Immagini della pagina
PDF
ePub

ribellione, Firenze smunta di denaro e di consiglio, accostasi a Pontremoli per superarne l'Apennino, e rifare la strada per la quale è venuto. Accompagnavano il re 800 lancie francesi, 200 gentiluomini della sua guardia, il Triulzio con 100 lancie e 3000 Svizzeri, e 1000 Francesi e 1000 Guasconi a piedi: di gente italiana erano con lui alcune squadre di uomini d'arme condotte dai tre fratelli Paolo, Camillo e Vitellozzo Vitelli, ed alquante fanterie capitanate da Francesco Secco condottiero dei Fiorentini. Seguitavano il campo francese, come prigionieri di guerra, Virginio Orsini e il Conte da Pitigliano, i quali erano stati presi a Nola, non ostante i meriti della poca fede da loro usata verso il re di Napoli, e la forza del salvocondotto ottenuto. Dall' altra falda dell' Apennino sulla destra riva del Taro già erano giunte e si afforzavano le soldatesche della Lega italiana, di molto superiori per numero di fanti e di cavalli e per qualsiasi specie di munizione.

Scorre il Taro quasi in mezzo a due catene di colline, che, spiccandosi dal fianco settentrionale dell'Apennino, ne seguitano con leggiero declivio il corso insino al Po. Al di là dell'Apennino ed ai suoi piedi sta Pontremoli. Di quinci si dipartiva una strada aspra e disagiosa, non che ad un esercito, ai viandanti; e questa, superato che aveva il sommo giogo, stendevasi fino a Parma, tenendo sempre la destra sponda del Taro. Dalla contraria sponda due altre vie salivano le spalle delle colline: la superiore, molto più dura e terribile, era appena accessibile ai muli ed ai pedoni; l'altra era più bassa e meno incomoda;

entrambe mettevano a Piacenza, verso la quale città era diretto il cammino dei Francesi.

I confederati, non avendo potuto per avventura accamparsi convenevolmente in un luogo più alto, si erano posti presso la Badia alla Ghiaruola sulla destra del fiume tre miglia più sotto di Fornuovo: e tosto si erano messi a disputare, se fosse opportuno di combattere, oppure di lasciare aperta la strada all'esercito straniero. Frattanto nè occupano colle artiglierie la sponda sinistra, cosa che atteso l'andamento di quelle colline sarebbe stata d'insuperabile intoppo al nemico; nè s'avvisano di assaltarne subito l'antiguardo comandato dal maresciallo di Gyes, cosa che avrebbe ridotto a pessimo partito il resto dell'esercito regio, il quale era rimasto addietro una giornata di marcia.

Il maresciallo, giunto a Fornuovo, mandò per un trombetto a chiedere il passo. Scoppiarono allora nel campo della Lega, per così dire, tante opinioni diverse, quanti erano i capitani; per la qual cosa il messo venne licenziato senza decisa risposta; e ancora si stava caldamente contendendo della convenienza e dei modi di attaccare ovvero di difendersi, di far guerra o di venire ad un accordo, quando sopraggiungeva a Fornuovo il re con tutte le sue genti, e dalle vette dell'Apennino si mostravano gli Svizzeri trascinanti colle corde, colle braccia, e sopra le spalle con infinito travaglio le grosse artiglierie. Codesta vista impose fine alle ciancie dei capitani della Lega, e li trasse nella deliberazione di assaltare il nemico, tostochè si rimettesse in cammino.

Avevano i Francesi con grande confidenza varcato

1495

i gloghi Apennini, quasichè il venire, il pugnare ed il vincere dovesse essere tuttuno: ma quando dalle eminenze di Fornuovo considerarono la grandezza degli alloggiamenti ostili, e i loro scorridori vennero non senza danno respinti dagli Stradiotti veneti, raccontasi che si rimisero non poco da quell' opinione. Crebbero i loro affanni durante la notte, per le continue e sanguinose incursioni dei medesimi Stradiotti, e per un molestissimo rovinio di grandine e di pioggia. All'apparire del dì, il re tutto armato e vestito, con nove 6 luglio altri personaggi ad una sola divisa, dispose l'esercito al passaggio. Marciò nell'antiguardo con 42 pezzi d'artiglieria e cogli Svizzeri e gli arcieri Gian Iacopo Triulzio; gli tenne dietro la battaglia sotto il signore della Tremouille e il re in persona: segui il retroguardo a governo del visconte di Foix. I carriaggi (ai quali per malizioso consiglio di quel Triulzio, che ora per la prima volta portava l'armi contro alla patria ed al principe suo, non si era lasciata quasi veruna guardia) camminavano alla coda. L'esercito così ordinato passò il fiume, e si distese parte sulla riva sinistra di esso, parte sul pendio della collina.

Erasi frattanto il campo italiano distribuito in nove squadroni. Il conte Sanseverino di Caiazzo con 600 Stradiotti, altrettanti arcieri e 2400 uomini d'arme milanesi doveva investire l'antiguardo nemico: il marchese di Mantova con 1000 tra uomini d'arme e cavalleggieri e 4000 fanti aveva ordine di fare impeto contro lo squadrone del re: Bernardino da Montone colla sua schiera doveva assalirne il retroguardo. Ad ognuno di questi corpi di gente si assegnò uno squadrone di riserbo: e si stabili che tre altri sarebbero

rimasti sopra la sponda destra del fiume, cioè due per sovvenire agli incerti casi della guerra, ed uno per la custodia degli alloggiamenti e delle persone dei Provveditori veneti.

Diede principio alla zuffa il marchese di Mantova; e tale fu la furia colla quale (superata non senza grave fatica la grotta del fiume) cacciossi tra l'avanguardia e la battaglia ostile, che il re medesimo con tutto lo sforzo dei Francesi accorse frettolosamente per ributtarlo. Ond'è che la mischia, ingaggiata con più ferocia che disciplina, riscaldossi in breve di maniera che, rotte le lancie, cominciarono gli uomini ad adoperare gli stocchi e le mazze d'armi, ed i destrieri a combattere coi calci, coi morsi e cogli urtoni non meno crudelmente di chi li cavalcava. Servivano di vivissimo stimolo ai Francesi l'onore ed il pericolo comune, e l'esempio del re, che in quello scompiglio si votò, se campava, a s. Dionigi ed a s. Martino, patroni della monarchia; gli Italiani sopravvanzavano per numero, per ordine, e pel vantaggio di essere gli assalitori. Insomma, se il primo e il terzo squadrone della Lega avessero avuto fortuna e bravura pari a quella del marchese di Mantova, è fuori di dubbio che la vittoria sarebbe stata degli Italiani. Ma non appena le fanterie del conte di Caiazzo, delle quali alcune sostenevano lunghissime picche, altre lanciavano freccie e chiavarine, si scontrarono negli Svizzeri del Triulzio, che spaventati dal contegno dei nemici e dalla facilità colla quale mozzavano di netto quelle aste loro sterminate, cominciarono a tentennare, quindi a ritirarsi, ed a strascinare seco loro con tutti i suoi uomini d'arme il conte stesso. S'aggiunse, per sventura

d'Italia, che Rodolfo Gonzaga, il quale era stato deputato a chiamare alla zuffa in tempo opportuno i tre squadroni di riserbo, ne fu impedito dalla morte, e questi perciò stettero inoperosi testimonii della mischia: s'aggiunse l'ingrossare continuo del fiume, ed un grandinare tremendo e un travolgersi di pioggia a furia, il che rese difficilissimo il passaggio delle soldatesche italiane dall'una all'altra riva. Così lo squadrone del marchese di Mantova restò quasi solo esposto alle offese di tutto l'esercito francese.

Quivi nondimeno, stante il raro valore degli uomini d'arme italiani, sarebbe durato ancora per qualche tempo il conflitto, se gli Stradiotti, ai quali era stato imposto di pigliare di fianco il nemico, non ne avessero mirato il ricco carriaggio avviato per la collina; vedere il quale, e partirsi a torme dall'assalto, e trarre nel proprio esempio altre ed altre squadre non solo dei compagni, ma dei fanti e degli uomini d'arme, fu il fatto di pochi istanti. Allora il marchese di Mantova, trovandosi stanco e sfinito dall'ineguale contrasto, pensò a ritirarsi. Senonchè questo consiglio era divenuto tanto più difficile ad effettuarsi, quanto era più mescolata la zuffa, e malagevole il guado. E già alcune sue squadre vacillavano di fuggire, e già prese da panico terrore quelle pure lasciate sopra la destra riva negli alloggiamenti rompevansi a fare lo stesso, ingombrando di carri e di artiglierie la via maestra; se per una parte il marchese con grande senno e costanza non avesse trovato modo di ritenere i suoi, e per l'altra il conte da Pitigliano, scappato durante quel trambusto dal campo francese, colle grida e

[blocks in formation]
« IndietroContinua »