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rinesi e gli altri subalpini, tra i quali si trovava con sua particolar soddisfazione; ne visitava personalmente i paesi, facendo provare dappertutto i benefizii di una saggia am→ ministrazione; perocchè le erano cadute dall'anima le illusioni, che l'avevano già posta sulle mal sicure vie di una falsa politica. Ma le disgrazie a cui era soggiaciuta per tanto tempo, avevano alterato la sua sanità: le sue forze più non agguagliavano il coraggio e l'attività ond'era a dovizia fornita. Amedeo IX le avea donato il castello e la signoria di Moncrivello in Piemonte per ricompensarla dello aver renduto navigabile la Dora Baltea; ed ella dipartitasi da Torino vi si condusse per trovar qualche riposo in quel gradevole soggiorno e rimettersi in salute; quivi fu colta da una febbre maligna, che la tolse ai viventi addì 29 d'agosto del 1478.

La morte di Jolanda perturbò grandemente gli animi dei Piemontesi e de' Savojardi. Il giovine duca Filiberto nom aveva che quattordici anni, ed i popoli a lui soggetti temevano, che non trovandosi egli in età di governare gli stati, nascesse un'infausta divisione tra i Principi del sangue per ambizion di regnare, o di comandare. Pareva in ́ tal caso inevitabile una guerra civile; ma i Principi" convocarono i più cospicui personaggi dello stato a Rumilly per consultare a chi si dovesse il governo e la tutela. V'intervennero i conti di Geneva e di Bressa, e dopo varie consulte elessero il peggiore partito, cioè quello di rimettersi al parere del perfido re Luigi XI: intanto furono deputati dodici personaggi, sei della Savoja e sei del Piemonte, per gli affari emergenti dello stato; e il governo della persona del Duca fu lasciato a Grollé-Luys, il quale, secondo gli ordini ricevuti da quel monarca, limitò le sue cure ad esercitare il giovane Principe nei divertimenti della caccia, allontanandolo da ogni applicazione dello spirito e da qualunque cognizione di governo. In fine il Re diede a governare questi stati al conte della Camera, che si comportò tirannicamente nel nostro paese; a tal che i principali uomini di Cuneo, che più ne provarono la violenza, affrettaronsi a portarne le loro doglianze a Luigi XI, il quale diede secretamente ordine al vescovo di Geneva di condursi con prestezza in Piemonte,

e di prenderne il governo. Questi in breve tempo venne da Geneva a Torino, ove fu bene accolto ed obbedito, prima che della di lui partenza dalla propria sede vescovile ne fosse informato il conte della Camera. Trovavasi il duca in Ciamberi col suo governatore Grollé-Luys, che teneva l'ordine del Re di condurlo nel Delfinato, acciocchè nella lontananza del Principe il vescovo di Geneva potesse più liberamente esercitare la conferitagli autorità. Cuoprirono sibbene il fatto col pretesto di una caccia, che non se ne accorsero nè il giovine Duca, nè verun altro che lo seguisse.

Erano venuti a Torino col vescovo di Geneva Claudio di Savoja, Tommaso di Saluzzo, Urbano di Bonivardo vescovo di Vercelli, ed alcuni altri insigni personaggi: tutti is consigli di costoro furono superati dall'ardire del conte della Camera, e quel disordine, che evitar si volle coll'allontanar dal ministero i Principi del sangue, to partorì la temerità di questo ministro. Non potendo costui sofferire una muta-' zione, che tanto lo colpiva nel vivo, trovò spediente di vendicarsi e rimettersi ad un'ora net grado. Saputa la partenza del Duca, vi tenne dietro con altri suoi aderenti insino a Yenne alle radici del monte del Gatto. Entrò nella casa di Alessandro di Riccardone, tesoriere generale della Savoja, dove era il Duca, se ne rese padrone, e mandò prigioniero Grollé-Luys in un castello della Moriana. Tolto al Principe il ́suo «governatore, fu agevole al conte della Camera il persuadergli che sarebbe sempre di maggior vantaggio e di più sicurezza alla sua corona l'esserne il governo in mano dei suoi sudditi, che de' francesi: aver sempre la Francia mirato ad ingrandirsi nella Savoja, ed averne maggior desiderio il re Luigi, che ne abbia di bere un idropico: a questo fine adoperarsi egli per ogni via alla distruzione del duca di Borgogna che gli è di ostacolo; essere oramai quel ducato `alFultima depressione; onde basterebbe che il Re avesse alcun ministro parziale, il quale vacillasse in quella corte per farlo cadere nelle sue forze; essere questo il motivo per cui egli procurò di togliere a quella Casa l'aderenza della Savoja, benchè vi desse un altro colore l'attentato di quel Duca nella persona della duchessa Jolanda; non volersi per altro inimicare la Francia, ma doversi tener lontana l'autorità del

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Re, che sotto sembianza di patrocinio cerca di arrogarsi un assoluto comando.

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Per questi consigli il Duca si lasciò facilmente condurre in Annecy, dove attendevalo il conte di Geneva, già inteso coll'audace ministro: non ebbero questi a star lungamente in consulte: seppero in sulle prime mascherar così bene la loro cupidigia di comandare, che parve necessità al Duca di venire di qua da' monti con un buon nerbo di truppe. a scacciar dal governo il vescovo di Geneva e ristabilirvi il conte della Camera. La fazione era forte; ma non tanto che non valesse ad affievolirla l'astuzia del re di Francia. Il nostro sovrano aveva seco il conte di Bressa, il maresciallo di Miolans, il conte di Gruere, Oronte di lui fratello, e Viry luogotenente del conte di Geneva. Il loro esercito che giunse a Torino la vigilia del SS. Natale si vuole che fosse composto di dieci mila uomini tra fanti e cavalli. Parte ne tenne in questa città il Duca, il conte di Bressa e il contes della Camera, e parte funne condotta dal maresciallo sotto Vercelli. Di questa piazza erà governatore Claudio di Savoja, signore di Racconigi, che aveva doppio interesse di conser➡› varla; perocchè erale stata affidata dal vescovo di Geneva, ed altronde eravi impegnato per un prestito di molto da naro fatto al Duca. Temendone però l'espugnazione si condusse il vescovo celeremente a Milano per chiedere ajuto, che gli fu dato generosamente da parecchi signori, ed in ispecie dal conte Borromeo. Il Re trovò modo di guadagnare subito il conte di Bressa, liberar Vercelli, pacificare il Duca col vescovo di Geneva, e vendicarsi dell'onta che il conte della Camera avevagli fatta nella persona di GrolléLuys, suo favorito. Innanzi a tutto scrisse al conte di Bressa, pregandolo di voler arrestare, e far prigione il temerarios conte, ed acciocchè non si scuoprisse questo suo disegno, simulando di esser" anche poco soddisfatto del conte di Bressa, ordinò al Commines di recarsi con alcune soldatesche a Macone, minacciando di voler entrare nella Bressa, emanometterla, se il conte, abbandonata la capitale del Piemonte, non si fosse ricondotto nel Delfinato.

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In questo frattempo il conte di Bressa, sotto specioso pretesto d'un divertimento di caccia, andò verso Pinerolo, la

sciando in Torino il Duca e il conte della Camera, e 'dopo' aver raunato con l'assistenza del vescovo di Vercelli e dell'abate di Pinerolo mille cinquecento uomini d'arme, si accostò alla nostra capitale in compagnia di Tommaso di Saluzzo fratello del marchese, il 19 gennajo del 1482; sul far del giorno entrarono ambedue nel castello di Torino, ed introdottisi nella sala ove riposava il conte della Camera, gli annunziarono che egli era prigioniero del re di Francia, e lo fecero condurre nella fortezza d'Avigliana, ove gli fu instituito il processo: i suoi beni caduti sotto confisca furono aggiudicati al conte di Bressa, il quale ottenne di bel nuovo la luogotenenza generale delle provincie subalpine, e venne a stabilirsi in Torino.

Fra questi increscevoli rivolgimenti, non si debbono lasciar nell'obblio alcuni gravi torti che si vollero fare alla città di Torino dal fisco a que' tempi rapacissimo. Mentre tra principi di Savoja disputavasi acremente per le loro pretensioni alla reggenza dello Stato, il fisco si fece a disputare› a questa città la ragion del pedaggio, e della minuta gabella del sale. Tre anni e nove mesi durò, non senza pubblico scandalo, la pertinace contesa, per quante testimonianze sapesse addurre il Comune de' privilegi che ne aveva: in fine la giustizia, rigettate le cavillazione del fisco, con sentenza pubblicata addì 22 maggio del 1482, mantenne la città nell'antico possesso; ed il gabelliere generale di Nizza Domenico Giustiniani, che le contrastava questo diritto, fu dal gran cancelliere di Savoja, Antonio Campione, condannato a pagarlo per tutti i sali, ch'ei soleva tragittare sul territorio di Torino per acqua e per terra.

Il re di Francia condottosi in quel frattempo a Lione mostrò desiderio di vedere il duca Filiberto: ve lo condusse il conte di Bressa, dove il giovine Duca fu ricevuto da quel Re con le più vive dimostrazioni di giubito e d'affetto. Diede ivi, per assecondare il desiderio di quel Monarca, il governo della Savoja al vescovo di Geneva per un anno. Si sottoscrissero alle ducali patenti il conte di Bressa, Federico di Saluzzo vescovo di Carpentrasso, il cancelliere di Savoja, Gioanni Clopet, Claudio di Savoja, Urbano di Bonivardo vescovo di Vercelli, e Amedeo di Romagnano pronotario

apostolico. Il vescovo di Geneva senza frapporre 'indugi se ne parti per la Savoja, ed il conte di Bressa, a cui nel me-› desimo giorno fu commesso il governo di Piemonte, rimase col Duca; il quale appena giunto a Lione erasi abbandonato in modo così eccessivo ai divertimenti, e massime a quello della caccia, che cadde gravemente ammalato, e morì nell'età di 17 anni, il 22 d'aprile del 1482, non senza so➡' spetto di veleno.

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XLIV.

Torino sotto i brevi regni di Carlo I, Carlo II,
Filippo II, Filiberto II.

La morte del giovine duca Filiberto lasciò i sabaudi Stati alla disposizione del re Luigi XI. Una crudele fatalità pareva strascinare questo paese ad una totale rovina. Dopo due regni deplorabili, dopo una minorità delle più tempestose, questo paese avrebbe avuto bisogno d'un Principe maturo per l'età, e che tenesse lungo tempo con man ferma e si→ cura le redini del governo. Carlo 1, che succedette al suo fratello Filiberto morto senza prole, era appena in età di quattordici anni; epperciò, risuscitate le pretensioni dei sabaudi Principi per la reggenza, il re di Francia sotto colore d'impedire i disordini, fece andar a Lione il giovane Duca, se ne dichiarò tutore, e nominò intanto Gioan Luigi di Savoja vescovo di Geneva governatore degli stati di là e di qua de' monti: questa nomina irritò talmente il conte di Bressa, ch'ei subitamente venne da Lione a Torino, pretendendo che non se gli potesse rifiutare il governo del Piemonte, che il duca Filiberto suo nipote poco prima della sua morte avevagli affidato; ma non vi si potè sostenere a cagione del gran credito che avevano appresso il Duca quattro ministri suoi acerbi nemici, e bramosissimi di comandare. Diffatto costoro rappresentarono al giovinet Carlo I, che troppo audace era stato il conte di Bressa ingerendosi di proprio moto nel governo di Piemonte, e che non si potea comportare la sua pretensione senza notevole pregiudizio dell'autorità sovrana, avendo egli ciò fatto contro il volere del Re, e del proprio Duca. Dell'ardimento

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