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solo gli obbediva tranquillamente, ma ricordava quasi sogno i passati bollori, e a se stesso attonito chiedeva il perchè di tanto patire.

Frutto delle paterne fatiche, e di illustri gesta, e di vergognoso e patente tradimento raccoglieva così Francesco Sforza pressochè intero il retaggio, al quale avevano dato principio coi civili studii Ottone e Maffeo Visconti, ed incremento con forte e crudel governo Azzo, Luchino e Galeazzo, e termine e perfezione con armi assoldate i duchi Gian Galeazzo e Filippo Maria. A questo punto era piaciuto alla fortuna di elevare il figliuolo dell'oscuro contadino da Cotignola, quasi per presentare all'Europa se non il primo, al certo il più splendido esempio di quanto potessero le armi di ventura in un paese pieno bensì di lettere, di ricchezze, e di virtuose memorie, ma diviso in cento Stati e fazioni, e privo di quel mutuo legame di affetto e di interesse, che riunendo tutti i cittadini intorno al principe, rende i governi forti, gloriosi e perpetui.

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CAPITOLO QUINTO

Dalla coronazione di Francesco Sforza alla
partenza del duca Giovanni d'Angiò.
A. 1450-1464.

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I. L'introduzione delle armi da scoppio e i progressi della civiltà innalzano la fanteria a pregiudizio delle compagnie di ventura. A questo fine intendono di già i principi d'Italia. Francesco Sforza imprigiona Carlo Gonzaga e Guglielmo di Monferrato. I Veneziani tentano di far lo stesso con Bartolomeo Colleoni; ma non riesce loro.

II. Si dichiara la guerra tra il duca di Milano e i Veneziani. Campagna del 1452. Ridicola sfida di Montechiaro. Pace di Lodi.

III. Sfortunata impresa del Piccinino in Toscana. Guerra condotta da lui e da Federico d'Urbino contro Sigismondo Malatesta. Costui qualità. Morte del re di Napoli e del papa.

IV. Il Piccinino si accosta agli Angioini. Mirabile sua marcia verso l'Abruzzo. Abbattimento di due Braccieschi e di due Sforzeschi. Battaglia di s. Fabiano. Progressi del Piccinino.

V. Il Piccinino e Giorgio Castriota a fronte. Sconfitto a Troia, Iacopo rileva negli Abruzzi la fazione di Angiò; quindi passa al servigio degli Aragonesi. Partenza di Giovanni d'Angiò: dispersione de'Caldoresi.

VI. Gli esuli Napoletani in Francia. Vicende del conte di Campobasso.

CAPITOLO QUINTO

Dalla coronazione di Francesco Sforza alla
partenza del duca Giovanni d'Angiò.
A. 1450-1464.

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Nel descrivere i fatti di Francesco Sforza, troppo oltre per avventura ci siamo distesi di quello che a taluno sarà sembrato conveniente; ma, oltrechè sia egli stato forse il maggior capitano che abbia avuto l'Italia dalla rovina dell'impero romano al xvi secolo, furono in esso lui come raggruppati i destini delle compagnie di ventura. Nato figliuolo di un potente condottiero, colle squadre e colle terre ereditate dal padre, altre terre ed altre squadre si acquistò, finchè di grado in grado non pervenne a posarsi sul trono della Lombardia. Da questo punto le compagnie di ventura presero a declinare in Italia.

Però molte cagioni si univano a preparare questo risultato. Primieramente, insieme collo svilupparsi della europea civiltà, di già le fanterie cominciavano ad assumere onorato ufficio negli eserciti. Nel medesimo tempo cominciavano pure ad armarsi di schioppi o scoppietti, invenzione antica, ma appena da cinque lustri ricevuta nella bassa Italia (1). È facile immagi

(1) La prima menzione dello schioppo in Italia è del 1331. Nel 1346 n'era munita una torre di Torino.

Verso il 1369 l'uso n'era frequente presso i Veneziani. Sotto l'anno 1420 ne dà una descrizione Pietro Cirneo: Per

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