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DELLO STESSO.

LA PARTENZA.

Ecco quel fiero istante

Nice, mia Nice, addío.

Come vivrò ben mio,

Così lontan da te ?

lo vivrò sempre in pene;

Io non avrò più bene;

E tu, chi sa se mai

Ti sovverrai di me!

Soffri che in traccia almeno

Di mia perduta pace

Venga il pensier seguace

Su l'orme del tuo piè.

Sempre, nel tuo cammino,

Sempre m'avrai vicino;

E tu, chi sa se mai

Ti sovverrai di me!

Io fra remote sponde

Mesto volgendo i passi

Andrò chiedendo ai sassi,

La ninfa mia dov'è ?

Dall' una all' altra aurora

Te andrò chiamando ognora ;

E tu, chi sa se mai

Ti sovverrai di me!

Io rivedrò sovente

Le amene piagge, o Nice,

Dove vivea felice,

Quando vivea con te.

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A me saran tormento

Cento memorie e cento;

E tu, chi sa se mai

Ti sovverrai di me!

Ecco, dirò, quel fonte

Dove avvampò di sdegno,

Ma poi di pace in pegno

La bella man mi diè;

Qui si vivea di speme,

Là si languiva insieme;

E tu, chi sa se mai

Ti sovverrai di me !

Quanti vedrai giungendo

Al nuovo tuo soggiorno,

Quanti venirti intorno

A offrirti amore, e fè!

TOM. II.

Oh Dio! Chi sa fra tanti

Teneri omaggi, e pianti,

Oh Dio! Chi sa se mai

Ti sovverrai di me !

Pensa quel dolce strale,

Cara, mi lasci in seno,

Pensa che amò Fileno

Senza sperar mercè.

Pensa, mia vita, a questo

Barbaro addìo funesto;

Pensa

Ah chi sa se mai

Ti sovvrerai di me!

FINE DEL VOLUME SECONDO.

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GABRIELLO CHIABRERA.

Già tornano le chiome agli arboscelli
Bella guancia, che disdori

Di quel mar la bella calma

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Quando vuol sentir mia voce

Belle rose porporine
Vagheggiando le bell' onde
Damigella tutta bella

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