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prima età, quasi per discoprirvi le vie colle quali si venga in fama, e pronosticarne qual grado di splendore serbi a loro medesimi la fortuna. Quindi i primi giuochi e studii, le prime gesta e amicizie dei personaggi famosi acquistano pregio, e con tanto maggior cupidigia si investigano, quanto più si è certo di non ritrovarli guasti da fredde considerazioni di amor proprio e di interesse.

Fu l'infanzia di Bartolomeo, come quella della maggior parte degli uomini segnalati, disastrosa. Studiava egli ancora gramatica nei monti del Bergamasco, allorchè il furore di parte ghibellina gli rapiva il padre, gli averi, la patria ed un fratello. Restavagli la madre e questa pure sotto pretesto di certi antichi crediti venne fatta imprigionare dal Benzoni, tiranno di Crema, e tenuta tanto tempo in carcere, finchè non gli cedette tutti i suoi beni dotali. Fra queste amarezze Bartolomeo entrò nell'adolescenza : però mirando la Lombardia a motivo della morte del duca Gian Galeazzo Visconti tutta in una faccia e in uno spettacolo di guerra, deliberò di uscire da quella miseria, che gli veniva resa più acerba dalla ricordanza del primiero suo stato, e s'introdusse in qualità di paggio ai servigi di Filippo Arcelli signore di Piacenza. In capo a due anni il Carmagnola venne ad accamparsi coll'esercito del duca di Milano sotto Piacenza, ed intimò all'Arcelli di render senza dimora la città, se pur non preferisse contemplare coi proprii occhi l'estremo supplizio del figliuolo e del fratello di lui, che erano stati fatti prigionieri. L'Arcelli stette saldo a difendersi. Tuttavia il sangue di quegli innocenti non bastò a liberarlo dalla necessità di ar

rendersi più tardi. Perduta adunque Piacenza, Filippo passò nel Friuli a servigio dei Veneziani, Bartolomeo Colleoni recossi nella Puglia alle tende di Braccio che, datogli un cavallo, il ricevette tra i suoi ragazzi, ossia valletti.

Se non che era il giovinetto ormai pervenuto ai 20 anni, e dal bollore dell' età e dalla confusione delle pubbliche faccende sentivasi accendere in petto un' ambizione pari al coraggio. In breve concepi un odio ed uno schifo grandissimo verso le servili sue occupazioni. In conseguenza abbandonò Braccio, e soletto con due partigiane, l'una in mano, l'altra al collo, dirizzossi a Napoli. Quivi si imbarcò con proposito di andare in Francia e pigliarvi soldo. Per A. 1417 viaggio volle il destino, forse per serbare all'Italia un circa tanto guerriero, che il legno, sul quale questi si ritro

vava, venisse predato dai corsari e ricondotto addietro. Stava allora all'assedio di Napoli Iacopo Caldora colle genti della regina Giovanna II. Tosto il Colleoni gli si presentò e ne ebbe condotta di 20 cavalli: quindi sia per la straordinaria virtù da lui mostrata nella presa della città, sia per le amorose fiamme svegliate (come asserivasi) dal suo virile aspetto nella impudica regina, fatto è che in poche settimane veniva promosso al comando di 55 cavalli e otteneva il privilegio di innalberare per proprio stemma una sbarra vermiglia imboccata da due capi di leone (1).

Vinta Napoli, accompagnò egli poscia il Caldora A. 1424 alla liberazione dell'Aquila, sotto la quale, come nar

(1) E di capi di leone era formata la sua impresa gentilizia, conforme al nome del casato, che poi si corruppe in Colleoni,

rammo, Braccio fu vinto ed ucciso; per la qual cosa essendosi un po' quetate le cose di colà, Bartolomeo passò in Lombardia al servigio dei Veneziani. Quivi ebbe a capitano il Carmagnola; quivi, se è vera la fama, col seguito di 40 cavalli primo fu a penetrare in Cremona, ultimo ad uscirne, allorchè ogni speranza di aiuto fu perduta. Riportò il Carmagnola di tal fatto biasimo e morte, il Colleoni ne consegui lodi e raddoppiamento di condotta: sicchè la stessa impresa troncava all'uno il corso di sua gloria, e lo apriva all'altro. L'ignavia del Gonzaga, che dopo il supplizio del Carmagnola successe nel comando dell'esercito veneto, rese poscia tanto chiara la solerzia e la sagacità del Colleoni, che a mano a mano veniva promosso al comando di 100, e poi di 300, ed alla fine di 800 cavalli, e veniva creato capitano generale della fanteria, ed eletto governatore di Verona, ed investito di tre buone castella (1).

Tali furono i progressi di Bartolomeo Colleoni fin- A. 4441 chè durò la guerra. Terminata ch'essa fu, il senato per diminuire le spese diede ordine di licenziare una parte dei condottieri, e di scemare le condotte ai rimanenti. Di ciò sdegnato Bartolomeo non senza acerbe proteste partissi dal servigio della Repubblica e andossene a Milano con 1500 cavalli. Il duca Filippo Maria lo accolse onestamente, e a prima giunta donollo di Castell'Adorno sul Pavese; quindi con ispeciali concerti lo inviò in Romagna a mantener

(1) Spino, Vita di B. Colleoni, I. I-III. p. 1-83 (Venezia, 1569). — Ant. Cornazani, Vita di B. Colleoni, 1. 1-III. p. 1-17 (ap. Burmann, t, IX. part. VII).

l'equilibrio tra Francesco Sforza e Niccolò Piccinino, che allora vi stavano a fronte. Ma vi era egli appena arrivato che di repente per ordine del medesimo duca veniva, come reo di tradimento, preso e rinchiuso nei forni di Monza. Erano questi orrende cellette l'una all'altra sovrapposte e così strette che i prigionieri nè potevano rizzarsi in piè, nè lungo di stendersi aggiungi, che da ogni parte eran seminate di punte, sicchè lo stare, come il moversi, era di perpetuo supplizio. Le aveva fatte costrurre un secolo innanzi Galeazzo Visconti per martoriarvi i sudditi desiosi di libertà; volle la fortuna, giusta in ciò, che egli per il primo con tutta la sua famiglia li assaggiasse. Quivi stette adunque il Colleoni più di anno, combattendo costantemente cogli strazii e colle minaccie, messe in opera dai ministri del duca per indurlo a spogliarsi del comando delle sue schiere. Ma intanto egli non aveva cessato di macchinare giorno e notte il modo di uscirne. A tale effetto sceglie un di, in cui per la morte del duca tutta la A. 1417 città era a subbuglio, fingesi ammalato, e tanto

s'industria che sotto vani pretesti manda fuori dal carcere i guardiani. Allora col mezzo di molte fascie e lenzuola già prima apparecchiate calasi frettolosamente ai piedi della torre e varca il fosso. Tornate le guardie, nè più il ritrovando, suonarono la campana a stormo, e al lume dei torchi strepitando e minacciando dieronsi a ricercarlo qua e là. Bartolomeo, senza scomporsi, col favore delle tenebre si mescolò tra essi, e alle loro grida ed alle loro minaccie uni le proprie; finchè, colto l'istante, corre al sito,

ove un buon cavallo lo attende, montavi sopra, e vola alle sue schiere alloggiate a Landriano.

Quivi il primo avviso della sua liberazione e venuta colmo di gioia e di stupore le soldatesche, che a gara si precipitano verso il padiglione maestro per vederlo e abbracciarlo, e baciarlo, e toccarne le vesti, e udire la sua voce tanto tempo muta, tanto tempo desiderata : : e, se mai capitano veruno si deliziò nella soddisfazione cosi preziosa ad ogni animo gentile di amare e di essere amato, fu questo il Colleoni in quel momento, in cui passava dalle miserie di un orribile carcere al governo di una forte e affezionata soldatesca (1). Ringraziatili, abbracciatili tutti, li fece armare e li passò a rassegna, e tosto costrinse i Pavesi a somministrargli stanza e vitto. Pochi di appresso, come soldato dei Milanesi presentava battaglia sotto le mura del Bosco alle genti del duca d'Orleans, guidate da Rinaldo di Dresnay.

Avevano costoro, come accostumati alle guerre vere e sanguinose della Francia, col non dare quartiere a veruno, reso grande e temuto per tutta l'alta Italia il proprio nome e la potenza francese. Ma venuti al cimento delle armi, non ressero contro alla disciplina ed alla avvedutezza degl'Italiani. Cominciarono l'attacco dalla parte del Colleoni alcune bande di fanteria. Queste, come di ragione, fatta breve resistenza, non sostennero l'impeto della cavalleria del Dresnay, e andarono in volta: subito i Francesi si infuriarono ad incalzarle e ucciderle. Ciò li disor- 11 8bre 1447 dinò: il Colleoni se n'accorse, e senza indugio spinse

(1) Spino, Vita di B. Colleoni, 1. IV. 102.

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