Cui le nozze il padre appresta; Che bei pregj, Ricchi fregj Va giungendo all' aurea testa. Deh se mai Tornerai Primavera alma e gentile, Così bella, Pari a quella, Se non pari, almen simíle : Col mio plettro, Che d'elettro Sparso fu da gli almi Dei, Te lodando, Celebrando, Chiuder voglio i giorni miei. DELLO STESSO. I VENTICELLI. AURE lievi odorate, Figlie dell' alba amate, Che al ventilar dell' ali Lusingate i mortali ; Il volo aure volgete Colà dove vedete Quella barchetta, quella Spalmata navicella; Che, come il vello d'oro, Sen porta il mio tesoro. Voi d'intorno alla prora, Qual d'intorno all' aurora, Aure lievi odorate A suo favor spirate. E in mar, che lieto ondeggia A suo governo seggia D' Idalia il nudo Arciero; Non crudo, e non severo, Non pien d'orgoglio antico, E non di frode amico. Ma sia 'n volto ridente E la sua face ardente Aggia nelle pupille; Da cui vibri scintille, Che a questa navicella Sian Cinosura e stella. Ma se volesse (oh Dio!) Il vago idolo mio Non più far qui ritorno; Aure, nunzie del giorno, TOM. II. Aure, lievi odorate, Il volo, ohimè, fermate; O pur, quasi pentito, Lo rivolgete al lito. DELLO STESSO. NON PUÒ RACCONTARE QUANTI SIENO I SUOI AMORI. QUANTE ha quell' olmo foglie, O quanti il prato accoglie Vághi purpurei fiori, Tanti sono gli amori, Che dentro del mio petto Hanno lor seggio eletto. Nè trovo in versi, o in rima Stile, che ben gli esprima, |