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calda temperatura, riparato dai venti di tramontana, e rivolto al mezzodì. Della bellezza e sontuosità di siffatti edifizi fanno fede le iscrizioni, le testimonianze degli storici, ed anche i ruderi, che ancora oggidì si ammirano qua e là sparsi in più luoghi.

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Se cotanto splendidi erano i bagni dei privati, contro i quali gridava Seneca indegnato del loro smoderato lusso che dovrem dire della magnificenza dei bagni pubblici esistenti in Roma, ed eziandio di quelli dei Municipii e delle Colonie? Del bagno pubblico, che a quell'età esisteva in Torino, più non rimane alcun vestigio; ma che fosse splendi→ dissimo non si può rivocare in dubbio, sia perchè gli stabilimenti di questa fatta solevansi costrurre nel più bel sito della città, dovendo servire ad esse non solo di comodo, ma ben anche di ornamento; sia perchè il bagno torinese non era stato costrutto da una privata persona, ma sibbene da una matrona rivestita di carica pubblica; sia finalmente perchè più di tutto ce lo dimostra l'iscrizione, la quale senza dubbio venne fatta coll'assentimento, ed anzi per comando di tutti gli Ordini dei Torinesi in onore di Atilia, e per eternar la memoria del benefizio da lei ricevuto; alla quale Atilia è probabile che abbiano pure innalzata una statua secondo l'uso introdottosi presso gli antichi, i quali, come si scorge da una lapide rapportata dal Donio, solevano, erigendo statue od altri monumenti, onorar la memoria di quelle persone, che a proprie spese facevano bagni, terme, od altri siffatti stabilimenti a comodo e vantaggio dei loro concittadini.

Municipibus suis dedit. Dal che si vede che Torino a quel tempo già era dichiarato Municipium.

Già sotto l'imperatore Claudio rendea chiaro il suo nome un illustre torinese, cioè Cajo Gavio Silvano, del quale parla la seguente lapide:

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cioè: Cajo Gavio Luci Filio Stellati Silvano Primipilari legionis octavae Augustae Tribuno cohortis secundae Vigilum Tribuno Cohortis decimaetertiae Urbanae Tribuno cohortis duodecimae Praeto-· riae donis donato a Divo Claudio Bello Britannico Torquibus armillis Phaleris corona aurea patrono Coloniae Decreto Decurionum.

Questa non è un'iscrizione sepolcrale, ma sibbene un elogio posto in calce ad una statua eretta in onore del predetto C. Gavio Silvano, che nella guerra britannica.combattuta da Claudio l'anno 45 dell'era nostra, tanto si distinse da meritarsi le onorificenze ed i gradi militari, di cui è fatto cenno nella lapide, e che son troppo noti per crederci in dovere di darne spiegazione. Egli fu forse della famiglia medesima di quel Marco Gavio, al quale fu innalzato un arco in Verona. Le coorti Praetoria ed Urbana traggono il nome dalla legione di cui faceano parte. Riguardo alla coorte Secunda Vigilum, l'opinione più probabile è che queste coorti fossero parti della legione avente un tal nome, oppure coorti destinate alla custodia della stessa Roma, sia ad estinguere gli incendii, sia a porre un freno agli uomini facinorosi.

L'Augusta de' Taurini, riconoscendone gli alți meriti, lo elesse a suo patrono. Che i municipii e le colonie avessero i loro patroni, nessuno l'ignora. I decurioni poi ne' municipii e nelle colonie erano quelli, che M. Tullio nell'orazione in favore di Roscio Amerino chiama Decemprimos, e che godevano dignità ed autorità pari a quella, che avevano in Roma i senatori; e però ìvi il Decreto Decurionum ha lo stesso valore del senatoconsulto.

Un altro patrono della nostra Augusta ci vien ricordato dal monumento che segue, rotto in parte e guasto dal tempo:

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Egli è danno che vi manchi il nome e l'elogio di un personaggio tanto benemerito della nostra capitale, a cui Ordo Augustalium Taurinorum patrocinium coloniae decrevit, et per legatos detulit; del che si ha testimonianza nelle due ultime lettere di questo marmo, indicanti Decreto Decurionum. Come questi patroni delle colonie venissero dalle medesime eletti, e come il decretato patrocinio fosse inciso in tavole di bronzo da conservarsi nella casa del patrono, furono scopo ad una erudita dissertazione del ch. Polidoro.

La seguente lapide, in cui pare che si tratti di qualche opera pubblica, ci ricorda la benemerita famiglia Valeria torinese.

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cioè: Lucius Valerius Firmi filius Stellatina, (tribu) Firminius Sevir Augustalis ex viginti (aut triginta) millibus sestertium testamento fieri jussit.

Alla tribù Stellatina, che era la XXII tribù del popolo romano, si vuole che fosse aggregata Torino.

Di un illustre personaggio è fatto onorevole ricordo in un frammento di marmo, eccolo:

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Il nome dell'uomo insigne, che più non apparisce in questa lapide fu corroso dal tempo: egli per la sua munificenza e propter caritatem et merita si acquistò la stima e l'amore del popolo torinese, il quale dimandò che gli fosse eretta una statua, od un altro pubblico monumento; e questo fugli decretato a splendidissimo ordine Taurinensium et Decurionum decreto locus datus.

Una lapide degna di essere riportata è pur la segenute, sebbene in parte mancante:

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cioè: Diis Manibus Publii Arrii Secundini Decurvalis aut Seviralis aut Duumviralis Taurini et Duumviri vel Seviri Eporediae.

Publio Arrio Secondino essendo stato da prima o decurione, o duumviro, o seviro in Torino, vien detto decurionale o duumvirale, come in Roma dicevansi consolari coloro che avessero esercito il consolato. Egli dappoi lo fu in Ivrea; e non è meraviglia che questo personaggio abbia ottenuto nell'uno e nell'altro luogo simili onori municipali; giacchè anche in altri marmi si legge che un Publius Metellus fu Decurio et Quaestor Taurini, e Decurio et Duumvir Eporediae.

Una lapide, rotta in parte, che venne discoperta mentre si gettavano le fondamenta del regio teatro, ha la seguente iscrizione:

F
M.L.F

INTA

IBI. ET

ST. GIMMIO

VIRO. SVO

ET. M. GIMMIO

CLEMENTI

VI. VIR. AVGVST

FILIO

IN. FR PXX

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cioè: vivens fecit . . . A Lucii filia Quinta sibi et Statio Gimmio viro suo et Marco Gimmio Clementi Seviro Augustali filio in fronte pedes viginti.

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Il nome di Gimmio è celtico, e sconosciuto in tutti i romani fasti. La madre lagnandosi dell'acerbità della fortuna per la perdita del suo figliuolo, volle scolpita nella parte inferiore del marmo uha ruota, perchè tenesse luogo delle querimonie, che non di rado si vedono in siffatte lapidi.

Quest'altro marmo che venne dissotterrato a porta palazzo, offre pure scolpito, superiormente all'iscrizione, un uomo a cavallo con in mano un'asta lunga drizzata verso terra; l'iscrizione in parte mancante dice:

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cioè: Diis Manibus Aurelii Marciani Circiloris qui vixit nome Circitor è adoperato per significare molti uffizi tanto civili, quanto militari. Si chiama Circilor, o Circuitor o Circumilor chiunque va attorno per qualche negozio; ma per riguardo alla milizia Circitores diconsi quelli che fanno la ronda, il qual uffizio, come osserva Vegezio, poteva compiersi per turno a centurionibus così in una città fortificata, come negli accampamenti; e qualche volta compievasi da un solo e medesimo Circitore.

Non è ben certo che quest'Aurelio Marciano fosse Circitor di cognome, o piuttosto di uffizio: noi incliniamo a credere che il fosse d'uffizio; ed anzi dall'equestre figura con asta in mano crediamo ch'ei fosse Circitor militare, quantunque nell'epigrafe non si legga parola che accenni alla milizia. Del resto sebbene esser possa un mero cognome, non essendo che il terzo nome, tuttavia, siccome non mancano esempi, in cui i militi non hanno che due nomi, e quindi subito dopo si vede il loro grado militare; così teniamo per certo avvenire lo stesso nel presente caso. Di un torinese insigne per civile sapienza

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militar

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