Aure intorno di vita Spirò il buon Dio presente; La guancia impallidita Si colorò repente: Tornaro le motrici Forze ai lor primi uffici. Mi ravvivai, qual suole Egro fior moribondo, Per lungo ardente Sole Languente e sitibondo, Se mai di nube estiva Dolce umor lo ravviva. E quai, dissi, a te degni Voti discior poss' io, Dell' Arti e degl' Ingegni Febo per man mi prese, Ed il mio dir sospese. E là mi trasse, dove Lietissima selvetta Per fonti ed ombre nove, Più ch' altra a lui diletta, Sorgea tutta frondosi Lauri e mirti odorosi. Quai non vidi mai vive Acque di puro argento! Qual d'aure fuggitive Non vi sentii concento Lieve fra i rami errante Delle commosse piante ! L'almo Genio del canto Vidi colà sedersi, Ma col Silenzio accanto Padre dei divin versi: Vidivi a lui vicino L'Immaginar divino. Qui, dove ti guidai, Dissemi Febo allora, Qual Dea, se tu nol sai, Dori bella s' onora: Sacra è ne' regni miei Questa selvetta a lei. Negata ad altri vati Avrà te suo Poeta ; Te fra i tronchi odorati Udrà ridente e cheta In mille carmi tuoi Far conti i pregi suoi. Piena di grazie rare In tuo scampo invocarmi Dori io già vidi all' are, Che gode Cirra alzarmi, Cinto di medich' erbe, E d'altri onor superbe. Chi mai di sì bei prieghi Altero non andrebbe ? Nulla, io dissi, si nieghi A costei, che potrebbe, Come già volle Amore, Farmi tornar pastore. Tacque il Nume, e per l'etra In nube aurea disparve ; Ed una nuova cetra In man scendermi parve Non anco ad altri data, Di Greche corde armata. Sentii nel ricercarla, Che piena era di Dori: Di rose a coronarla Vennero mille Amore; Ed io sempre su quella Canterò Dori bella. |