sa dei SS. Apostoli, e concesse alla Città il dono della libertà. La falsità di questo racconto si comprende dal sapersi che Carlo Magno nell' anno 805. non venne in Italia. Egli in quell' anno, sequell'anno, condo gli Scrittori degli Annali di Francia Bertiniani, e Metensi, i quali furono coetanei, e scrissero diligentemente le sue gesta, celebrò il Natale del Signore con Leone III. Papa in Carisiaco, luogo celebre della Germania, e la Pasqua di Resurrezione in Aquisgrana, fatto che egli ebbe accompagnare il Papa per la Baviera fino a Ravenna. Questo erroneo sentimento fa seguitato non ostante da Giovanni Villani. e da molti altri Cronisti, che manoscritti si conservano nelle più rispettabili Biblioteche di Firenze. Quanto sia falsa la loro opinione lo dimostrano ad evidenza i documenti di quei tempi, che tuttora in alcuni pubblici Archivj si conservano. Da essi si rileva che fu Firenze una Città suddita ai Re Franchi, indi ai Re d'Italia e poscia agli Imperatori Germanici, senża che mai da alcun Sovrano ottenesse più di quello, che godevano le altre , Città dell'Italia. Ebbe Firenze il suo Conte, i suoi Scavini eletti dal Populo, e fu soggetta al governo dei Marchesi o Duchi di Toscana, come tutte le altre Città. Per bene intender ciò, bisogna considerare in quei tempi (sempre peraltro posteriori a Carlo Magno ) tre sorte di Dominio sopra il Contado Fiorentino: cioè Alto, Medio, ed Infimo. L' Alto competeva all' Imperatore; il Medio al Duca, o Marchese di Toscana, la qual Provincia esso riceveva in governo dall' Imperatore; l'Infimo era dei privati sopra i loro beni allodiali. L'alto dominio competente agli Imperatori, essi a poco a poco andarono a perderlo, e specialmente dopo la metà dell' XI. Secolo. Imperocchè l'uso introdotto di rendere ereditarji Marchesati, e la potenza dei Marchesi, furono le cause principali per le quali essi si resero assoluti Sovrani di quelle Marche che avevano avute in governo, ed in alcuni tempi presero le armi contro gli stessi Imperatori. Il Duca, o Marchese della Provincia esercitava la sua autorità in ciaschedun Contado per mezzo di un Con te, o Tribunale costituito nella Città, la quale era capo del Contado. Il Conte era un Governatore, o sivvero Jusdicente di una Città che avea Contado, e dipendeva direttamente dal Marchese della Provincia. Egli presiedeva pertanto al governo Civile della Città, ed aveva la facoltà giudiciaria. Esso esercitava l'autorità giudiciaria, col tenere di tanto in tanto i Malli, cioè i pubblici Giudizi, ed i Placiti per qualche lite particolare coll' assistenza degli Scabini, e degli altri Giudici minori, col consiglio dei quali proferiva le sentenze. L' autorità del Conte era tanta, che poteva donare la vita ai condannati. Nei Capitolari dei Rẹ Franchi è ordinato, che il Conte sappia le Leggi, secondo le quali deve giudicare, benchè fossero poche, e le Cause fossero di facile risoluzione, non essendo conosciute in quel tempo le Sostituzioni, i. Fidecommissi, i Livelli, e tutte quelle cause, che alla giornata per la loro oscurità confondono bene spesso la mente dei Giudici anche più illuminati, Nei medesimi Capitolari viene parimente ordinato, che i Conti amino la Giu stizia, siano spediti in farla, e che ogni mese tenghino pubblici giudizj, avvertendo di avere una speciale premura per gli affari dei Poveri, delle Vedove, dei Pupilli, e degli Orfani. Era loro parimente ordinato, che tenessero i giudizj digiuni, cioè prima del pranzo, forse perchè anche allora erano in credito i Vini. I Conti secondo il celebre Lodovico Muratori, Antich. Estens. par. 1. Cap. V. entravano nel Ruolo dei Principi, e però anche essi intervenivano con i Duchi, e Vescovi all' elezione del Re d'Italia. Ciò che rendeva più rilevante la dignità del Conte era, che sebbene non avesse in feudo la Città, ma solamente in governo, e' che fosse sottoposto al Marchese, o Duca della Provincia, pure tal Governo soleva essere stabile e durava tutto il tempo della sua vita. I proventi del Conte consistevano nella terza parte delle condanne criminali, che doveano essere cosa di conseguenza, per essere la maggior parte delle pene pecuniarie, come si rileva dalle seguenti parole della Legge Longobardica di Carlo Magno.,, Heribannum Comes exactare non præsumat A 3 رو دو ad nisi Missus noster prius Heribannum partem nostram recipiat, & ei (cioè al Conte) suam tertiam partem exinde per Jussionem nostram donet Oltre a questo, eragli anche assegnato il godimento di qualche tenuta di Terreni. Dalla voce Comes significante Governatore della Città, si formò Comitatus, che indica tutto il Territorio soggetto alla Giurisdizione del Conte, e dalla parola Comitatus in progresso di tempo, si formò la parola Contado, che significa il distretto di una qualche Città. Oltre a questi Conti Governatori, e amministratori della giustizia, vi erano i Giudici minori, senza l'assistenza dei quali, i Conti non proferivano sentenze, ed il Notaio l'attestava nel rogito della sentenza, sebbene la scrivesse per comando del Conte. Il consiglio di questi Giudici nel decider le Cause, lo prendevano anche i Duchi, o Marchesi. Questi Giudici erano scelti fra le persone più dotte nelle Leggi, e timorate di Dio. Carlo Magno nella XXII. Legge dispone,, che Judices, Advocati, Præpositi, Centenarj, Scabini, quales meliores inveniri » pos |