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IV.

Del resto la pace di Ferrara non aveva già cessato la guerra; bensì le aveva mutato nome, e trasferitala dalla Lombardia in Toscana. Quivi Niccolò Fortebraccio (1), licenziato dal Visconti e instigato occultamente dai Fiorentini, assaltava, quasi fosse impresa 45 abre sua propria, la città di Lucca; e bentosto i Fiorentini le dichiaravano guerra, e il duca Filippo Maria sottomano ne assumeva la difesa. Pareva costui a chi di lontano l'esaminava come composto di due nature totalmente contrarie: osservato più davvicino impiccoliva, quasi la buona natura venisse cedendo alla mala: alfine scoprivasi, doversi a vizio ed a debolezza attribuire ciò che sulle prime aveva in lui dato splendore di virtù. Vile e impetuoso, vano con sembianza di grande, timido sotto forma di magnanimo, ostinato e mutabilissimo, insomma uomo, sotto il quale nè gloria, nè tranquillità, nè obblio da niuno alquanto più che mediocre si potesse sperare.

Questa bizzarra varietà d'ingegno, che aveva condotto il Visconti a levar tant'alto il Carmagnola per inimicarselo poi senza motivo, lo aveva pur anco incitato a castigare con severa persecuzione in Francesco Sforza la marziale fierezza, e il mal represso dispregio verso quei cortigiani del consiglio, divenuti grandi solo per vile ed infame servire. Già da due anni era stato questo condottiero condannato dal

(1) Figliuolo della sorella di Braccio; e dal cognome della propria madre talora soprannomato Nicolò della Stella. P. Russ. Hist. Sen. p. 27 (t. XX). — Boninc. 135. — Ammirato, XIX. 1052. Capponi, Comm. 1170 (t. XVIII).

duca a languire in dispettoso ozio, senza stipendii e seguaci, nelle terre della Lomellina; quando le grida dei Lucchesi, inopinatamente assaliti da Firenze, sospinsero il duca a trarne alcun partito. Chiamatolo infatti a Milano, gli manifesta le sue intenzioni, lo accomoda in segreto di denari, in palese di congedo; quindi, senza far mostra di violare la pace testè giurata, lo spedisce oltre l'Apennino. Francesco Sforza, tostochè fu giunto in Toscana, dichiarossi soldato dei Lucchesi; e come tale ne discacciò dalle mura l'esercito di Firenze: quindi aiutò i cittadini a restituirsi in libertà: appresso, vinto da settantamila fiorini mandatigli dai Fiorentini qual residuo di paghe dovute al padre di lui, uscì da Lucca e passò in Lombardia. Fu allora dal Visconti inviato in Toscana Niccolò Piccinino, il quale, combattendo con non minore fede che valore e fortuna, liberò Lucca da un secondo assedio, battè in più incontri i Fiorentini, e li astrinse a chiamare prestamente in loro soccorso lo Sforza.

Era questi già pervenuto nella Romagna, dicevasi, coll'intento di inoltrarsi nel regno di Napoli e pigliar qualche parte in quelle discordie. Presso Cotignola il raggiunsero quasi nel medesimo tempo gli oratori di Firenze e quci del duca di Milano. I primi gli offersero larghe provvigioni ed onori a piacere ; questi gli proposero per isposa Bianca figliuola illegittima del medesimo duca, e per giunta molte terre in dote, ed il trono della Lombardia in retaggio. Il condottiero, perplesso tra la certa paga e le grandi ma incerte promesse, stette alquanti giorni in forse: trionfarono alla fine dentro di lui le esortazioni del papa, le istanze del duca, e la propria fortuna. Andato per

ciò a Milano, tosto per anticipazione di dote entrò al possesso della città di Cremona e del Castellazzo, del Bosco e del Fregaruolo, non dispregevoli siti dell'Alessandrino (1).

A queste concessioni s'era sottoposto Filippo Maria Visconti per tenersi apparecchiato gagliardamente alla guerra, che prevedeva vicina; e ben la minacciavano i Veneziani, ristringendosi in lega coi Fiorentini e col marchese di Monferrato. Se non che al momento di intimargliela, venivano quelli ritirati addietro da atroci sospetti intorno al Carmagnola ; i quali sospetti, nè dalla vittoria di Maclodio, nè dall'acquisto di Brescia e di Bergamo, nè dagli onori impartitigli, nè dalla rinunzia testè avutane ad ogni cosa che possedesse o posseder dovesse in Lombardia (2), non erano stati punto cancellati. Non mai quella gelosa dubbianza, ch'è particolare soprattutto dei deboli, i quali si trovano lor malgrado costretti a rimettere nelle altrui mani la propria salute, erasi mostrata con ansia più lunga e tormentosa. In conclusione, poichè lo stare portava danno, e far la guerra senza il Carmagnola pareva, non che pericoloso, impossibile, il senato di Venezia tagliò, come si suol dire, il partito a mezzo, risolvendo di commettergli bensi il governo delle armi, ma di tali provveditori circondarlo, che ogni suo detto, ogni suo proposito sia conosciuto, ogni opera invigilata e all'uopo impedita. Era solito ufficio dei provveditori, stare nell'esercito ai fianchi del capitano, vegliarne le azioni, amministrare la

(1) A. de Billiis, VIII. 138. Joh. Simonett. 217. - Corio, 645.

(2) Sanulo, 1004.

pecunia pei bisogni del campo, veder tutto, partecipare in tutto (1). Magistrato incomodo, anzi dannoso in ogni robusta impresa, e tale, che sembrasse più atto a spiare e punire i falli, che a facilitare le vittorie. Ora siamo per entrare nel racconto di un dramma, triste a chiunque ami il vero onore della patria sua, famoso per esagerate accuse dall'una e dall'altra parte, e insigne per aver prestato argomento a stupenda poesia.

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Già due settimane prima di ricevere nel duomo di 30magg. Brescia il bastone di capitano generale e lo stendardo di San Marco, aveva il Carmagnola messo mano alle ostilità, tentando di conseguire per segreti intendimenti le piazze di Lodi e di Soncino. Ma l'una e l'altra fazione riuscirono a male; chè anzi sotto Soncino, dove il trattato era doppio, rimasero in potere del nemico da 1600 soldati (2). Perciò voltossi egli a più aperto guerreggiare, e affine di valersi ad un tempo del naviglio e dell'esercito, deliberò di indirizzare il primo impeto delle armi sopra Cremona. Adunque, risalita la corrente a ritroso, di là si presentò sotto le mura di essa città la flotta della repubblica comandata da Niccolò Trevisano; di quà, tre miglia più discosto verso Pavia, il Carmagnola in persona

(1) « Sunt autem legati apud Venetos e patricio ordine duo « viri imperatori, qui gente peregrina semper eligi «tur, ut eorum consilio quæ ad bellum pertinent administret, e socii attributi; iis invitis, imperatori quidquam agere decernereave, quod alicujus momenti sit, non licet; præcipue vero munus « eorum est publicam pecuniam.....». N. Barbarigo, Vita A. Gritti.

(2) A. de Billiis, IX. 147. Sanuto, 1013. Joh. Simo

nett. 219.

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piantò le sue tende. Tale fu la disposizione presa dagli assedianti: con non minore diligenza i ducali si misero in pronto per sovvenire la città. Erano le loro genti da terra capitanate da Francesco Sforza e Niccolò Piccinino: reggeva la flotta il pavese Eustachio Pasino. Quelli alloggiaronsi tra l'esercito del Carmagnola e l'Adda, a cavallo della strada di Pizzighettone; questi più insù qualche miglio da Cremona fermò l'ancora nel fiume, a quell'ora molto gonfio a motivo di straordinarie piogge. Erano i legni dall'una e dall'altra parte in numero quasi uguali; ma come quelli de' Veneziani apparivano più alti e grossi e meglio forniti di macchine, così quei del Visconti sembravano più leggeri e accomodati alla natura del fiume.

Cosi stando le cose, entrambi gli eserciti, entrambe 22 ging. le flotte, come a battaglia imminente si apparecchiarono. Però il vero proposito dei ducali era di riporre in acqua tutto il loro sforzo, ben conoscendo che, liberato il corso del Po, era liberata Cremona. A tale effetto il Piccinino e lo Sforza aspettano, che l'aere si sia alquanto imbrunito: allora con gran segretezza imbarcano sopra le navi il fiore delle proprie schiere, e inviano speditamente oltre l'Adda, insieme colle bagaglie, quelle che rimangono. Nel medesimo tempo per loro ordine due soldati milanesi s'introducevano a guisa di disertori negli accampamenti del Carmagnola, e gli davano a credere, avere l'esercito nemico risoluto d'assaltarlo quella sera stessa oppure il mattino seguente. Prestò il Carmagnola intiera fede all'insidioso racconto: laonde raddoppiò le guardie, dispose le squadre, infine rivolse tutto il suo animo verso la banda di terra.

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