-
didezza, onde comparve Tommaso a quella corte, piena-
mente corrispose l'onorevole accoglienza che gli fece Gu-
glielmo, il quale pur volle confermargli, ed eziandio cre-
scergli l'ampia investitura di molte proprietà e di molti
privilegi, che già era stata fatta in suo favore da Federico.
Alle giurisdizioni adunque già concedute al nostro conte
dall'anzidetto Imperatore, il nuovo Re de' Romani Guglielmo
gli diede, o confermò i castelli di Rivoli, di Montesolio, un
certo pedaggio in Torino, tenuto in feudo da' signori di
Piossasco; tutto ciò che possedevano in feudo cesareo i si-
gnori di None; il castello di Villa, i confini di Celle fra
Chieri e Moncalieri, tutte le terre franche e i dominii di-
retti della città di Torino e della torinese diocesi, eccettuati
alcuni omaggi de' marchesi di Monferrato e di Saluzzo; gli
donò inoltre la città d'Ivrea, tutto il Canavese, il castello di
Lanzo, con facoltà d'imporre pedaggi ed altre gravezze,
stabilir fiere e mercati liberi, e di poter coniare monete
d'oro e d'argento. Se non che il novello re Guglielmo pre-
vedendo che per tali concessioni sarebbero insorte gravi.
molestie al conte Tominaso, scrisse al vescovo, e al capitolo
di Torino di dovergli obbedire, e riconoscerlo per loro le-
gittimo sovrano sotto gravissime pene. Fugli dunque giu-
rato omaggio, da passare ne' suoi successori senz'alcuna ris
pugnanza; massime perchè giunse a Torino un ordine del
Papa, cui piacque di riconoscere e confermare le donazioni
fatte da Guglielmo ad un principe così benemerito della
santa Sede. Inoltre il Papa minacciò espressamente al ve-
scovo ed al capitolo, se più ardissero di perturbarlo nell'e-
sercizio di sue giurisdizioni, e loro protestò di avere dato
al vescovo di Tarantasia l'ordine di scomunicarli qualunque
volta fosser tornati alle medesime perturbazioni contro Tom-
maso,
e contro i suoi successori. E per cessare le ostilità
d'Asti, di Chieri e d'Alba, città in que' tempi infestissime
ai Torinesi, e per por freno alla loro cupidità d'involare ai
Principi sabaudi le terre acquistate, o donate ad essi di qua
dell'alpi, l'Imperatore scrisse ad un tempo ai comuni di Mi-
lano e di Genova, pregandoli a voler prendere sotto la loro
guarentigia e protezione il conte Tommaso di Savoja, e la
città di Torino.

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Questa città tornò allora sotto l'obbedienza d'un Principe, il quale per altro stette contento all'esserne investito dell'alto dominio, e di qualche diritto utile, e lasciò nel resto che i Torinesi si governassero colle proprie leggi alla foggia dei liberi comuni della Lombardia. Ma tutti i favori pontificii, ed imperiali non salvarono il conte Tommaso II dal furore della lega ost inatamente rivolta ad estendere le sue conquiste sulla rovina dei Principi.

Egli ben presto si trovò con pochi aderenti nella necessità di difendersi dagli assalti del possente comune di Asti, e dagli alleati di esso, che gli mossero una guerra di sterminio; sicchè affrettossi a trattare una pace cogli Astesi, che fu a questi assai favorevole, e venne stipulata nel dì 28 di luglio del 1252. In virtù di quel trattato ei dovette obbligarsi a cose per lui svantaggiose ed umilianti; cioè a farsi dispensare dall'omaggio che dovea prestare al conte di Savoja suo fratello per tutti i suoi possedimenti al di qua dai monti, e di farne in veće omaggio al comune d'Asti; farebbe lo stesso per riguardo a Cavoretto e di tutti gli altri luoghi subalpini da lui tenuti, ad eccezione di Torino, del suo ponte e della sua bastita. Per rispetto a Moncalieri venne stabilito che si lasciassero le cose nello stato in cui erano sinchè piacesse al comune di Pavia; che se il conte volesse ripigliare le ostilità col comune di Moncalieri, quello d'Asti avesse facoltà di ajutarlo; fu anche ben rincrescevole a Tommaso il dover promettere di non fare alcun nuovo acquisto al di là del Po senza l'assentimento del comune d'Asti.

A tale abbassamento della fortuna del conte Tommaso si aggiunsero la disgrazia della morte del di lui fratello Amedeo IV, avvenuta nel 1253, la minor età di Bonifacio figliuolo di esso, la malagevole reggenza dello stato a lui commessa, la tutela statagli commessa di Tommaso marchese di Saluzzo, e soprattutto il timore d'un'imminente guerra civile da dover sostenere contro Pietro e Filippo anche fratelli di Amedeo IV, di cui ciascuno volea una gran parte dei dominii della Savoja. Tommaso II, in tal difficile condizione di cose, per evitare le conseguenze d'un'orribile scandalosa lotta fece con essi un'amichevole composizione; ma dovette

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subito lasciare quegli stati perchè il comune d'Asti, profittando de' suoi imbarazzi, assalì con tutte le sue forze Moncalieri da lui racquistato, e sconfisse i chieresi suoi alleati; alla cui testa era il marchese di Busca Manfredo 11 Lancia.. Accadde questa rotta presso Moriondo, nel mese di dicembre del 1255. Gli Astesi allora sorpresero Chieri, e rientrarono in Moncalieri, ove fecero prigione l'abate di Susa.

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XXXII.

Le truppe di Tommaso sono sconfitte a Montebruno; egli ritirasi a Torino, ov'è arrestato, rinchiuso in una torre, poi rimesso prigioniero agli Astigiani. Non può uscir libero se non a durissime condizioni; di poco sopravvive alla sua liberazione.

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Il conte Tommaso appena seppe che l'abate di Susa suo grande amico ed intimo consigliero fu fatto prigione dagli Astigiani, andò egli stesso all'esercito, e sebbene lo trovasse menomato di molti e valorosi militi, senza voler aspettarne altri, vivamente sospinto dal desiderio d'una pronta : vendetta, offerì con più di coraggio che di prudenza un combattimento presso Montebruno, o Mombruno; se non che i Torinesi, che dovevano essere il miglior nerbo dell'esercito suo, non avendo fatto di loro buona prova, si trovò egli soverchiato dal numero dei nemici, e potè appena salvarsi colla fuga in Torino, ma in vece di trovare un asilo in questa città, vi fu vittima di un'insurrezione. La plebe torinese eccitata, secondo alcuni, dal partito episcopale, condo gli altri dal partito astigiano, che vi dominava, levossi a rumore contro di lui, e con alte grida insultandolo, cominciò a rimproverarlo della disgraziata fazione di Montebruno; e presto egli fu arrestato, stretto di catene, e rinchiuso nella torre di porta susina. Dell'indegnità del caso altamente si commossero le prime potenze di Europa. Il papa Alessandro IV, Enrico III re d'Inghilterra, il suo fratello Ricardo imperatore ne fecero molte doglianze contro i Torinesi e gli Astigiani; e poi alle doglianze fecero succe¬ dere le minaccie. Il re di Francia nipote di Tommaso, e i fratelli di questo Principe residenti in Savoja, nel loro

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grande sdegno fecero prigioni quanti Torinėsi ed Astigiani capitarono in quelle contrade, e di ogni loro avere li dispogliarono. Oltre a ciò gli anzidetti Principi eccitati dal Sommo Pontefice che fulminò scomuniche contro i colpevoli dell'arresto di Tommaso, vennero con molte truppe al soccorso dell'illustre prigioniero, tennero per qualche tempo stretta d'assedio la piazza di Torino, e mossero poi contro di Asti, ma senza decisivo vantaggio, a malgrado degli ajuti che essi ebbero dai marchesi di Saluzzo e dai conti di Biandrate. Gli Astigiani, sostenuti segretamente dai marchesi di Monferrato, sprezzando le forze che Filippo di Savoja arcivescovo di Lione, Bonifacio arcivescovo di Cantorberi e Pietro conte, tutti e tre fratelli di Tommaso, avevano raccolto coi sussidi dell'Inghilterra, vollero continuare la guerra, s'impadronirono di Fossano e di Cuneo, e manomisero la provincia di Susa. Allora si trattò della pace. Gli Astigiani vi si mostrarono disposti, e lasciarono andar libero l'abate di Susa, affinchè potesse negoziare l'accordo e la liberazione del Principe, Or siccome gli Astigiani avevano in cima dei loro pensieri di far mettere in libertà i loro paesani, che erano stati arrestati in Savoja ed in Francia, e di cui le merci vi erano state poste sotto sequestro, procurarono di avere nelle mani il Principe prigioniero, perchè speravano di ottenere con tal mezzo più favorevoli patti quando si trattasse di liberarlo; e convien dire, che gli alti personaggi, i quali adoperavansi con ogni possa per ottenerne il riscatto, amavano meglio di negoziare con aperti nemici che con sudditi ribelli e felloni. L'abate di Susa, ch'era stato posto in libertà, Jacopo marchese del Carretto, Nicoloso e Ludovico Fieschi, furono quelli che a favore dell'illustre prigioniero cominciarono le trattative con Asti, le quali durarono assai tempo, e diedero motivo a varie convenzioni.

Un primo accordo fu conchiuso in Asti il 5 di novembre del 1256: si stabilì per esso che Tommaso rimetterebbe al comune d'Asti Sommariva del Bosco e Caramagna; condonerebbe ai Torinesi gli oltraggi e i danni ricevuti da essi; rinunzierebbe ad ogni diritto sulla città di Torino: restituirebbe a questo comune i luoghi di Collegno; renderebbe il castello di Alpignano agli Arpini, famiglia torinese; fa→

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