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che qui fono fcioperati. La lettera è un' imagine del mio animo fu quell' argomento. In vedo bene, ch' ella è fcritta fenza veruna leggiadria di ftile, ma colla ruvidezza di un uomo fcolaftico e folitario; pure fe ella piacerà a V.E., io ho ottenuto il pregio dell' opera. Mi fcuferà, fe io ho ardito in quella narrare ab ovo alcune cofe che le fono rancide; perciocchè avendofi ella dovuto ftampare, pareva, ch' ella foffe indirizzata a tutto il genere umano, che ha diritto di leggere tutto ciò, che una volta è ufcito in pubblico. La prego a non voler credere che fra provenuta da poca circofpezione, che io ci ho pure penfato. S' intende qui, che cotefti librai Veneziani vadano a stampare il Mufchembroeck colle aggiunzioni, che qui ci abbiamo fatto. Ci difpiace molto, perciocchè finalmente effi non hanno occafione di farlo. Quei particolari, che han fatto la fpefa, non fono, nè fanno i Mercadanti di libri : con che cotefti Signori non hanno motivo di cagionar danno a galantuomini particolari, i quali avendo in ciò mirato al bene della gioventù d' Italia, non vorrebbono andarci intereffati colla fpefa. Che fe vorranno pigliarfi i noftri, noi faremo loro più cortefia di quello, ch' effi penfano. Io prego l' E. V. a voler loro parteciparlo, ed infieme diffuadergli di ciò, che potrebbe parere rozzezza: tanto più, come diffi, che non hanno effi a fare con quefti librai, co' quali fo, che hanno qualche ombrofità. E con ciò fono. Di Napoli li 23. di Marzo 1746,

LET

LETTER A

L E

A D

IV.

ALESSANDRO SERTI

E

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VERO, che Platone nel III. de Republica fecondo V. S. Illuft. offerva riprende Omero di aver dipinto i fuoi Eroi pieni di puerili debolezze, di fuperftizioni donnefche, e di vizj bassi e villani. Ma Ella fa il perchè perchè quefti ritratti non giovano a formare gli animi liberi magnanimi, virtuofi. Platone parlava da Politico. Ma lo Storico dell' uomo niente amerà in Omero tanto, quanto quei ritratti. Si vede che gli uomini i più grandi fono ftati fempre così animali imbecilli, e fottomeffi a tutte le fozzure beftiali come fono ora, e faranno in appreffo Eroifmo è una mafchera, non una Natura. Aleffandro il Grande era forte, ma ubriacone, e debole pel molle feffo. Cefare era valorofo, e dotto, ma era il marito di tutte le mogli, e la moglie di tutt' i mariti.

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Si confervi bene in falute, viva tranquillo che io non cefferò di effere qual fono. Di Napoli li 16. Aprile 1747.

P. S. Mi fcriva, quando partirà per Torino.

LET

LETTER A V.

AL MEDESIMO

DU

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UE parole, perchè mi manca il tempo. La vera, e fublime virtù è figlia dell' amore: ma la virtù umana è fempre figlia del timore. La temperanza nafce dal timor de' mali, e della morte: la giuftizia dal timore o della vita, o della fama, o, de' beni : l'umanità dal timore di non trovarne ne' bifogni. Suintilla Re di Spagna nel principio del VII. fecolo fu il più gran Sovrano, che aveffe la terra, fino a che ebbe a temere gl' Imperiali, che tuttavia poffedevano l' Algarvia, e i Guafconi, che facevano delle frequenti irruzioni nella Galizia, nell' Afturia e nella Navarra. Come tutto fu domato, e non ebbe più nemici, divenne voluttuofo, fuperbo fuperbo, tiranno avaro, oppreffore de' popoli. Fino a che i Romani ebbero del timore de' Cartaginefi, degli Spagnuoli, e d' altri, furono virtuofi, La virtù cadde nel ceffare il timore. E' il cafo così delle perfo ne, e delle famiglie, come de' Regni, e de' loro governi. Mi onori di nuovi fuoi comandi, e le for profonda riverenza. Di Napoli li 10. di Novembre 1747.

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LET

LETTER 8 Ꮴ 1,

A L

MEDESIMO

A TORINO.

RISPONDO brevemente a V. S. Illuftrifs. per le

mie neceffarie, e feccanti occupazioni

malizia è un vetro, per cui fi veggono ingrandire le più piccole macchie ne' gran corpi. Ella non fi arrefta fu i piccoli. L'arte di sfuggiria è di ridurfi ad oggetto microscopiale. Mi rido di coloro che vogliono correggere la malizia degli uomini con delle maffime, e teorie aftratte. L'uomo può ben ingannarfi; perchè l' inganno è nell' intelletto, dove quafi tutte le forme paffano per li vetri delle paffioni: ma non può dimenticar la fua natura, la quale non conofce per intelletto

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ma

per fenfo. Ogni uomo fente i fuoi bifogni : nè conofce gli altri, fe non perchè fente i fuoi. L' arte di correggere la fua malizia è di fare, che gl' intereffi degli altri fi combacino con i fuoi. Se fi oppongano, ognuno preferirà i fuoi; e quefto oppofto agl' intereffi altrui è quel, che dicefi malizia. L' invidia è figlia di sì fatta malizia . Quell' ifteffo fenfo, che ci fa fentire il nostro bifogno, ci fa credere, che ogni bene, ch' è in altri, ci fia tolto. Mi dia altri comandi, perchè io fono, e farò fempre. Di Napoli li 22. di Marzo 1748.

LET

LETTER A Ꮴ 1 1.

AL P.

A

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RISTOTILE, volendo fpiegare in che maniera Dio fenza muoverfi cagioni del moto negli orbi mondani, dice, ch'egli muove, come ci muovono le appetibili cofe. Il Signor Mofemio in una annotazione al II. Cap. del fiftema intellettuale dell' Univerfo (a) del Cudvvorth fofpetta, che il Filofofo di Stagira per non faper quel che dirfi fi foffe fervito di queste parole, per parere di fpiegare quel che intanto non poteva fpiegare. Ma i Commentatori Arabi, e i Capi delle Scuole, Alberto Magno, S. Tommafo, lo Scoto, e i loro Seguaci hanno detto, che avendo Dio messe negli orbi celefti delle menti, ch' effi chiamano intelligenze, le quali muovono effettivamente, ed immediatamente gli orbi, quefte menti per amore del primo Effere, ch' effe appetiscono, muovono i globi mondani. Dio dunque, fecondo questa chiofa, ficcome fommo bene, ed ultimo fine d' ogni ente, è appetito con eftrema veemenza dalle anime de' globi celefti: e in quefto modo per un attrazione fpirituale le muove a muovere i cieli. Se Ariftotile abbia intefo di dir quefto, o altro non faprei dire, gentiliffimo P. Moniglia. Quel che mi viene quì in tefta è, che, come l' han TOMO I.

(a) De Nat. Gen. p. XXIV. adn. 9.

af

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