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vanni d'Andrea chiamato ancora Azzo a Marino Abbate della Badia Fiorentina l'anno 1018. nel mese di Giugno di un pezzo di Terreno contiguo all'Orto del Monastero, e vicino al Parlascio (29) si leg

(29) Era collocato il Parlascio, o Parlagio cioè 1 Anfiteatro, secondo Domenico Maria Manni, ove le Case oggi tondeggiano dalla via de' Vasellai, cioè dietro al fianco sinistro della Chiesa di S. Simone, fino alla Piazza de' Peruzzi per la sua lunghezza, e per la larghezza dalla Via dell' Anguillaia fino alla Piazza di S. Croce. Questo luogo serviva a più usi secondo il sentimento di Leon Battista Alberti, il principale. dice egli, era per le Cacce e facevasi di figura rotonda perchè le Fiere ivi rinchiuse, angolo non trovassero per osottrarsi al Cacciatore Combattimenti ancora vi si facevano, e strazio d' Uomini valorosi, che colle Fiere co.itrastando mostravano la loro forza per riportarne gloria e onore. Vi faceva ancora lo strazio dei Martiri, come dottamente scrive il P. Maestro Gio. Tommaso Rinaldi Agostiniano, nella sua bella Dissertazione de Persecutoribus quibus primo, & secundo saeculo Ecclesia exagitata est, ove dimostra, che i Cristiani Ferarum Tergis sæpissime involvebantur, ut laniatu Canum interirent, In questo Parlagio,

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legge nel principio,, In nomine D. N. J. C. Anno ab Incar. ejus octavo decimo mille, & anno Imperij Domini Henrici

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o sia Anfiteatro per sentimento degli Scrittori più accurati, e specialmente del Borghini, fu presentato il nostro Martire S. Miniato ad un Leopardo, e ad un Leone per essere da quelli sbranato. Ed in fatti consueta era tal pena per i Cristiani, onde si diceva Christianus ad Leonem siccome c' insegna Tertulliano: Secondo la critica più esatta, questo farto seguì circa l'anno 250. sotto l' Impero di Decio. Secondo Giovanni Villani serviva il Parlagio anche per le adunanze del Popolo Fiorentino per trattare dei pubblici affari. Io credo che saggiamente opini il Villani, poichè anche i Greci, ed i Romani così costumavano, e forse da loro i Fiorentini ne presero l'esempiol. Che i Greci si adunassero a Parlamento nell' Anfiteatro, lo dimostrano a meraviglia Ausonio nel Ludo sapientum, é Tacito nel libro III. delle storie. E che i Romani almeno nei Teatri perorassero, e facessero arringhe al popolo ce lo prova Varrone appresso Nonio, e Seneca nell' Epistola 108. E. Ammiano Marcellino libro 26. ci fa vede. re, che i Romani non solamente nel Teatro, ma eziandio nell' Anfiteatro trattavano le Cause, ed erigevano Tribunale.

Il nome d' Anfiteatro, che così chiama

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Imperatoris Augusti IIII. Mense Iunij Indictione prima. E parimente in un altro strumento dell' Anno 1019. fatto in Firenze di donazione che fa un certo Pietro della buona memoria di Giovanni a Marino Abbate della suddetta Badią di alcuni Terreni contigui all' Orto del Monastero si legge In Nomine D. N. J. C. Anno ab Incarnatione ejus nonodecimo post mille. Enricus gratia Dei Imperator Augustus, et anni Imperj ejus VI. Mense Decembris Indictione III.,,

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Nell' Anno 1037. abbiamo un Diploma di Corrado II. detto il Salico successo ad Errico nell' Impero l' Anno 1024. ( 30 ) fatto a favore dei Canonici di S. Gio

van

vasi nei tempi Romani, fu mutato in quello di Perilasium, la qual voce Grecobarbara significa un circuito di fondamenti, ne' tempi Barbari, e certamente dopo la sua rovina seguita al tempo de' Goti. E che il Parlascio sia l'istesso, che l' Anfiteatro lo prova, che i vestigj della fabbrica, sono eguali, e sono posti nel medesimo sito.

(30) Il dì 13. di Luglio del 1024. in giorno di Domenica morì il S. Imperatore, detto lo Zoppo, l'anno XI. del suo Impero, l' In

vanni di Firenze, che ci assicura esser questa Città passata sotto il dominio di esso Imperatore, il quale Diploma è del seguente tenore In nomine Sanctae,

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& individue Trinitatis Conradus di

2) vina favente Clementia Romanorum ,, Imperator Augustus.

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Si Sanctarum Dei Ecclesiarum curam gerere studuerimus, statum Im,, perii nostri stabilius permanere, &

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aeternae remunerationis nos acceptu,, ros praemium minime dubitamus

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Proinde omnium S. Dei Ecclesiae no,, strorumque fidelium praesentium, & futurorum comperiat solertia interven,, tu, ac petitione Gislae (31) Imperatricis nostrae dilectae Conjugis, & "Bonifatii (32) nostri fidelissimi Marchio

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l' Indizione VII. e fu sepolto nella Città di Bamberga, ove si venera per Santo, canonizzato da Eugenio III. Papa.

(31) Gisla sposò Corrado essendo vedova di Ernesto Duca di Svevia.

(32) Questo Bonifazio fu Duca di Toscana, e per la sua grandezza talotta fu detto anche Granduca, egli fu figlio di Tedaldo parimente Marchese di Toscana. Egli secondo l'opinione del Fiorentini cominciò il suo

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chionis Canonicos S. Florentinae Ec ,, clesiae nostram adiisse Clementiam ,, deprecantes, ut pro Dei amore no,, strique Imperii salute S. Joannis Eccle

Governo in Toscana circa al 1033. forse nella seconda venuta di Corrado Imperatore, ed io volentieri m'induco a seguitare questo parere poichè nell' anno 1034. trovasi chiamato Marchese di Toscana nelle scritture accennate dal Sigonio presso il Silingardi, avendo ricevuto in Feudo da Ingo Vescovo di Modena due Castella denominate Cagnano, e Savignano. Egli nel 1036. restò vedova di Richilda figliuola di Giselberto Conte del Sacro Palazzo, la quale fu sepolta a Nogara nel Mantovano. Nel seguente Anno 1037. passò alle seconde Nozze con Beatrice figliola di Federigo Duca di Lorena, e secondo quello che dice il Fiorentini fu ricevuta dal Marito con una straordinaria magnificenza: Racconta egli adunque che furono tanto magnifici gli abbigliamenti, e tanto il disprezzo delle più stimate ricchezze, che ferrati i Cavalli d'Argento che doveano servire per condurre la Sposa in Italia, fu vietato che si ripercotesseto i chiodi, acciò quasi ad ogni passo restando essi per le strade, indicassero la grandezza di chi passava. Nelle Nozze poi celebrate in Mărago con grande intervento di Lombardi, Romani, e Liguri, vi durarono tre me

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