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potea facilmente guadagnarsi molti partigiani. I tre ribelli adunque raccolsero numerose truppe, e si divisero le concertate operazioni: Claudio di Racconigi e il signor di Cardè sorpresero i fortificati luoghi di Racconigi, Pancalieri, Cavorre, Sanfront; e il marchese Ludovico II s'impadronì del castello di Sommariva e di Fortepasso.

A tale annunzio, il giovine Duca pieno di collera raund le sue truppe, e chiamò pronti soccorsi a' suoi alleati. Il duca di Milano gli mandò subitamente duecento uomini, d'armi; i comuni di Berna e di Friburgo gli spedirono due mila Svizzeri; il conte di Grueres ed Orone suo fratello, gli condussero mille e duecento valorosi militi; Amedeo di Valperga gli diede cinquanta uomini d'armi; e la città di Vercelli di buon grado gli fornì un corpo di mille ducento, soldati, risoluti ad ogni più rischiosa fazione. A questo modo, il Duca trovandosi alla testa di un esercito di venticinque mila uomini credette di non dover chiamare un soccorso armato dai Torinesi; e stette contento al donativo di qua-, ranta mila fiorini che gli fece il comune pel buon esito dell'impresa, a cui egli subito si acciuse prendendo d'assalto. il forte luogo di Pancalieri; ed ordinando nell'eccesso dell'ira che fossero impiccati tutti quelli che componevano il presidio, e venisse pubblicamente decollato Manfredo di Beinasco, che n'era il comandante.

Il fiero esempio atterrì le guarnigioni delle altre piazze; onde Sommariva, Carmagnola, Racconigi, Cardè, Costigliole, Sanfront e Cavorre si resero alla prima intimazione. Il marchese più non si fidando a rimanere in Piemonte, se ne fuggì in Francia, lasciando la consorte al governo della piazza di Revello, ed un capitano francese alla guardia di Saluzzo. Frattanto Carlo, non ancora pago di aver ridotto le anzidette piazze alla sua obbedienza, deliberò d'impadronirsi della capitale del marchesato; nè attese la primavera per uscire in campagna; vi si portò a stringere quella piazza d'assedio in sul principio dell'anno 1487. I Saluzzesi coll'ajuto di alcune soldatesche del Delfinato, opposero una gagliarda resistenza, tanto più che il Sassenago uomo di sperimentato valore, che aveva il governo della forte Saluzzo, ne animava il presidio e i cittadini alla difesa non 37 Dision. Geogr. ec. Vol. XXII.

solo con vivissime parole, ma eziandio coll'esempio della sua ben rara intrepidezza; ma alla fine svanitagli ogni speranza di soccorso dalla Francia, dovette rendersi al Duca, che fece il suo ingresso in quella città nella settimana santa alli 3 d'aprile dell'anno 1487.

Faltasi tregua per un anno, il marchese ricorse alla protezione del re Carlo VIII, il quale fece intendere al Duca che il marchese erasi fatto suo vassallo, e che perciò si credeva in obbligo di proteggerlo. Gli rispose il Duca che il marchesato era ligio della Casa di Savoja, ed il marchese' eragli vassallo, e che gli aveva in conseguenza potuto fare giustamente la guerra, e punirlo della ribellione. Si venne pertanto ad un congresso a Pontebelvicino. Ivi si trovarono ambasciatori di Milano, di Berna e di Friborgo, coll'intendimento di terminare una sì grave differenza: il Duca a sostenere le sue ragioni vi mandò Gioanni Compeys, già vescovo di Torino, e in allora arcivescovo di Tarantasia, Jacopo di s. Giorgio eccellente uomo di leggi, e due dei presidenti di Ciamberì: ma non si potè conchiudere alcuna cosa sopra la principale difficoltà, scusandosi i deputati def Re di non averne il necessario potere. Ciò non di meno, affinchè non fosse del tutto indarno la conferenza si stabilirono alcuni termini tra la Savoja ed il Delfinato, onde nascevano frequenti contese tra gli officiali del Re, e quelli del Duca.

Frattanto Anselmo conte di Miolans, principal favorito del Duca, che il primo erasi ostinato contro il Saluzzese, volle portar innanzi l'impresa, e certi soldati guasconi autorizzati dal marchese ricominciarono le ostilità. È facile immaginarsi l'indegnazione dell'ardente Carlo sopranuminato il Guerriero, quando seppe che straniere soldatesche, violato Parmistizio, avean già ripreso Costigliole e Sanfront, e mettevano Villafalletto a fuoco ed a sangue. Spedì il suo zio Francesco vescovo di Geneva al re di Francia perchè gliene facesse le doglianze; intanto, raccolte le sue truppe, ripigliò le piazze che per una perfida sorpresa gli erano state tolte; fece passare le colpevoli guarnigioni a fil di spada; si avanzo sino a Dronero, sottomise il marchesato ad eccezione di Revello per un benigno riguardo alla marchesana sua co

gnata, che erasi ritirata in quella forte piazza, ed avendone governo, aveva fatto una gagliarda resistenza, sebbene, come afferma monsignor Della Chiesa, si trovasse incinta e prossima a partorire. Era costei maggior sorella di Bianca duchessa di Savoja. L'ambizione domestica di questa marchesana, aveva per quanto parve dato occasione alla pre sente guerra, mal potendo sofferire a vedersi inferiore e quasi soggetta alla minor sorella, e forse dalle soggestioni di lei proveniva che il suo marito cotanto si mostrasse restio a render personalmente omaggio al duca Carlo suo cognato. Per la qual cosa il marchese di Saluzzo sollecitò di bel nuovo il re di Francia a intromettersi in favor suo. Si tennero pertanto nuovi congressi; il Duca per questo effetto si portò in Francia a Tours per trattare col Re; e in questo frattempo acconsenti che le due principali piazze del marchesato, cioè Saluzzo e Carmagnola, fossero depositate la prima in mano del signor d'Ambres, l'altra in mano di Meolo Piossasco, ammiraglio di Rodi.

Il Duca conducendosi a Tours volle essere accompagnato dai' più ragguardevoli personaggi della sua corte, e da una guardia di molti gentiluomini a cavallo; e poichè rimaneva erede del regno di Cipro e di Gerusalemme per la morte della regina Carlotta, prese allora il titolo di quei regni, e fece coniar monete con l'arme di Savoja inquartale con quelle di Cipro. Tra i seguaci nel viaggio erano Francesco di Savoja arcivescovo di Auch, il maresciallo di Miolans, Antonio Campione vescovo di Mondovì, e cancelliere di Savoja. A Lione fu ricevuto nella cattedrale in qualità di canonico d'onore come conte del Villare. Il Re lo accolse a Tours con singolarissima pompa, e con grandi dimostrazioni d'affetto. Le differenze del marchesato furono ventilate più volte in diverse adunanze che vi si · fecero tra i consiglieri dei due principi; ma non furono con ciò terminate. Ne venne differito il giudicio, benchè il Re, pienamente informato delle ragioni del Duca, abbia dichiarato di non avere nessuna pretensione sulla marca saluzzese; il Duca però ben s'avvide che una tale dichiarazione era fallace. Dopo un soggiorno di sei mesi a Tours, Carto I ritornossene (1488) in Savoja; e l'anno dopo fu accolto in

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Torino tra le acclamazioni di tutti gli abitanti: le pubbliche allegrezze si cangiarono tosto in lutto universale. Questo Principe sinceramente amato e riverito da tutti i suoi sud-. diti fu subito colpito da una febbre lenta. I medici lo fecero trasportare da Torino a Moncalieri, dove l'aria è cre-, duta migliore, ed indi a Pinerolo, dove morì addì 13 di marzo del 1489, in età d'anni vent'uno o come vogliono alcuni scrittori addì 3 marzo del 1490. Il maresciallo di Savoja, il cavaliere Fieschi, ed un altro ufficiale della casa. del Duca sorpresi dalla stessa malattia, avevano preceduto il loro sovrano alla tomba. Nacque in Torino il sospetto che fossero stati avvelenati per la malvagità del marchese di Saluzzo, il quale, come dicevasi allora, vedeva la sua causa disperata se vivea un principe di così risolute intenzioni.. Filippo di Bergamo scrittore contemporaneo diede credito a quel sospetto.

Torino, ed anzi l'intiero Piemonte non si afflissero mai tanto, come per la perdita di quest'ottimo Duca. Egli avea fatto concepire di sè le più belle speranze: nel punto in cui si trovavano le cose in questo stato, e mediante il senno, , ed il vigore con cui aveva preso a governare, egli avrebbe potuto stabilire in tal modo la dipendenza del marchesato di Saluzzo, che probabilmente sarebbonsi prevenuti i travagli ed i danni ch'ebbero a sostenere i successori suoi, allorchè si spense la stirpe di quei marchesi; e la città di Torino avrebbe esteso con suo grande vantaggio la sua influenza come capitale su quella marca sommamente ubertosa. E forse che per altri riguardi sarebbesi vantaggiato tutto il Piemonte, perchè istruttissimo com'egli era in sì giovane età avrebbe accelerato i progressi delle scienze, delle lettere, e delle belle arti. La sua corte era una perfetta scuola di onore e di virtù; e basti il dire che l'incomparabile cavaliere Bajardo ne avea ricevuto la sua educazione. Questi in: giovanissima età era stato presentato dal vescovo di Gre-, noble suo zio al giovane duca Carlo I, presso il quale ri-mase in qualità di paggio, e continuò poi il suo servizio. presso Bianca di Monferrato, vedova di quel Duca, e si fu in onore di questa Principessa che si fece, nel 1499, il famoso torneo di Carignano.

L'educazione che Carlo I avea ricevuto sotto eccellenti institutori gli era giovata grandemente per poter raccogliere i vantaggi delle nuove scoperte, e stabilirle ne' suoi dominii. La funesta invenzione della polvere da fuoco erasi già fatta anteriormente; ma non veniva perfezionata che verso il regno di Luigi XI. Dopo siffatta invenzione le muraglie le torri, le fortificazioni, che mettevano una città al riparo degl'insulti del nemico, più non erano mezzi di difesa contro i cannoni, lo scoppio dei quali rovesciava facilmente ogni ostacolo. Richiedevasi una nuova tattica in presenza di un nuovo nemico; e i Torinesi videro con loro soddisfazione che il duca Carlo I non tardò ad occuparsi per munire la loro città come richiedevano i bisogni del tempo; perocchè, secondo il Denina, la prima fronte bastionata, che siasi veduta in Europa per la difesa delle piazze fu costrutta a Torino da Michele Canale, ingegnere fiorentino, sotto il regno di questo Duca, il quale, amico così delle buone lettere, come degli studi severi, si adoperò con grande zelo per formare la gioventù alle scienze, ed all'arte militare; ma quanto egli fece a questo riguardo, a cagione della precoce sua morte, rimase imperfetto sino al regno di Emanuele Filiberto.

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Al duca Carlo I succedeva Carlo Gian Amedeo, o Carlo II suo figliuolo, il quale non aveva che nove mesi, e non fece che dare il suo nome al regno, perchè in età di nove anni morì di una caduta, senza che mai l'età sua giovanissima gli avesse conceduto di prendere alcuna parte nel governo. 1 di lui genitore colla fermezza d'animo, col valore e colla saggezza, avea fatto amare il suo regime, e rispettare la sua possanza. Appena ei fu tolto ai viventi, le dissensioni, le turbolenze, le ostilità scoppiarono in Torino, e in varie altre parti del dominio sabaudo. La città di Torino, dove Carlo II respirò le prime aure di vita, lo risguardava con più tenerezza che le altre città dello stato; e preparavasi ad essere il teatro, dove le armi deciderebbero la quistione della tutela e della reggenza. La volevano i conti di Geneva e di Bressa e l'arcivescovo di Auch, come zio del pupillo so. vrano. Allegava la madre l'esempio della duchessa Jolanda; e intanto gli animi erano divisi; tanto più che i Torinesi

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