Io temprai con dolci sguardi I miei dardi, E ne venni a scherzar teco; Ora tu di gioco aspersi Tempra i versi, E ne vieni a scherzar meco. Sì dicea ridendo Amore; Or qual core Scarso a lui fia de' suoi carmi? Ad Amor nulla si nieghi, Ei fa prieghi, E sforzar potria con armi. TOM. II. DELLO STESSO. DAMIGELLA Tutta bella, Versa, versa quel bel vino; Fa che cada La rugiada Distillata di rubino. Ho nel seno Rio veneno, Che vi sparse Amor profondo, Ma gittarlo, E lasciarlo Vo' sommerso in questo fondo. Damigella Tutta bella, Di quel vin tu non mi sazj: Fa che cada La rugiada Distillata di topazj. Ah che spento Io non sento Il furor degli ardor' miei; Meno ardenti, Men cocenti Sono, ohimè, gl' incendj Etnei. Nuova framma Più m' infiamma, Arde il cor fuoco novello; Se mia vita Non si aita, Ah! che io vengo un Mongibello. Già famosa, Gloríosa Si dicea la vite in Scio; Ma quel vanto Non può tanto Che s'appaghi il desir mio. Odo ancora, Che s' onora La vendemmia di Falerno ; Ma per certo Più gran merto È d'un pampino moderno. Ogni noja Vien, che moja Annegata quando io bevo; Pur beato Fa mio stato La Vendemmia di Vesevo. |