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Fasciò con grande suo rincrescimento, ma di cui la Francia, l'Inghilterra e l'Olanda gli assecurarono il possedimento, e a cui era unito il titolo reale. Gli furono assicurate egualmente tutte le cessioni che l'imperatore Leopoldo aveva promesso di fargli. Finalmente il duca di Savoja riacquistò quanto la Francia gli avea tolto nell'ultimo decennio, tanto al di qua che al di là de' monti, ed inoltre quella potenza gli cedette le valli di Oulx, di Cesana e di Bardonecchia presso le sorgenti della Dora Riparia, quella di Casteldelfino presso le sorgenti del Varaita, e tutte le acque pendenti delle alpi, tanto dal lato di Nizza Marittima, che dal lato del Piemonte; e di più gli abbandonò le fortezze di Exilles e di Fenestrelle in compenso delle piazze demolite. Così Vittorio Amedeo osando resistere alle volontà di un orgoglioso monarca, non solamente non finì per rendersi némica la Francia, ma ottenne da lei la stima che gli era dovuta; e nè egli, nè i suoi successori più ebbero a sopportare dalla corte di Parigi quegli atti sdegnosi ed altieri, con cui ella solea trattare per lo passato i sabaudi principi.

Vittorio Amedeo nel corso delle due ultime guerre aveva veduto cadere la più parte delle famose rocche, le quali da lungo tempo difendevano l'ingresso degli stati suoi, ma veduto aveva nel tempo stesso cadere le fortezze che avevano tenuto i suoi predecessori e fui sotto il giogo. Se più non restavano che ruderi nei luoghi ove sorgevano le rocche di Vercelli, Verrua, Nizza e Monmelliano, erano pur cadute quelle di Casale e di Pinerolo, e si potea credere che finalmente i francesi avessero di buona fede rinunziato alle loro funeste incursioni in Italia.

In virtù del trattato di Utrecht, Vittorio Amedeo potè guarnire la sua frontiera di novelle fortezze, e piantarle ove meglio gli fosse piaciuto. L'austriaca potenza omai era disposta a servirgli d'appoggio. Il territorio della casa sabauda era considerabilmente ingrandito, sia dalla parte del Delfinato, sia da quella della Lombardia, ed il Monferrato, cagione di lante guerre, era finalmente riunito ai dominii di Vittorio Amedeo: allora il propugnacolo delle alpi divenne, e lo fu senza interruzione, lo steccato de' dominii del Piemonte, i cui limiti verso l'Insubria furono allargati colla valle di Sesia,

e colla feracissima provincia della Lomellina alla sinistra del Po; ed alla destra, oltre il rimanente del Monferrato, di cui il Duca era già stato investito dall'Imperatore nel 1708, col territorio, compreso fra quella sponda ed il Tanaro, e coll'Alessandrino al di là da questo fiume, staccato in suo favore dallo stato di Milano. Per un articolo del predetto trattato i principi di Savoja furono riconosciuti eredi presuntivi del borbonico ramo regnante in Ispagna, e ciò conforme alle disposizioni di Filippo IV. Vittorio avea veduto la brillante corona di Spagna avvicinarsi al suo capo, e frattanto era elevato alla dignità di Re. Già signoreggiando alle due estremità d'Italia, egli nell'ambizione sua poteva prevedere un'epoca, in cui, favoreggiato di bel nuovo dalle circostanze, potesse egli stesso od i suoi successori riempire l'intervallo che separa il Piemonte dalla Sicilia. Si fu nel prender possesso delle sopraccennate regioni, già spettanti all'Insubria, che Vittorio Amedeo II si lasciò sfuggire dal labbro essere l'Italia un carciofo da venire foglia a foglia in potere dei principi sabaudi. Piaccia a Dio onnipotente che un tal presagio sia una volta per avverarsi.

Vittorio Amedeo cominciò ad assumere solennemente a Torino il titolo di re di Sicilia, e diede quello di duca di Savoja al suo figliuolo primogenito, che ne portava il nome, e già era principe di Piemonte: in quest'anno medesimo volle andarsene a ricevere la corona reale a Palermo. Dopo aver creato un consiglio amministrativo sotto la presidenza del predetto suo figlio, e dati gli ordini pel destinato viaggio, se ne parti colla sua corte da Torino nel settembre del 1713, ed imbarcatosi a Nizza sopra vascelli inglesi condotti dal viceammiraglio Jennings, approdò felicemente a Palermo. Vi fu accolto con feste ed acclamazioni: dopo che ebbe ricevuto il giuramento di fedeltà dai sudditi d'ogni classe, fu solennemente consecrato e coronato nella cattedrale dall'arcivescovo di Palermo addì 24 di dicembre; e nello stesso giorno fu proclamata e coronata regina Anna d'Orleans sua sposa : furono poi sì il Re, che la Regina e Madama Reale madre del novello Re visitati e corteggiati dagli ambasciatori delle potenze straniere, e con premura e pompa maggiore dall'ambasciatore di Malta; perocchè i cavalieri dominanti e gli

abitatori di quell'isola solean ricevere dalla Sicilia la maggior parte delle cose necessarie alla loro sussistenza.

Quell'innalzamento di Vittorio Amedeo fu cagione di grande allegrezza pei torinesi che gli erano sommamente affezionati, sebbene fosse più glorioso alla casa di Savoja che vantaggioso a' suoi sudditi; perocchè il trasporto della corte in un'isola lontana cagionato aveva un considerabilissimo dispendio, per cui si aggravò il peso delle imposte sul Piemonte nel momento in cui la pace doveva fargli sperare qualche alleviamento.

Il giubilo che provò Vittorio Amedeo per l'acquisto di sì nobil reame fu presto turbato da fastidiosi travagli, e poi da funesti accidenti. Ei volle mantenere la prerogativa reale e le antiche costituzioni che rendevano l'isola della Sicilia quasi indipendente dalla corte di Roma; d'altra parte, il clero e gli ordini religiosi e massimamente i gesuiti sostenevano le pretensioni del Papa. Il novello Re bandì tutti coloro che non vollero assoggettarsi al tribunale ecclesiastico che chiamavasi della Monarchia, istituito sin dal tempo del Ruggiero. Clemente XI abolì siffatto tribunale; fulminò censure contro gli agenti del potere sovrano, e scagliò l'interdetto sopra molte chiese di quell'isola. Più di quattrocento ecclesiastici rifuggirono a Roma. Le corti di Parigi e di Madrid che sostenevano Vittorio Amedeo non poterono vincere l'ostinazione del Pontefice.

Frattanto il cardinale Alberoni reso avendo alla Spagna un inaspettato vigore, adoperavasi a ricuperare con le armi, ed anche per tradimenti quelle parti dell'antica monarchia spagnuola, che il trattato di Utrecht aveva tolto a Filippo V. Nel mese d'agosto del 1717 la sua flotta conquistò la Sardegna sugl'imperiali. Il 30 giugno 1718 l'ispana flotta comparve dinanzi a Palermo; tale città fu subitamente costretta ad arrendersi; il suo castello non resistette lunga pezza; Catania e Messina furono prese di poi. Vittorio Amedeo, non essendo in grado di difendere il regno che gli era stato dato, ricorse all'Imperatore ed ai potentati marittimi; il primo non volle combattere pel vantaggio altrui; domandò che la Sicilia gli fosse restituita per essere ricongiunta col regno di Napoli, ed offerì soltanto a Vittorio Amedeo, in ricambio,

le sue pretensioni sulla Sardegna. Il nostro Monarca si vide costretto ad accettare tale svantaggioso cambio, ed entrò nella quadruplice alleanza contro la Spagna, insieme con l'imperatore, la Francia e Flnghilterra. Ebbe per altro ben poca parte negli avvenimenti militari che ne succedettero: la Sicilia, perduta da' suoi generali, fu ricuperata da quelli dell'Imperatore, e la disgrazia di Alberoni avendo disposto Filippo V alla pace, accettò il trattato di Londra con una dichiarazione fatta all'Aja il 17 febbrajo 1720.

Anche prima che scoppiassero nella Sicilia i più acerbi sdegni, che vi produssero spiacevolissimi effetti, Vittorio Amedeo vedendo la resistenza opposta alla saggia amministrazione ch'ei voleva introdurre nell'isola, avea divisato di non fissarvi la sua dimora. Ben sapeva che quel lontano e recente regno ancora trovavasi soggetto ai casi della fortuna, e che le radici di sua possanza erano in Piemonte e non in Sicilia. Laonde, dopo aver fatto spargere la voce che i bisogni dell'antico suo stato nell'Italia superiore il chiamavano, partiva da Palermo il 5 di settembre del 1714, lasciandovi per vicerè il conte Maffei, uomo capace di raffreddare gli umori politici, se essi capaci fossero di essere raffreddati.

Vittorio al suo ritorno a Torino dovea sopportare gravissime afflizioni d'un'altra sorta. Vivo era già stato il suo cordoglio per la perdita della duchessa di Borgogna sua figliuola primogenita: la morte colpì ancora il primogenito suo figlio, oggetto delle sue più tenere affezioni; e di più l'altra sua figliuola Gabriella, regina di Spagna, che era l'idolo di tutta l'ispana nazione. Non rimaneva al Re che il suo figlio cadetto, Carlo Emanuele, a cui diè il titolo di principe di Piemonte in qualità di erede presuntivo della corona. A quei fierissimi disgusti sopraggiungeva quello della perdita del siculo regno a tribulare l'animo di Vittorio Amedeo. Appena si vide rigermogliare l'olivo della pace, egli ebbe col mezzo di un suo delegato la consegna dell'isola di Sardegna. Il delegato ch'egli spedì a prenderne il possesso, e che lo prese nell'ottavo giorno d'agosto del 1720, fu il barone di Saint Rémy. Ciascuno può farsi una qualche idea dello stato in cui trovavasi allora quell'isola dal rapidissimo cenno che sliamo per fare sulle mutazioni di dominio, a cui la Sardegna

soggiacque da rimotissima età sino all'epoca di cui parliamoo. Era quell'isola anticamente stata abitata da' fenici e da' cartaginesi; poi venuta sotto il dominio de' romani, fu un luogo d'esilio per ogni classe di persone proscritte da Roma; e troppo è noto ch'essa era dai romani riguardata come un cattivo soggiorno a cagione dell'aria perniciosa che in varie parti esalava dal terreno. L'imperatore Tiberio vi avea fatto deportare alcune migliaja di ebrei che volea cacciar di Roma e dall'italiana penisola. Dopo la caduta dell'imperio la Sardegna fu occupata or da' saraceni, or da' pisani, or da' genovesi, che talvolta se ne divisero il dominio. L'imperatore Federico II se ne impadroni; e dandola come appanaggio ad Enzo suo figliuolo naturale, la eresse in reame. Il re Enzo battuto, vinto e caduto prigione in mano de' bolognesi, morì in una gabbia di ferro o di legno: i pisani ed i genovesi allora cercarono d'impadronirsi di bel nuovo di quell'isola; ma non potendo accordarsi nel farne la divisione, diedero motivo a papa Gregorio IX di disporne a suo beneplacito; ed ei ne investì un re d'Aragona, i cui posteri la possedettero per due secoli, finchè sotto l'imperatore Carlo V l'Aragona fu unita alla Castiglia. L'isola divenne allora provincia di Spagna, e per due altri secoli restò soggetta ai posteri e successori di quel monarca. Nei progetti di pacificazione proposti dagli alleati al re Luigi XIV e al di lui pronipote re Filippo V, si trattò di dar quell'isola al duca di Baviera: ma per essere troppo lontana dagli stati suoi, si lasciò all'Imperatore Carlo VI, divenuto padrone della Lombardia e di Napoli, ed ora in seguito ai trattati della triplice e quadruplice alleanza, venne, come s'è detto, al re Vittorio Amedeo in cambio della Sicilia. La Sardegna si sottomise con gioja alla dominazione de' principi della casa di Savoja, da cui ella sperava prosperi destini: le sue speranze non furono deluse: finchè non si accese l'incendio che appiccossi a tutti gli stati di Europa, nulla turbò il riposo e i progressi della civiltà in Sardegna. Vittorio Amedeo diede al personaggio cui vi destinò a vicerè le più saggie istruzioni per istabilirvi un governo economico, dolce e giusto. Condonò a quegl'isolani il tributo o il dono che gli era dovuto all'occasione del suo innalzamento al trono, secondo gli antichi usi, e slette con

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