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rire contro le comunità religiose; e la prima che venne da esso colpita, si fu la congregazione dei missionari ; e questo colpo riuscì sensibilissimo al torinese arcivescovo, sì perchè perdeva un corpo di fervidi ed illuminati cooperatori, si perchè presagiva imminente la dissoluzione di ogni altro regolare instituto. Ma un raggio di speranza cominciò risplendere. Si seppe in Torino che una battaglia sanguinosissima sotto le mura di Verona fu ingaggiata dagli austro-russi addì 5 d'aprile contro i francesi, e che la vittoria dopo essere stata per lunga pezza incerta, si dichiarò alfine in favore dei tedeschi, ai quali erasi unito felicemente Suwarow. Si seppe dappoi che i confederati ottennero i più prosperi succedimenti; a tal che indi a poco essi accostaronsi trionfando a Milano. All'arrivo dei russi nella capitale dell'Insubria le disposizioni degli abitanti si manifestarono generalmente contrarie ai repubblicani sì cisalpini che francesi: la qual cosa vedendo il generale Fiorella che vi comandava, prese il cammino verso il Piemonte, e venne a cercare più sicura stanza in Torino. Il popolo milanese, cui era divenuto odioso il dispotismo dei commissari francesi, ricevette con giubilo come suo liberatore il maresciallo moscovita.

All'appressarsi dei confederati, il generale Grouchy, ed il francese commissario Musset avevano abbandonato la città di Torino, conducendo seco in qualità di statici non pochi uomini cospicui. I membri del governo provvisorio, per la via di Fenestrelle, si ridussero in Francia. Frattanto il russo maresciallo avviossi alla R. Torino, accompagnato dal general piemontese, conte Thaon di s. Andrea, che preso per ostaggio dai francesi negli avvenimenti dello scorso era destramente fuggito dalle loro mani, ed era ito ad incontrare i russi nel Milanese.

LXXVI.

anno,

Torino cade nelle mani dei coufederati. Suwarow stabilisce in questa
città un governo temporaneo, cui si dà il nome di Supremo Con-
siglio. Primi provvedimenti di questo Consiglio.

Dal conte Thaon di s. Andrea consigliato e guidato il maresciallo Suwarow fece occupare dal generale Wukasso

wich il rialto, delto monte de' cappuccini. Di là ei fece a gran colpi d'artiglieria battere il quartiere orientale della ainistra riva attigua del Po, e la porta pochi passi lontana dal fiume. Il generale Fiorella, che nella città comandava con tutto l'impegno dei patriotti aderenti alla Francia, non potè impedire che gli abitanti bersagliati da quel rialto non aprissero la porta. Se non che il Fiorella, ristrettosi nella cittadella, si mise a trarre con le artiglierie contro la città; gli austro-russi gli rispondevano, ed era imminente lo sterminio di Torino, se le due parti non avessero convenuto che i confederati non assalterebbero la cittadella dalla parte della città, ed i francesi non infesterebbero la città dalla cittadella.

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Il maresciallo Suwarow, appena entrato trionfante in Torino, col suo abitual contegno di persona religiosa e pia tuttochè scismatico, andò alla metropolitana, ove fece cantare l'inno di ringraziamento al Dio degli eserciti per l'ottenuta vittoria. Stabilì poi subito in Torino un governo interinale, che a nome del sardo Re desse forma alle cose sconvolte, e ristabilisse i differenti rami dell'amministrazione pubblica e le podestà civili e giudiciarie nello stato in che si trovavano prima che il Monarca fosse sbalzato dal soglio, e nominava ad un tempo una delegazione per riordinare il meglio che si potesse l'esercito reale. Fu allora replicato. l'ordine ai soldati piemontesi di ogni milizia d'appresentarsi all'ufficio a ciò destinato, per ripigliare il loro servizio, ma l'eseguimento di quest'ordine era contrastato dalla leva di novelle compagnie franche, dal duce austriaco in Piemonte nello stesso tempo ordinata, la quale assorbì la più gran parte degli antichi soldati; a tal che non si poterono racimolare che drappelli de' reggimenti tanto di fanti che di cavalli. La tranquillità della ricuperata Torino fu di nuovo affidata alla R. falange dei volontarii, composta di nove battaglioni sotto il reggimento d'un consiglio d'amministrazione.

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A malgrado delle accennate difficoltà le schiere di artiglieria, raccolte in Torino, furono recate a numero e si videro presto combattere con singolar bravura nelle oppugnazioni delle cittadelle di Torino, di Alessandria, di Tortona e della forte città di Cuneo, al cui felice risultamento

contribuirono eziandio le popolazioni invitate a secondarle. Indi a poco il governo austriaco si rivolse a far rivivere l'esercito subalpino. Fece perciò render manifesto che tutte le genti della milizia piemontese sarebbero nell'antico modo riordinate, pasciute e pagate dal cesareo tesoro, come le tedesche, tostochè un capitano presenterebbe la sua compagnia a numero di cento soldati; gravoso patto, per cui riuscì inutile quella disposizione dell'imperiale governo; giacchè ben difficilmente un capitano avrebbe potuto fare le necessarie anticipate spese, per giungere ad ordinare la sua compagnia di cento uomini prima di riscuotere qualche danaro.

L'ordine emanato allora in Torino che chiamava i provinciali sotto gli antichi loro vessilli, e che sollecitava i municipii ad eseguir le leve conforme agli stabilimenti, sorti senza dubbio un migliore effetto: fu bastante lo inviare da Torino in ogni distretto tre ufficiali delegati e due sotto-ufficiali per accelerare quegli assembramenti, e la leva delle reclute e delle schiere di sovvenimento, per avere a disposizione i dieci battaglioni provinciali a numero, mentre non fu possibile di riunire, col mezzo de' nodi, fuorchè cinque battaglioni degli antichi reggimenti stanziali ed uno di Reti. La sorte delle soldatesche piemontesi, renduta pari a quella delle tedesche, traeva seco ugual disciplina tra di loro: la delegazione stabilita in questa capitale al riordinamento dello stato militare, si affrettò a far loro conoscere le leggi a cui esse dovevano andar soggette.

LXXVII.

Suwarow vuole il pronto ritorno di Carlo Emanuele a Torino: il suo buon volere è reso vano dalle inique mene della corte di Vienna.

Il maresciallo Suwarow procedendo con buona fede conformemente agli ordini del suo Sovrano, appena entrò trionfante in Torino, pensò a ristabilire ne' suoi stati di terraferma il re di Sardegna. Padrone delle acquistate provincie per le sue vittorie, e pel grado superiore che aveva nel comando degli eserciti austriaco e russo, spedì a Cagliari un

suo ajutante di campo, cioè il conte di Ciflenga a portar la notizia de' suoi felici successi e sollecitare Carlo Ema-: nuele che venisse a ripigliare il dominio de' suoi stati d'ltalia, dei quali a nome di lui aveva egli preso il possesso. Carlo Emanuele IV, che, giunto a Cagliari ne' primi giorni di marzo, aveva, come già dicemmo, protestato contro la rinunzia forzatamente segnata, lasciò quella capitale della Sardegna senza frapporre indugi, e partito con la sua corte su due bastimenti, ch'erano in quel porto, in pochi giorni arrivò a Livorno e di là a Firenze, dove comandavano a nome del gran duca Ferdinando, generali, consiglieri e commissari austriaci sotto gli ordini del ministro barone Thugut.

Il gabinetto di Vienna che aveva inalissimamente assistito, anzi per comune opinione tradito il re Vittorio Amedeo III nei primi quattro anni della guerra francese, voleva ora profittare delle vittorie riportate dalle sue truppe e dai russi non solamente per riunire le provincie di Novara e Tortona e la Lomellina al Milanese, cui già guardava come riacqui stato, ma per impadronirsi di tutto il Piemonte, e così di tutta la faccia orientale e meridionale delle alpi da Venezia a Nizza. Fatto è che nell'istante medesimo, in cui il re di Sardegna giungeva a Livorno, Suwarow che lo aspettava per ricondurlo a Torino, ricevette l'ordine dalla corte di Vienna di portarsi co' suoi russi nella Svizzera per unirsi all'arciduca Carlo e far fronte a Massena generale in capo dell'esercito francese, che ora mai aveva occupato tutti i cantoni elvetici. Non vi è oggi, dice il Denina, chi metta in dubbio che l'Austria nella fine dell'anno 1799 avesse fermo disegno di riunire a suoi stati di Lombardia non solamente il Novarese, il Tortonese, il Vigevanasco, la Lomellina e tutto ciò che nel principio ed alla metà del secolo se n'era smembrato per darlo ai duchi di Savoja re di Sardegna, ma anche tutto ciò che questa real casa da più secoli possedeva in Italia. Non possiam dire qual compenso il barone Thugut pensasse di procurarle, spogliandola del Piemonte: ma ben sappiamo che per di lui consiglio il re Carlo Emanuele IV, tornato di Sardegna, fu ritenuto a Firenze per lo spazio di otto mesi, nè mai potè ottenere il gradimento della corte

di Vienna per ritornare a Torino. Si vedrà presto quanto giovasse all'ambiziosa cupidità degli austriaci la durezzat usata a Carlo Emanuele e la gelosia di quella corte che fece chiamare fuori d'Italia le russe falangi, condotte dal Suwarow, che erasi dichiarato sostenitore dei sacri diritti di quel Principe infelice. A chi si agita per impedire il bene voluto dalla clemenza celeste soprastà ben sovente il castigo, quando egli è nell'ebrezza inspiratagli da' suoi primi avventurosi successi.

"

Il gabinetto di Vienna esultava in que' giorni. La cittadella di Torino, fulminata senza posa, erasi trovata nella necessità di arrendersi addì 20 di giugno. La vittoria di Genola, che i tedeschi riportarono il 4 novembre e fu it compimento di quella di Novi, diede finalmente la rocca di Cuneo agli austriaci, che se ne impadronirono addì 5 di dicembre. Il sabaudo vessillo sventolava dalle rive del Ti-. cino fino alla cima delle alpi. Le cose dei francesi nell'Italia precipitarono siffattamente che in meno di quattro mesi. perdettero selle battaglie campali, le fortezze di Peschiera e di Pizzighettone, il castello di Milano, e come testè si è accennato, anche la cittadella di Torino; perdettero tutta la penisola da Napoli sino all'alto Piemonte, tranne alcune piazze forti, che indi a non molto caddero in mano dei confederati.

Tanti trionfi erano stati rapidi; ma dalle cose che ora indichiamo, si chiarirà ch'eran essi effimeri. Le confederazioni non ollengono successi durevoli, se non quando hanno uno scopo determinato ed interessi positivi. Quella del 1799 era stata formata fra potenze rivali, di cui alcune non volevano agire che secondo la loro particolare insidiosa politica. L'inperatore Paolo I, mostrandosi poi indegnato che l'arciduca Carlo avesse lasciato senz'appoggi le di lui falangi in Isvizzera e non le avesse sostenute contro Massena, s'indusse fi. nalmente a richiamarle.

Frattanto l'esercito tedesco, padrone omai di tutte le falde delle alpi, dalla corte di Londra sollecitato, ed anelando segnatamente al conquisto di Genova e delle marittime sponde, uscì a campo e con esso uscirono quindici batta glioni piemontesi, poco prima ordinati, per coronare i voti

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