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segni di essere, come lo era, malcontento della condotta della corte di Savoja, favorevole al Delfino nella sua ribellione. Ora verisoluto di far sentire al nostro Duca gli effetti del suo risentimento, gli dichiarò, per mezzo di un araldo, Ja guerra; ed intanto spedì le sue truppe verso il Lionese. H.Duca, troppo debole per sostenere una lotta contro un nemico così terribile, affrettossi ad impedire lo scoppio della procella. Il cardinale di Estonteville, uno de' più abili negoziatori del suo tempo, passò alcuni giorni a Ciamberì per convenire col Duca sui mezzi più acconci a calmare lo sdegno del Re. Il duca Ludovico spedì subito ambasciatori incaricati di esporre a Carlo VII le cose sotto i colori i più favorevoli. Partì quindi egli stesso per fare al monarca di Francia, le sue scuse ed offrirgli le convenevoli riparazioni. Trovò Carlo Vila Feurs, luogo distante. quattordici leghe a libeccio di Lione: ivi stipulò un trattato, con cui acconsente a dare tre soddisfazioni molto penose ; cioè si obbliga a pagare una cospicua somma per le spese della guerra; ad evacuare le piazze che occupa nel marchesato di Saluzzo, considerato in quell'accordo, come unito al Delfinato, ed a ristabilite nei loro beni, nelle loro cariche e negli onori i nobili che erano stati proscritti per gl'intrighi del Compeys. Ma il Delfino risolvette di chiedere, come chiese diffatto, nel 1455, un soccorso d'uomini e di danari a Ludovico di Savoja, suo suocero, il quale ricusò di sostenerlo nella sua rivolta, protestando, che non avrebbe intrapreso alcuna cosa in pregiudizio del re di Francia. Il Delfino, sia per risentimento, sia per un effetto di quella inquietezza che gli era naturale, dichiarò la guerra al nostro Duca per l'omaggio della marca saluzzese. Il Principe francese cominciò coll'impadronirsi di varie piazze; e disponevasi a proseguire le sue conquiste, quando il duca di Borgogna, gli Svizzeri, e sopra tutti il cantone di Berna, lo costrinsero ad accettare la loro mediazione, a restituire ciò che avea preso, ed a vivere in pace.

all duca Ludovico allora, ben consapevole della sua debolezza, pensò che gli era necessario di stringere un'alleanza colores di Francia : quel Re, non fidandosi unicamente al nostro Duca, il quale era troppo facile à lasciarsi aggi

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rare da' suoi cortigiani, e d'altra parte vedendo com'erano sconcertate le cose ne' di lui dominii, volle che l'alleanza con lui contratta, fosse approvata dai tre Stati; i quali perciò si raunarono a Borgo in Bressa nel mese di luglio del 1456: ivi il cancelliere, alla presenza dei deputati, di Ludovico e degli ambasciatori del Re, palesò quanto erasi già fatto per riguardo alla confederazione, e quanto si vo¬ leva dai tre Stati; ma nulla vi si potè conchiudere; peroc¬ chè i deputati dei comuni, ed in ispecie quelli del comune di Torino, adombrandosi del pomposo apparato di quel congresso, ricusarono di prestare il loro assentimento; perchè temettero, che qualora il Duca, di cui erano anche troppo mutabili i pensieri, non avesse poi adempiuto alcuna delle: condizioni di quel trattato, il re di Francia venisse contra il nostro paese che assumevasi la malleveria degli obblighi contratti dal Duca; il quale però, fatto consapevole di quei timori, rese certi i Torinesi, e gli abitanti degli altri comuni, che la loro approvazione relativamente alla sua alleanza colla Francia, non avrebbe prodotto la menoma dipendenza del paese da quella corona.

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Tre anni prima i Torinesi, quasi presaghi della felicissima sorte, che in progresso di tempo sarebbe loro toccata, partecipavano alla grande consolazione ch'ebbe la corte di Savoja, quando per atto pubblico del 22 marzo 1453 la nobil vedova Margarita di Charnì, ospite del duca Ludovico, gli fece il solenne donativo dell'insigne reliquia del sacro lino, che avvolse il divin Salvatore deposto dalla croce; reJiquia preziosissima che gli antenati dell'illustre donatrice avean recato dall'oriente, ed era già posseduta dai re di Cipro e di Gerusalemme, antecessori della principessa Car lotta, rimasta allora unica erede di quei Re..

Nell'anno medesimo in cui l'augusta Casa di Savoja acquistava la santa Sindone, accadeva in Torino un soprannaturale splendidissimo avvenimento, onde la nostra capitale chiamossi dappoi la città del miracolo: le truppe del duca Ludovico avevano ripigliato al re di Francia la piazza di Exilles, e avean dato il sacco a tutte le abitazioni del luogo: alcuni dei soldati ducheschi non rispettarono le chiese, ne tolsero i vasi sacri, ed anche quello che conte

neva Fostia consecrata. Con quella preda venendo in Torino, e giungendo il 6 giugno di quell'anno sulla piazza della chiesa di s. Silvestro, ora dello Spirito Santo, un mulo che · era stato caricato dei varii oggetti tolti alla chiesa principale di Exilles, ed anche del sacro vaso, che racchiudeva l'ostia santa, arrestossi ad un tratto, nè gli iniqui soldati che lo conducevano, poteron più farlo muover d'un passo; e frattanto l'ostia sacratissima levossi alla vista dei riguardanti, e si sostenne in alto miracolosamente, finchè il vescovo Ludovico di Romagnano, ed il suo clero si ‹recarono in processione a riceverla e portarla nella cattedrale. Di tale ammirando fatto si conserva un'estesa relazione negli archivi della parrocchia di Exilles. Un'altra relazione contemporanea di questo portentoso avvenimento, che certamente non potrebbe desiderarsi più autentica nella sua forma, nè più candida nell'esposizione del fatto, nè più esatta nelle particolari circostanze, conservasi nell'archivio di questa città; essa fu collazionata da Tommaso Valle, torinese, notajo ducale. Fra i moltissimi distinti Torinesi, che videro lo stupendo prodigio, lo scrittore di quella relazione nomina i seguenti, siccome testimonii degnissimi di fede, Patrino Gorzano; Petrino Daero; Gasparino Miolero; Martino Bellanda; Filippo Valle; Georgio Gastaldo; Michaele Burry; Gioanni Falconino; Bonifatio Cassano; Bartolomeo Carrarino; il nobile Murriero de Millano.

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La fama di un tanto prodigio non poteva rimanere, e non rimase ristretta fra le mura di Torino. Molti dei circostanti paesi, e non pochi da lontane regioni vennero ad adorare Gesù sacramentato, e ad implorarne i favori nel luogo che aveva voluto sciegliersi a speciale culto, e tutti se ne partirono consolati. Fra le numerose grazie che l'ospite divino si degnò concedere da questo nuovo trono di misericordia, merita di essere riferita l'instantanea guarigione da una grave malattia, che da tre anni travagliava un Tommaso Soleri Alias de Leone, il quale nel 1454, cioè l'anno dopo il gran miracolo, venne da Rivarolo ad adorare Postia prodigiosa, e ad adempirvi un suo voto; allorchè udi ed intese il miracolo di recente avvenuto del corpo di Cristo, pro-· digiosamente uscito dal bagaglio, in cui era con altri oggetti fur

livi légato. Parole son queste letteralmente tradotte dalla deposizione giurata dal medesimo Soleri, ricevuta dal canonico Giovanni De-Solis et De-Virlis, munito a tal uopo dell'autorità di pubblico notajo, in presenza di tre contemporanei testimonii. Quest'atto capitolare dei canonici della cattedrale ha la data dell'11 d'ottobre 1454; se ne conservano copie autentiche negli archivii della città, e in quelli della congregazione dei canonici-teologi del Corpus Domini.

Sin d'allora nacque il desiderio in molti Torinesi, che si erigesse un monumento per conservare la memoria di st grande prodigio. Il corpo civico non potè subito compiere il pio desiderio della popolazione, perchè trovavasi nelle angustie a cagione delle continue spese straordinarie, a cui soggiaceva in quell'epoca, in cui le cose del governo ivano alla peggio; ma appena che uscì dalle strettezze, in cui allora si trovava, deliberò, nel dì ultimo di luglio del 1521, di far edificare una cappella presso la chiesa di s. Silvestro in onore e commemorazione del corpo di Cristo, ivi miracolosamente trovato, il qual decreto conservasi nel suo originale, e si può riscontrare nel Vol. XCIV degli ordinati della città: documento preziosissimo, perchè scritto in un tempo, in cui potean vivere ancora testimonii oculari del prodigio, e tutti i cittadini per certa e sicurissima ne avevano la recentissima memoria dai loro genitori. Di questo decreto trasmisero copia i decurioni della città alla curia arcivescovile, domandando la facoltà di erigere un oratorio del Corpo del Signore, e la concedeva diffatto monsignor Bernardino De Prato, arcivescovo di Atene, e vicario generale del cardinale Innocenzo Cibo arcivescovo di Torino. Subitamente si costrusse l'oratorio in forma di piccol tempio, adorno di fini marmi, e di eleganti pitture. L'ostia del miracolo si conservò per assai tempo; cioè sino a quando per ordine: della Santa Sede venne consumata per non obbligar Dio a far eterno miracolo, col mantener sempre incorrotte, come si mantenevano, quelle stesse eucaristiche specie.

Raccontano questo gran miracolo con tutte le circostanze, scrittori degnissimi di fede, e fra gli altri Gioanni Galesio torinese, Gioanni Bottero nella vita di Ludovico, Ludovico. della Chiesa, Bosvio, Razzi, Vigliegas, e parecchi altri. L'a35 Dizion. Geogr. ec. Vol. XXII.

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bate di Lavriano ci diede delineata l'immagine di quell'ostia miracolosa, cavata dal ferro medesimo, che la formò, il quale ferro che per antica tradizione chiamavasi le fer du miracle fu regalato dal comune di Exilles all'arcivescovo di Torino Michele Beggiamo, e da lui donato a questa città, come risulta dal documento originale dell'11 di luglio 1684. - Quanto in progresso di tempo siasi fatto dalla munifica città di Torino per tramandare ai posteri più tardi la ricordanza di sì prodigioso avvenimento sarà da noi riferito a luogo opportuno. I documenti che lo comprovano sino all'evidenza furono raccolti e pubblicati dal canonico e teologo collegiato Angelo Colombo, ed illustrati poscia dal canonico e teologo collegiato Clemente Denegri, di cui il clero torinese lamenta la perdita. Dopo tante ineluttabili prove, che tolgono ogni dubbiezza sul ridetto miracolo dell'ostia eucaristica, nemmeno i critici più schifiltosi, dice P. Semeria, troveranno cosa da opporre; l'empia temerità degli eretici resta confusa, la religione de' buoni fedeli vie maggiormente si avvalora, e vieppiù illustre è la città di Torino. La santa romana Sede dopo le più severe e giuste disamine, riconobbe, non è gran tempo, la verità del prodigioso evento, e previo il parere della sacra congregazione dei riti, concedette nel 1855 l'officio proprio per la festa che suole celebrarsi nel sesto giorno di giugno: questa pontificia concessione coronò i piissimi desiderii del clero, della città, e della real corte di Savoja, e pone un perpetuo sigillo ad ogni ulteriore disquisizione..

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Siccome quel famoso miracolo del Sacramento avvenne in questa città mentre sulla sedia vescovile di essa risiedeva l'egregio Ludovico de' marchesi di Romagnano, così da rimotissima età nel borgo di questo nome, in ogni sera del giovedi il suono della campana ne invita gli abitanti alla preghiera ; e questo pio uso che si mantenne sino ai nostri giorni, si manterrà al certo in tutti i tempi avvenire.

Il vescovo Ludovico di Romagnano, ch'ebbe la felicissima sorte di essere testimone del gran portento, si accese di nuovo ardore nell'esercizio del suo pastoral ministero. Due sinodi diocesani egli celebrò per ristabilire l'ecclesiastica disciplina; il primo nel dì 30 d'aprile del 1465, nel quale si

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