Immagini della pagina
PDF
ePub

Nel terzo giorno i due generali si avanzano colla loro cavalleria, ordinano la battaglia, si battono. Pretendono il Cluverio, e, dopo, lui parecchi eruditi di ricavare da Polibio e, da Livio, che la marcia dei due eserciti sia stata lungo il Ticino, e che il memorando combattimento siasi dato alla sinistra sponda di quel fiume; ma il dotto nostro Durandi non dubita, di affermare che le testimonianze di que' due antichi scrittori in questo caso non sono dello stesso peso. Livio ricopiò Polibio, ma quivi forse non intese abbastanza il testo dello storico greco, o almeno si spiegò in una maniera assai confusa. Polibio narra, che mentre Annibale riceveva le, sottomissioni de' Taurini, e de' loro clienti, fu fatto. consapevole che Scipione aveva già passato il Po con tutte le sue legioni; che il generale romano, per avanzarsi più in, su, aveva formato un ponte sopra il Ticino. Scipione adunque aveva passato quel fiume dissotto al confluente del Ticino. Soggiunge Polibio, che poscia, i, due generali si posero, in marcia lungo la sponda del fiume opposta alle, alpi; cosicchè Scipione marciava poi necessariamente di qua dal Ticino. Il nome generale di fiume quivi, secondo Polibio, si riferisce a quello principale, ch'egli aveva precedentemente nominato, cioè al Po, e non mai al, Ticino. Infatti il Ticino. ha un corso, la cui linea è perpendicolare alle alpi; e non, offre perciò alcuna sponda alle alpi opposta. Nè si può con violenza interpretare, che Polibio volesse dire, che i due eserciti marciassero lungo il Ticino verso le alpi; perciocchè ei parla chiaramente, della costa del fiume, che riguarda le, alpi, lungo la quale muovevano i due eserciti. Bensì il Po ha la manca sponda opposta alle alpi, e la destra.all'appennino, laonde i due, eserciti muovevano lungo la riva sinistra del Po. Ora, per ritrovare il sito in cui si diede quella battaglia, il 15 novembre dell'anno 218 avanti G. C., si hanno a considerare i movimenti dei due eserciți,

[ocr errors]

Nel giorno in cui Scipione, fece, costrurre il ponte sovra il Ticino, Annibale informato della, vicinanza del nimico levò il campo dall'agro de' Torinesi, e cominciò avanzarsi. Nel primo giorno, in cui il generale romano si mosse dal Ticino, certamente, il Cartaginese si mosse dalla Dora. La, marcia che le truppe facevano in un giorno, era di venti,

[ocr errors]
[ocr errors]

1

miglia romane, e al più in alcuni casi di miglia venticinque.. Dal Ticino presso Pavia al sito, dove passa la romana via e attraversa il Sesia, si contano miglia venti; altrettante, o poco più se ne contano dalla Dora, Baltea al Sesia, camminando lungo la sponda del Po. Nel terzo giorno, l'uno e l'altro generale si mosse colla cavalleria, e appena ei videro alzarsi la polvere da una parte e dall'altra, si ordinò la battaglia. Adunque questo primo combattimento tra i Romani, ed i Cartaginesi in Italia, accadde verso il confluente del Sesia nel Po. Floro lib. 2, cap. 6, dice che quella battaglia s'ingaggiò inter Padum et Tibinum. Ora egli è certo, che ogni volta che s'accenna un sito con disegnarlo come posto fra due fiumi, sempre s'intende che dai fiumi superiormente è chiuso. Laonde l'espressione di Floro c'indica, che il combattimento si diede al di sopra del confluente del Ticino net Po, ossia di qua dal Ticino. Egli non determinò poi la distanza, o' il luogo preciso, ma l'uno e l'altro evidentemente si ricavano dalla marcia dei due eserciti secondo che da' Polibio ci fu descritta.

[ocr errors]

Accaduto il conflitto della romana cavalleria, e della cartaginese, i Romani ebbero la peggio, e si trovaron costretti aprender la fuga: altri si raccolsero presso il console, it' quale levò subitamente il suo campo dalle vicinanze del Ticino, e condusse le sue schiere verso il ponte fatto sul Po, a fine di passarvi nello stesso tempo. Annibale aspettò, che i legionarii combattessero; má appena seppe che i suoi nemici avevano abbandonato il loro campo, li seguito sino al ponte sopraccennato e ritrovollo rotto. Fe' ricercare un luogo facile per gettarvi un ponte, e dopo due giorni di ricerca, ritrovò il mezzo di farne uno di barche per passarvi colle sue truppe. Così Polibio.

Si osservi ora che questo sommo storico parla quivi del Po, e non mai del Ticino. La fuga de' Romani, e la ritirata di Scipione, il quale si affrettò a levare il campo dalle vicinanze del Ticino, dimostra appunto, che il luogo della zuffa era stato molto di qua da questo fiume. Polibio inoltre parla di un altro ponte fatto sul Po da' Romani, per cui Scipione potè salvarsi, rotto il quale impedì al generale cartaginese di inseguirlo. Quel nuovo ponte adunque era

:

di sopra, ossia di qua dal confluente del Ticino nel Po. Di fatto Annibale, che inseguì poseia sino a quel pontei Romani, non oltrepassò il Ticino; quindi apparisce lo sbaglio, di Livio, il quale mostra di parlare del secondo passaggio del Ticino, quando Polibio più non ne parla. Ivi il Ticino è poco minore del Po, prima che questo riceva le acque di quel fiume i Romani avrebbero rotto il ponte sul Ticino, come ruppero quello sul Po, e Polibio ci avrebbe descritto la difficoltà incontrata da Annibale a varcare il Ticino. Per la qual cosa è da credere, che se Livio s'ingannò nel riportare le parole di Polibio, fu per aver confuso i due ponti costrutti sul Po da Scipione. Quel secondo ponte fu fatto verosimilmente da Scipione nel giorno di riposo, cioè nel secondo giorno dopo la marcia dal Ticino tra questo fiume e il Sesia.

Annibale passò finalmente con tutte le sue schiere il Po. Egli nelle vicinanze del luogo, ove sorse Casale di s. Evasio, ritrovò il sito acconcio per fare il suo ponte: ivi antica mente eravi quello della strada romana tra Vercelli ed Asti. Da questo luogo alla Trebbia si contano miglia LX. Polibio appunto c'insegna che Annibale, varcato il Po, fece una marcia, di due giorni, e il terzo dì giunse a fronte de' nemici, i quali eransi ritirati verso Piacenza. Ciò tanto più è verisimile, dacchè Annibale per valicare il Po con maggior facilità, avrà ricercato un sito di sopra al confluente del Sesia e del Tanaro nel Po, giacchè questo fiume prima di ricevere le acque del Sesia e del Tanaro, è minore quasi della metà di quello che è, dopo essersene ingrossato.

Appena Annibale riportò la sopraccennata famosa vittoria, tutti i Galli vicini si dichiararono per i Cartaginesi, come già dianzi avevano deliberato di fare, e tostamente si unirono ad essi; ma i Boi più animosamente proseguirono poscia le loro ostilità contro i Romani; Livio lib. 23, cap. 24. L'anno xi della guerra punica Asdrubale riconducendo in Italia un nuovo esercito, seguì nel passaggio delle alpi la strada già tenuta da Annibale: parecchie genti italiche, ed alpine gli si unirono: invitò anche i Torinesi a congiungersi con lui; ma questi, per non mancare alla fede verso i Ro mani loro alleati, non lasciandosi allettare nè dalle preghiere,

e dalle promesse, e nè anco atterrire dalle minacce, stettero fermi nel rifiuto, sicchè Asdrubale, nulla osando di tentare a loro danno, mosse dirittamente ad assediare Piacenza: frattanto nè le vittorie riportate da Annibale al Ticino, e poco state alla Trebbia, nè il passaggio di Asdrubale pel nostro paese, poterono impedire che i Torinesi si ristorassero dei sofferti disastri, e risorgessero alla primiera indipen-, denza. Ebbero per altro a sopportare notevoli disagi per altri passaggi di cartaginesi truppe, condottevi da Amilcare. e da Magone. Amilcare vi passò, quando mosse ad invadere Piacenza, che da lui fu posta in fiamme, ed andossene quindi a saccheggiare Cremona, Magone, sbarcato con dodici mila fanti e due mila cavalli a Genova, dopo aver dato il sacco a quella città, che secondo Strabone già era in quel ̧ tempo un celebre emporio, barbaramente la incendiò; poi sottomise la occidental Liguria: questo generale africano, ingrossato per via il suo esercito con molti Liguri, e non pochi Galli, venne in Piemonte, e di qua si condusse nel Milanese, ove vinto e ferito dalle romane legioni, capitanate da Quintilio Varo, fece una bella ritirata verso Genova, donde fu richiamato in Africa..

I Romani, terminata la seconda guerra cartaginese, scacciarono dall'Italia la più gran parte dei Galli, e poi si volsero contro quelli tra i Liguri, che avean prestato soccorso ai loro nemici. Il console Paolo Emilio dalla riviera di levante mosse a combattere in quella di ponente i Liguri In-. gauni, di cui trionfò, non senz'avere incontrati molti e gravi pericoli. Le vittorie da lui riportate nella occidentale riviera non fecero cessare le ostilità: perocchè quegli tra gli altri, Liguri, che tuttora si mostravano avversi ai feroci conquistatori, per non soggiacere all'abborrito giogo di Roma, si posero in armi di qua e di là degli appennini e condussero, un grand'esercito nel paese degli Stazielli, i quali erano aderenti ai Torinesi, ed anzi li riconoscevano per loro capi. Si fu allora che il console M. Popilio fece passare alle sue · legioni per la prima volta lo Staffora. Impazienti i‹ Liguri di venire a battaglia con quelle odiate legioni, loro la presentarono presso il borgo di Caristo, oggi forse Carusco, sulla via che da Genova scorge a Tortona. Quell'importante fatto

[ocr errors]

d'armi è descritto da Livio, lib. 42, cap. 7, 8. Dalla descrizione che ne dà questo storico', si vede che il numero dei Liguri, ch'era pur grande, ed il loro maraviglioso coraggio non valsero contro l'arte e la disciplina; onde a malgrado d'incredibili sforzi di valore, furono pienamente sconfitti: dieci mila di' que' Liguri avanzi della romana vittoria' si diedero a discrezione al console Popilio, il quale subito li' disarmò, dirocconne il borgo di Caristo, vendè essi ed i loro beni, e ragguaglionne il romano senato

Disapprovò altamente il senato il rigore di quel console; gl'impose di restituire ai Liguri le armi, la libertà,'i beni e la patria; dichiarò altresì che gli Stazielli erano stati gli unici della gente ligustica che non avevano portato le armi ® contro ai Romani, e che nè anco allora deliberatamente avean mosso guerra a Roma; Liviò loc. cit. Infatti erano Liguri cisalpini, e quelli di là dal frume Iria, Staffora, che si raccolsero nel paese degli Stazielli, obbligaronò questi'ad entrare nel loro partito, e fecero del loro distretto il teatro di quella guerra. Ma gli Stazielli erano' senza dubbio clienti de' Torinesi, et fors'anco diramati da questi. Se adunque gli' Stazielli non erano dianzi nemici a' Romani, non lo furono neppure i Taurini; perciò noi non ritroviamo sinora, che i Romani sieno passati per combattere i popoli stabiliti di qua' dallo Staffora!

[ocr errors]

Se non che il console Popilio non obbedì al senatoconstillo fatto a favore dei Liguri, ed anzi scrisse poi al senato, ch'egli avea di nuovo combattuto coi Liguri Stázielli, ed aveane ucciso dieci mila. Per questa gravissima ingiuria si sollevarono anche le altre ligustiche genti. Fu perciò accusato Popilio nel senato di aver mosso ingiustamente la guerra a' quelli che eransi sottomessi a Roma, e di avere citato quei ch'erano pacifici alla ribellioné. Si può dunque con tutta verosimiglianza affermare, che allora i Taurino-Liguri si siano mossi in difesa degli Stazielli, popoli della loro tribù, e che entrassero nel novero di quelli stessi » pacifici rammentati al 'senato di Roma, i quali (anno DLXXXII) per' la durezza di Popilio si ribellarono. I tribuni della' plebe' promulgarono quindi coll'autorità del senato il seguente' Plebiscito; ut qui ex Statiellis deditis in libertatem restitutus anté

3

« IndietroContinua »