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sacco e lo spavento fin sotto Pisa. Ciò fatto, ritornò addietro per accompagnare l'esercito francese, che dalla Lombardia marciava alla conquista del regno di Napoli (1).

Avevano due re fatto un segretissimo concerto di espellere da Napoli Don Federico di Aragona, il quale pocanzi vi era succeduto nel trono al nipote Don Ferdinando, e spartirsene lo Stato. Di essi re l'uno era Ludovico XII di Francia, l'altro Ferdinando il Cattolico di Spagna: quegli sotto il pretesto delle antiche ragioni della casa d'Angiò, questi sotto la scusa che, siccome Napoli era già stata sottomessa dal primo Alfonso colle forze della Spagna, così doveva ricadere alla Spagna. Il trattato, anzi il tradimento concluso tra loro, venne prima in luce, che il buon re Federico ne concepisse sospetto. A un tratto il d'Aubigny coi Francesi dall' Abruzzo, Consalvo di Cordova cogli Spagnuoli dalla Calabria inferirono guerra, quegli occupando il contado di Tagliacozzo ai Colonnesi, e concedendolo agli Orsini, questi inalberando le insegne di Spagna nelle città, che egli medesimo sino allora aveva custodito a nome del re di Napoli.

In breve ogni sforzo si ridusse attorno Capua, dove la fede e la esperienza di Fabrizio Colonna avrebbero opposto agli assedianti una resistenza degna dell'onore italiano, se il popolo tumultuante e già proclive a riversarsi sopra i difensori non lo avesse costretto a domandare di arrendersi. Però, mentre Fabrizio sugli spaldi ne sta trattando coi nemici,

(1) Ammirato, Storia di Firenze, 1. XXVII. 264. - Guicciardini, I. V. p. 320.

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questi, pigliando ardire dalla negligenza degli assediati, appoggiano pian piano le scale alle mura, le 24 luglio superano, ed in un batter d'occhio Capua è da loro mandata a ferro ed a sacco. Molte donne per salvare il proprio onore gettaronsi nei pozzi: quaranta delle più vaghe furono dal Valentino serbate ai suoi piaceri. Dei cittadini, chi avanzò dalla strage fu condotto via prigione; dei capitani, Fabrizio riscattossi a buona guerra (1): ma non cosi Ranuccio da Marciano, a cui Vitellozzo Vitelli, in vendetta del supplizio del proprio fratello, con rimedii avvelenati sulle piaghe accelerò il fine. Il buon re Don Federico, fatto miserabile spettacolo delle bizzarrie della fortuna, cercò nelle braccia di Ludovico x un asilo ed uno stato. Bentosto le discordie insorte fra i vincitori gli valsero come di vendetta e verso i principi che lo avevano spossessato, e verso i popoli che lo avevano tradito (2).

Sbrigati dalla guerra di Napoli, il Baglioni, il ViA. 1502 telli e gli Orsini si affrettarono a porre in salvo nelle loro castella la ricca preda: poscia, mossi non meno dalla propria cupidigia che dalle esortazioni del Va

(1) Sulla fine del 1502, stando il Consalvo in Barletta assediato dai Francesi, furono tra lui e il generale nemico regolate le taglie dei prigionieri così: che un fante privato pagasse di riscatto un mese di soldo, un uomo d'armi ne pagasse tre mesi, un capitano di fanteria sei mesi, ed un capitano di cavalleria dodici mesi. Quanto ai condottieri di chiaro sangue o riputazione, il prezzo del loro riscatto doveva dipendere dall'arbitrio del capitano generale. V. Ulloa, Vita di Carlo r, f. 15 (Venezia 1562).

(2) Guicciard. V. 328 Jovii, Vita M. Consalvi, l. I. P 230.

lentino, invasero la Toscana. E già, avendo occupato Cortona e la Valle di Chiana, preso Anghiari e Borgo S. Sepolcro, e ribellato Arezzo, minacciavano davvicino la città di Firenze; se i comandi espressi del re di Francia, e soprattutto le novità che in questo intervallo di tempo venivano a maturanza nelle parti dell'Umbria e della Romagna, non li avessero più che in fretta fatti tornare indietro (1).

Tornando trovarono Astorre Manfredi ucciso, i Riarii depressi, i Varani contro la pubblica fede chiusi in prigione, Giovanni Sforza esule da Pesaro, i fratelli Malatesta, il signore di Piombino e i Bentivogli spogliati, dispersi e perseguitati a morte; e tutto ciò per opera del duca Valentino. Però nissuna altra cosa quanto la indegna spogliazione di Guidobaldo di Urbino aveva messo in chiaro i fini, la perfidia e la potenza di codesto Borgia, al cui incremento avevano eglino fino allora con tutto il vigore cooperato.

III.

1502

In realtà era stato, non men che iniquo, inaspet- giugno tato l'assalto. Il duca Valentino colla scusa di voler fornire non so quale impresa, pregò Guidobaldo ad imprestargli alcuni pezzi di artiglieria; Guidobaldo non solo glieli inviò, ma fece spianare la strada per Gubbio, per Cagli e per dovunque essi avevano a passare. Ciò appunto desiderava il duca, sia per divertirne l'attenzione, sia per godere di tutti quei vantaggi e levarli á Guidobaldo. Tosto per suo ordine

(3) Machiav. Discorsi, l. I. c. XXXVIIJ. — Guicciard. V. 357.

alcune bande di fanti si recarono a Cagli per ricevervi le artiglierie, e portarle via: ma non vi erano appena entrate, che si presentava sotto le medesime mura il duca in persona partito con diecimila armati da Spoleto. Lo accolsero i cittadini amorevolmente: egli stette queto, finchè le sue soldatesche non furono reficiate, e le porte della terra occupate. Allora corse le vie armata mano, e fece gridare: viva Valenza. Nel medesimo giorno per comando del medesimo Valentino veniva comandato nel territorio di Fano un uomo per casa, due mila pedoni assoldati si stendevano tra l'isola di Fano, Sorbolongo e Riforzato, i conti di Montevecchio e di S. Lorenzo coi loro dipendenti si appostavano a quei confini, e i castelli di Verrucchio e di S. Arcangelo erano a viva forza sorpresi ed espugnati.

Tutto ciò veniva compiuto in poche ore, ma era il frutto di lunghe meditazioni e di sottili concerti. Frattanto il buon Guidobaldo era cosi lontano dal sospettare di un siffatto colpo, che mandava in dono al Valentino un superbo corsiero, e faceva accompagnare a Ferrara in segno di onore dalla propria moglie la sorella di lui. Perciò fu straordinario il suo stupore e sbigottimento, allorchè tutto ad un tratto si mirò il nemico in casa, e vide che a difendere lo Stato gli mancavano genti, denaro, tempo, armi ed artiglierie, e che il mortal colpo gli veniva da uomo, che due giorni innanzi lo aveva appellato fratello, e come fratello gli aveva chiesto aiuto e favore. Il tempo incalzava, i persecutori già instavano presso a S. Leo; ogni momento decideva di vita o di morte. Radunate in fretta le gioie e le carte più preziose,

accommiatossi lagrimando dai popoli, e con pochi seguaci a notte scura abbandonò la città, già sede di belle feste e di onesti studii, allora piena di confusione e di spavento per gente che fugge, o celasi nei monasteri, o trafuga robe e denari, mentre altri sta in ascolto per le vie, e s'accosta ai crocchi, e secondo il natural coraggio e la inclinazione dà e riceve consiglio.

Però siccome tutti i tragetti si trovavano presi dalle genti del duca Valentino e tutte le gole dei monti custodite, e tutti i luoghi forti occupati, poca speranza di scampo riluceva all'ultimo germoglio di Guido e di Federico da Montefeltro. Dopo avere errato tutta la notte fra mille pericoli e terrori per strani viottoli e scoscesi dirupi, per bontà del cielo diede nelle mani di alcuni famigli mandati apposta quà e là sotto varii travestimenti da un amico suo, acciocchè lo scorgessero a Montecopiolo. Ristoratovisi, prosegui il viaggio fino a Sant'Agata, mediocre castello tra il Montefeltro e il confine fiorentino. Finqui era stato scortato da parecchi balestrieri, e dal suo nipote Francesco Maria della Rovere, che sei anni dipoi gli successe nel ducato di Urbino, e si acquistò gran nome nel mestiere delle armi: a Sant'Agata Guidobaldo congedo ognuno, e soletto, con non più che tre compagni, dopo avere mutato vesti e cavalcatura, si avviò verso il dominio di Firenze. Di già, traversato il vescovado di Sarsina, e varcato il fiume Savio, i quattro fuggitivi erano pervenuti sotto Montegiusto nel Cesenate, quando i villani deputati alla guardia di quei passi li scopersero al guado di non so quale torrentello. Subito da ogni lato si elevò il grido

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