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il rincrescimento e i disgusti non tardarono a impadronirsi dell'animo di lei, e la perseguitarono in tutti i luoghi ov'ella recossi. A rincontro Cristina duchessa di Savoja, dopo avere con ammirevole costanza vinte molte traversie e disarmato l'odio de' suoi nemici, cominciava in quel tempo godere i frutti di sue gloriose fatiche, e vedeva rinascere intorno a se la pubblica felicità.

Diciam di passata che alcun tempo innanzi la duchessa Cristina ricevuto aveva una consolazione ben più viva e schietta per un'altra ospite; religiosa consolazione, da cui fu compreso anche l'animo dei buoni torinesi, la cui pietà per tristezza di tempi non venne mai meno. Vogliam parlare del viaggio fatto a Torino da s. Giovanna Francesca di Chantal. L'ordine della visitazione di s. Maria, fondato da s. Francesco di Sales e da s. Giovanna Francesca di Chantal, fece nascere in Torino un vivissimo desiderio di stabilire eziandio in questa città una colonia di quelle religiose. Promoveva grandemente questo stabilimento donna Matilde di Savoja, e la fondazione funne conchiusa. Madama Cristina non solo approvò quest'opera, má fece inoltre le più efficaci istanze affinchè si desse cominciamento alla medesima dalla santa fondatrice. Sebbene inoltrata negli anni, non potè la santa donna resistere a così autorevoli e rispettose richieste. Partissene ella dunque da Annecy alla volta del Piemonte. Non solamente le gentildonne, e i cavalieri e tutti gli abitatori delle città le an÷ davano incontro, ma questo stesso onore recavansi a gran ventura di mostrarle i vescovi, procurando ognuno di averla ospite in casa sua. Tutte le fortezze e i castelli dove passava la salutavano collo sparo dei cannoni. Giunta ad Ivrea, il vescovo di quella città volle personalmente accompagnarla al monastero delle Chiarisse, consolatissime di albergare un'ospite di così eminente virtù. Finalmente il dì 50 settembre 1638 giunse alle porte di Torino, ove trovò tutte le dame di questa capitale che la stavano aspettando con un ricevimento degno del suo gran merito e della loro pietà; ma nello stesso momento dell'ingresso giunse a donna Matilde una lettera di Madama Reale, in cui le scriveva, che conducesse la venerabile Gioanna Francesco al Valentino, luogo allora di delizie, in cui ritrovavasi la duchessa, che ivi accolse

la santa donna non solo con tutte le dimostrazioni di stima e di onore, ma ben anche del più grande giubilo, e la trattenne alcun tempo nei più soavi colloquii. Diversi monasteri di Torino informati de' tanti pregi di Gioanna Francesca di Chantal, fecero calde istanze per averla qualche giorno entro i loro chiostri, e la ottennero di fatto le carmelitane scalze e le monache turchine della SS. Nunziata, rimanendo sommamente paghe di aver passato con lei alcune ore in divoti ragionamenti. Sette mesi soggiornò in Torino s. Francesca Giovanna di Chantal per erigere e ben formare il monastero nella casa ove oggidì trovansi i missionari di s. Vincenzo; nel quale spazio di tempo seguì sempre a godere non solo l'autorevole patrocinio della duchessa Cristina, ma di più tutta la sua confidenza, ricevendo frequenti sue visite. 11 dì 19 di giugno del 1639 fu destinato alla partenza della santa di Chantal. Vi si trovarono presenti Madama Reale, che volle portarsi ad augurarle un prospero viaggio, monsignor arcivescovo, i marchesi di Pianezza e di Lullino, e donna Matilde di Savoja, che volle accompagnarla una lega fuori di questa capitale.

Riconducendoci ora sul sentiero, da cui ci siamo alquanto scostati, dobbiam riferire che per la morte del principe Tommaso succedette nel comando supremo delle armi francesi in Italia il duca di Modena, il quale risanato da una ferita che riportato avea sotto Pavia, si condusse a Parigi per concertare le operazioni della seguente campagna. Ritornato prontamente nel febbrajo del 1656 col grado di generalissimo, si diede con grandissima attività ad assediar Valenza, avendo a' suoi ordini il conte Gian Maria Broglia di Chieri e il marchese Galeazzo Villa, l'uno luogotenente generale d'infanteria, l'altro generale di cavalleria. L'assedio durò tre mesi non ostante il vigore con cui si fece. Il Broglia vi restò ucciso, ma infine la piazza si rese, e n'ebbe il Villa l'onor principale.

Il duca di Modena ripartito per Parigi, accolto con più feste che mai, ottenne il governo della città conquistata. Il che diede motivo a Madama Reale di fare più vive istanze perchè fosse al duca suo figlio restituita la cittadella di Torino. Mandò per questo scopo in Francia l'abate Amoretti

suo limosiniere, il quale di concerto coll'abate della Rovere che gli era ambasciatore ordinario, colse prontamente l'occasione favorevole di ottener quello che desideravasi dalla corte di Torino. Trattavasi allora il matrimonio della secondogenita della principessa di Carignano, vedova del principe Tommaso, con una nipote del cardinal Mazzarino ; questa circostanza rendeva il cardinal ministro meglio disposto verso la casa di Savoja, come la principessa medesima, quasi emulando la duchessa reggente sua cognata se ne vantava. D'altra parte l'economo cardinal ministro sgravava volentieri il R. erario della spesa che importava il mantenere nella torinese rocca un vigoroso presidio. Il duca di Modena dal canto suo gloriavasi, non senza ragione, di aver più che altri contribuito alla tanto desiderata restituzione della fortezza di questa capitale al suo Sovrano. Fatto è che recatosi, come dicemmo, di bel nuovo in Francia, con rapidissimo viaggio arrivò a Parigi il 6 di gennajo e al 7 del seguente febbrajo già era di ritorno a Pinerolo con gli ordini opportuni a tale effetto; onde fece ritirare dalla cittadella di Torino il presidio francese e rimettere la piazza alle genti del duca di Savoja. Si eseguì la cosa con premeditata galanteria; perocchè occorrendo il di natalizio di Madama Reale il 10 di febbrajo, it duca di Modena rimise la torinese fortezza come un presente che il giovine monarca nipote di lei e la vedova regina madre le mandarono, affinchè ella avesse il piacere di far quello stesso presente al duca suo figlio.

Quest'atto di giustizia eccitò grandi rumori nel regno di Francia; ivi sembrava che la nazione intiera credesse la sua grandezza dover dipendere dal non restituire un deposito'; si giunse a dire che il cardinal Mazzarino avea fatto di questa restituzione una parte della dote di Olimpia Mancini sua nipote, maritata al conte di Soissons, Eugenio Maurizio di Savoja, padre del gran principe Eugenio.

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Fu sotto pretesto di ringraziare il Re di questo favore, che la corte di Savoja negli ultimi giorni d'autunno del se guente anno si condusse a Lione per vedervi il monarca di Francia, il quale accompagnato dalla regina madre, da una parte di sua famiglia e dal suo primo ministro, vi si recò egli stesso, come per visitare i suoi congiunti. Ma il vero

imotivo di siffatta visita era un matrimonio progettato tra Luigi XIV e la principessa Margherita di Savoja sorella di Carlo Emanuele II.

H Mazzarino, dice il presidente Henault, aveva proposto quest'unione, per dar gelosia alla Spagna, e costringerla ad una spiegazione aspettata con impazienza. Diffatto, nella sera medesima dell'arrivo di Madama Reale a Lione, D. Antonio Pimantello, ministro di Spagna, comparve a Lione, apportatore d'una proposizione di pace generale, cementata dal maritaggio del Re con l'infante Maria Teresa d'Austria. Era questo il voto del cardinale, e la regina madre desiderava sommamente quest'alleanza; a tal che manifestò il suo desiderio alla duchessa di Savoja, e le rimise nello stesso tempo una promessa firmata dal Re di sposare la principessa Margherita, se il matrimonio proposto dalla Spagna non si fosse eseguito prima del mese del seguente maggio. Madama Reale fu tanto più mortificata di ciò, in quanto che aveva ella intrapreso il viaggio di Lione contro l'avviso del suo consiglio, e a malgrado della ripugnanza de' suoi figliuoli. Pochi mesi dopo fu stipulata la pace de' Pirenei. Il duca di Savoja vi fus compreso, e la Francia e la Spagna si accordarono per restituirgli tutto ciò ch'esse tenevano ancora delle provincie e delle piazze di lui; e fra le altre la fortezza di Vercelli, presa dagli spagnuoli nel 1638, e riguardata come uno dei baluardi del Piemonte. Filippo IV in virtù del medesimo trattato di pace convenne d'essere debitore a Carlo Emanuele della dote di Catterina d'Austria, sua avola, con gl'interessi scaduti dopo il 1585..

La corte di Torino divenne allora del tutto francese. La lingua, le etichette, gli usi di Francia vi prevalsero su quelli di Spagna, adottati da Carlo Emanuele 1. La duchessa Cristina vi introdusse, come Anna d'Austria nella corte di Luigi XIV, l'elegante sontuosità, il gusto dei piaceri nobili e delicati. La corte di Torino, dice madamigella di Montpensier, era magnifica, ed anche romanzesca; era il soggiorno delle feste e della galanteria: I torinesi allora, dopo lante calamità per si lungo tempo sofferte, confidavano di godere una volta i benefizii della pace: la loro fiducia fu vana. Carlo Emanuele II aveva perduto (1663) la sua geni

trice Cristina di Francia: privo de' consigli di lei, mosse ai liguri una guerra ingiusta, di cui furono triste le conseguenze; perocchè il Piemonte vide, senza alcun suo vantaggio, perire il miglior nerbo dell'esercito, e dovette comportare i gravi danni che nacquero dall'esaurimento cui soggiacque il pubblico tesoro.

Erano insorte liti tra lui e i genovesi per cagion de' confini; ed erano seguite ostilità manifeste tra i due stati nel 1665. L'interposizione d'un ministro di Francia rimenò in breve la pace, e la mantenne per alcuni anni, finchè l'ambizione d'uno de' suoi favoriti e gli intrighi scellerati d'un fuoruscito genovese, riaccesero la guerra.

Un nobile di Genova, Raffaello della Torre, che per la pessima sua condotta era stato condannato a morte in contumacia dal ligure senato, per vendicarsene venne segretamente a Torino, e trovò modo di persuadere a Carlo Emanuele ch'egli era in grado di procurargli l'agognato possesso della Liguria, ed anzi della stessa Genova, ove affermò di avere un grande novero di aderenti, risolutissimi di secondarlo in siffatta impresa.

La proposta di quell'iniquo piacque all'incauto Duca sabaudo, e nominollo subitamente capitano delle corazze; e piacque eziandio a Gioan Battista Trucchi, barone di Leval→ digi, ministro o generale delle finanze di Carlo Emanuele, il quale Trucchi avea già manifestato al suo sovrano il disegno di unire al principato di Oneglia il territorio di Pornassio, a fine di aprirvi una strada più facile pel trasporto dei sali, ed avevalo eccitato a muover guerra alla repubblica, dacchè erano succedute alcune battagliuole tra i pastori piemontesi di Cenova, e i liguri mandriani di Rezzo. Il pro¬ getto dell'empio Raffaello della Torre fu procurare a Carlo Emanuele in Genova molti aderenti capaci di qualsivoglia nefandità; mettere a scompiglio e tumulto quella capitale e la città di Savona nel dì della festa di s. Gio. Battista; far aprire col mezzo degl'interni congiurati le porte di Genova denominate di s. Simone e dell'Acquasola; entrarvi co' suoi masnadieri, e dopo avervi acceso una conserva di polvere, mettere in libertà i carcerati, e dato il sacco al tesoro di s. Giorgio ed ai più sontuosi palazzi, scannare i principali cittadini, non risparmiandone le donne e i fanciulli,

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