Immagini della pagina
PDF
ePub

libertà, come lo attestano le quattro ultime lettere dell'epigrafe medesima: che esistesse in Torino un tempio dedicato a Giove, è cosa posta fuor d'ogni dubbio, quantunque s'ignori in qual parte della città fosse stato innalzato: sopra una lapide riferita dal Pignone si legge Jupiter Custos Aug. Taur. Diffatto non dee sembrare inverisimile, che Torino, illustre colonia, e poi municipio dei Romani, a cui furono conceduti sommi onori dai Cesari, abbia, seguendo il costume dei Romani, invocato la custodia di G. O. M., e che abbialo venerato con culto speciale.

Anche il dio Silvano fu particolarmente venerato nell'Augusta de' Taurini. Di ciò fa fede un marmo dissotterrato in questa città, mentre se ne ampliavano le mura, il quale rappresenta Silvano tutto ignudo, dal pallio in fuori che gli pende dagli omeri, non dissimile da quelli che si osservano in Begero e Montfauconio: questo nume ivi porta colla destra un ramo d'elce, e colla sinistra tiene un bastone: in un angolo della lapide si vedono un albero, ed un porco, vittima sacra ed accetta a Silvano, che ivi sta col grugno, e cogli occhi rivolti al nume. Nel destro lato di questo marmo evvi una tazza. Superiormente vi si legge la seguente iscrizione;

SILVANO. AVG

SACRVM

Q. TOSSASSIVS
SYMPHORVS V S
I. L. M

cioè: Silvano Augusto Quintus Tossassius Symphorus votum solvit ipse libens merito. Silvano; divinità boschereccia, così detta a Silvis per le quali credevano i gentili ch'egli andasse errando, e presiedesse alla custodia e prosperità dei campi, non che a quella degli animali, dei frutti, ed alla securtà e salvezza dei viandanti: ed è perciò che gli si offerivano sacrifizii. Augusto, i critici non vanno d'accordo se legger debbasi Augusti Silvano, ovvero Augusto Silvano; ma noi appoggiati ad antichi monumenti che danno lo stesso titolo a Mercurio, ad Ercole, a Libero ec. leggiamo Augusto. Quinto Tossassio Sinforo sciolse questo suo voto a Silvano per rin

graziarlo di qualche ricevuto benefizio; locchè viene indicato dalla suddetta tazza, di cui egli si valse per compiere il suo sacrifizio.

Un'altra lapide si rinvenne in Torino, che ha un'iscrizione relativa a Tiberio Claudio, la quale, se è lecito congetturare dall'ampiezza del marmo, dalla sua forma quadrata, e dall'eleganza delle linee, sembra tramandarci la memorial di qualche pubblico edificio, come sarebbe d'un tempio, di un teatro, o di un bagno, di cui fosse stata abbellita la città di Torino da quell'imperatore. Ciò essendo, non pare inverosimile, che per l'assentimento dei superiori ordini, e per decreto dei decurioni, che nelle colonie rappresentavano l'autorità di un senato consulto, fosse stato scolpito ed innalzato questo marmo a Tiberio Claudio, affinchè fosse un pubblico monumento e del singolar benefizio fatto dalla liberalità di questo imperatore, e della riconoscenza dei Torinesi. È fuor d'ogni dubbio che la nostra Torino era non solamente tenuta in gran conto dai Romani imperatori, ma anche da essi ricolma di grandi benefatti. Ciò è provato non che da coloro che trattarono delle cose romane di quella prisca età, ma ben anche dai moltissimi marmi che qua e là dispersi ci avanzano, e che insieme confrontati ed illustrati sono riferiti dagli amatori delle antichità: ecco l'iscrizione :

[merged small][merged small][ocr errors][merged small][ocr errors][merged small][ocr errors][ocr errors][merged small][ocr errors][ocr errors][ocr errors][ocr errors][merged small][merged small]

cioè: in honorem Tiberii Claudii Drusi filii Caesaris Pontificis Maximi tribunitia potestate annum secundum, consulis designati tertium; et imperatoris tertium. Così fu interpretata nell'opera Marmora Taurinensia.

[ocr errors]

L'anno in cui Tiberio Claudio trionfò dei popoli della Mauritania, e che perciò assunse pubblicamente il nome di Padre della patria, fu appunto l'epoca, in cui gli venne dedicata in Torino questa lapide. Non sarebbe adunque fuor del probabile, ch'essa o contenesse i trofei della vittoria sui Mauritani riportata, od il voto dei Torinesi pel padre della patria; il qual titolo, che come apparisce da antiche

iscrizioni, era stato assunto da Claudio, leggevasi forse nella parte infranta e mancante della lapide. Ma niente di certo si può dire a questo riguardo.

Di non minore importanza è il seguente marmo, la cui epigrafe ci attesta come Trajano avesse nella città di Torino un sacro edifizio, ove erano parimente venerati Esculapio, ed Igea, siccome divinità, che non solo guarivano, ma tenevan lontane le malattie, da cui è travagliata la sofferente umanità. L'iscrizione di questo marmo, è come

[merged small][ocr errors][merged small][merged small][merged small][merged small]

Quest'epigrafe è oscura nella sua brevità: non è agevole il giudicare che cosa significhino le parole Divo Trajano, e quale rapporto abbiano le parole seguenti, da cui quelle sembrano a bella posta separate. L'oscurità poi dell'iscrizione non già deriva da qualche suo vizio, ma piuttosto dall'ignorarsi il luogo ove fu allogata. Noi incliniamo a credere che questo marmo fosse posto nel vestibolo o negli aditi di qualche edifizio o tempio, denominato da Trajano; nel quale Eusculapio ed Igea venivano onorati come Dei contubernali; di modo che questo si è il senso dell'epigrafe. Cajo Quinto Abascanto cultore di Eusculapio ed Igea legò ai medici torinesi quest'edifizio sacro al Dio Trajano, acciocchè ivi forse banchettassero in determinati giorni dell'anno, ed offrissero sacrifizii al Dio Trajano, ad Eusculapio e ad Igea. Così congetturano gli autori dei Marmora Taurinensia, e non senza fondamento; chè questa loro opinione è avvalorata da un altro marmo riferito da Sponio, il quale ci fa sapere che Salvia Marcellina legò una certa quantità di danaro al col

legio d'Eusculapio e d'lgea, affinchè in giorni determinati si assidessero a banchetto nel tempio consecrato a Tito ed a Vespasiano.

Non è poi a stupire che i nomi di questi Dei si leggano congiunti con quelli dei Principi; e ciò per varie cause : prima perchè, come attestano antiche iscrizioni, non sola Eusculapio ed Igea, ma eziandio altri Numi solevansi dai Romani invocare per la salute dei loro imperatori; secondariamente per adularli, attribuendo loro i nomi e le virtù degli Dei; terzo finalmente per significare che aspettavano la loro salute da essi, siccome da' Dei Salutari, e per dimostrare che tutte le loro speranze stavano in essi riposte non altrimenti che nei Patrii Iddii. Anzi, che gl'Imperatori fos-sero chiamati coi nomi di Giove e di altre divinità si rileva da moltissime monete; e di Trajano in particolare ne fa fede un'iscrizione che abbiamo sott'occhio. Ora se i cesari ebbero in vita simili onori, non è meraviglia che morti fossero annoverati fra gli Dei, avessero templi ed are comuni con essi, e che per conseguenza Trajano fosse venerato con Eusculapio ed Igea nel medesimo tempio. Si può credere. adunque che Cajo Quinto Abascanto abbia, come Salvia Marcellina anzidetta, voluto che i medici torinesi vi si radunassero, offrissero sacrifizii, e secondo l'uso di quel tempo vi siedessero a banchetto; e a tal fine legò per testamento o un edifizio, od una somma di danaro, o l'uno e l'altro. Da ciò si può eziandio conchiudere che l'Augusta Colonia de' Torinesi, fra gli ornamenti ed i vantaggi di un cospicuo Municipio, ebbe pure un collegio di medici.

Che in Torino esistesse anticamente anche un bagno pubblico, una Piscina; che vi sorgesse un tempio sacro alla dea Drusilla, e che vi venissero instituite sacerdotesse, le quali con religioso culto veneravano in determinati tempi Augusta siccome Dea, chiaramente apparisce da un vetusto insigne marmo, che sembra essere un frammento dell'epistilio del bagno medesimo. Eccone l'iscrizione:

[merged small][ocr errors][merged small][merged small][merged small][merged small][merged small][ocr errors][merged small][ocr errors][merged small][merged small]

cioè: Atilia Marci filia secunda Aspri Flaminica Divae Drusillae, balneum et Piscinam solo suo municipibus suis dedit. Atilia o Aelia, pronomi ambidue comuni alla gente Aspra. Asprilla potè fors'anche denominarsi dal padre Aspro; perocchè era invalso l'uso che spessissime volte le femmine assumessero oltre il gentilizio il diminutivo del cognome del padre: così nelle iscrizioni raccolte da Fabreto dicesi Attieilla dal padre Attico, Basilla da Giulio Basso, Priscilla da Postumio Prisco, per tacere di cento altri esempi.

Aspri; cognome della gente Treboniana, che per la prima volta fu dato a Lucio Trebonio ab insectandis Patribus per aver egli in qualità di tribuno della plebe fatte due leggi nello scopo di scemare l'autorità del senato. Del resto molte lapidi relative alla gente Aspra sono riferite dal Grutero, dal Muratori e da altri, le quali appalesano le dignità e le onorificenze di cui ella fu rivestita principalmente sotto gli imperatori.

Flaminica; v'ha chi crede che l'instituzione di tali sacérdotesse abbia presso i Romani cominciato quando, con inaudito esempio, Livia moglie di Augusto per un senatoconsulto venne fatta sacerdotessa del suo marito. Alcune delle sacerdotesse, presso i Romani, erano a vita; altre rimanevano in ufficio solamente per un anno; ed è perciò, che quelle nelle antiche lapidi sono dette Flaminicae perpetuae, e queste semplicemente Flaminicae: alla classe di quest'ultime sembra che appartenesse la Flaminica di questo marmo.

Divae Drusillae; sorella di Cajo Caligola imperatore, cui il fratello amò di così sviscerato amore, che dopo la di lei morte annoverare la fece fra le divinità, e decretò che renduti le fossero onori divini.

Balneum; appo gli antichi erano in grande uso i bagni non tanto per ragion di salute, quanto per mollezza e lusso. Et Piscinam; la Piscina era quella parte del bagno detta Frigidaria, in cui solevano nuotare coloro che uscivano dalle terme; chè nei bagni contavansi tre scompartimenti, detti uno Caldaria, l'altro Tepidaria, ed il terzo Frigidaria.

Solo suo; per indicare ch'ella aveva fatto costruṛre il bagno e la piscina sopra un terreno di sua proprietà. 1 bagni, secondo Vitruvio, dovevano essere fabbricati in un luogo di

« IndietroContinua »