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il nero sotterraneo. Miserando spettacolo! Mille e più Vicentini arsi dalle fiamme, o soffocati dal fumo, o privi di aria giacevano a terra spenti. In alcuni le bocche stravolte, la fosca pelle, gli occhi schizzati dall'orbita, i nervi delle braccia e delle gambe stranamente contratti rendevano testimonianza di orribili tormenti. Taluno, nel quale la vita od a prima giunta o insensibilmente era mancata, non guasto, non rimutato nell'aspetto, stava prosteso a terra in disparte: ma i più di ogni età, di ogni sesso accalcati gli uni sugli altri ingombravano il fondo della funerea spelonca; e fredde accanto ai loro pargoli giacevano le misere madri sconciatesi nell'atroce agonia, e sotto le vesti della moglie di Teofilo Montanari avresti ritrovato le membra irrigidite de' sei figliuoletti ch'ella vi aveva nascosto. Di tanti infelici un solo, di tenera età, trovatosi per avventura dappresso a un breve spiraglio, quasi per miracolo campò. Ritornato poi alla luce tutto diverso in vista e stupefatto raccontò, come al primo divampare delle fiamme alcuni gentiluomini si erano bensì mossi per uscire e capitolare separatamente coi nemici; ma che gli altri compagni a forza li avevano tirati addietro, gridando di dovere tutti insieme vivere o morire. Cosi conseguirono la loro preda i venturieri piccardi! (1)

Del resto le fazioni guerresche di quell'anno in Lombardia si ridussero a piccoli effetti. Prese il Molard, capitano di fanteria francese, la fortissima terra

(1) Mém. de Bayard, ch. XL. p. 329.

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- Da Porto, Lett. istor. p. 188. Guicciard. IX. 27. — Bembo, X. 241. — A. Mocenici, Bell. Camerac. 1. III. k. iiii (Venezia 1525. Citansi i libri e le lettere al fondo di pagina, quando vi sono).

di Legnano; s'impadronirono i Tedeschi col ferro e col fuoco di Monselice, ricevendo sopra le punte delle picche i difensori che per cansare le fiamme buttavansi giù dai merli: al contrario i Veneziani, benchè ricavassero molto vantaggio dai contadini, i quali amavano meglio di lasciarsi ammazzare che di rinnegarne il nome, invano si sforzarono di sottomettere Verona. Quando già le artiglierie l'avevano sfasciata di un lungo tratto di muro, non fu nei fanti italiani, sdegnati per la dilazione delle paghe e confusi per la morte dei proprii capi, quella virtù che bastasse a proseguire l'assalto; talchè non solo abbandonaronlo, ma tutto l'esercito della Repubblica si sarebbe disciolto, se il Senato, sotto pena di svaligiamento, di carcere e di infamia non avesse antivenuto la diserzione (1).

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Fu la fortuna più favorevole alle schiere inviate gennaio contro il duca di Ferrara dal papa Giulio ; il quale in vecchia età, sotto nevi e freddi smisurati, e sotto i colpi nemici, fu visto disporre le artiglierie attorno la Mirandola, ordinare le soldatesche all'assalto, e farvisi calare dentro per la breccia (2). Ma, essendo succeduto al Chaumont nel comando della Lombardia il maresciallo Gian Iacopo Triulzio, non tardò a rivolgere in contrario i successi della guerra. Infatti primieramente ricuperava la terra della Concordia, poscia si insignoriva di Bologna, e da ultimo sotto le mura di questa città sbaragliava l'esercito della Chiesa

(1) Guicciard. IX. 58. — A. Mocenici, m. iii. - Bembo, XI. 281.-P. Giustiniani, XI. 455.

(2) Mém. de Bayard, ch. XLIII. p. 350.-Guicciard. IX. 101.- Bembo. XI. 299. — A. Mocenici, n. iii.

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retto da Francesco Maria della Rovere duca di Urbino e da Giampaolo Baglioni.

Vendicossi il Papa della prosperità dei Francesi, novemb. invocando contro di essi dalle Alpi Retiche diecimila Svizzeri nè senza raccapriccio potè Milano contemplare alle sue porte le loro ordinanze sventolanti ancora il medesimo vessillo, che le aveva scorte alle vittorie di Morat e di Nancy. Sopra il vessillo a lettere d'oro si leggeva: Domatori dei Principi, amatori della giustizia, difensori della Santa Chiesa di Roma. Però, se le buone difese preparate in città da Gastone di Foix e dagli abitanti, e se il valore e la esperienza del Triulzio valsero allora a respingere il fiero turbine, non perciò ne fu levato affatto il pericolo. Fra pochi mesi le stesse genti e lo stesso vessillo dovevano riapparire a spavento della Francia e dell'Italia nei campi di Novara e di Marignano (1).

IV.

Sotto ben altri auspizii si aperse il nuovo anno A. 1512 1512. Il vicerè di Napoli D. Raimondo Cardona, capitano supremo dell' esercito alleato della Chiesa, dei Veneziani e della Spagna, approssimò il campo a Bologna ma intantochè sta disputando vanaente con Fabrizio Colonna e Giovanni Vitelli e Malatesta Baglioni e Pietro Navarro del luogo e del tempo e del modo di dare l'assalto ad essa città, Gastone di Foix fulmine di guerra vi accorre, e l'assi

(1) Bembo, XI. 362. 1511, citando una cron. ms.

Guicciard, X. 229. Murat. AA,

cura dagli insulti ostili: quindi torna addietro, ricupera Brescia, e tosto rientra negli Stati della Chiesa, e accosta l'esercito a Ravenna. Perciò sotto queste mura si ridussero le sorti della campagna.

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Due fiumi, il Ronco e il Montone, bagnano, quello alla mano destra, questo alla sinistra di chi riguarda il mare, le mura di Ravenna; inferiormente alla quale città l'uno entra nell'altro, e così proseguono finattantochè gettansi con una sola bocca nell'Adriatico. S'era il Foix attendato nello spazio compreso tra i due fiumi superiormente alla città, e già ne avea colle artiglierie battuto molto gagliardamente le fortificazioni; allorchè l'esercito della Lega, varcato il Ronco 10 aprile sotto a Forlì, e costeggiatane la sponda destra, venne a fermare verso notte i proprii alloggiamenti al Molinaccio, tre miglia sopra Ravenna. Intendeva con ciò il vicerè di costringere il Foix o a sciogliere l'assedio con vergogna, o ad ingaggiare battaglia con isvantaggio. A questo fine i confederati cinsero tre lati dell'accampamento di un fosso largo e profondo quanto il permetteva l'angustia del tempo; il quarto lato, come abbastanza coperto dal fiume, fu da essi lasciato intatto.

Ciò saputo, il Foix raduna nel più fitto della notte il consiglio dei suoi capitani, e li persuade ad assalire il nemico. Detto fatto, allo spuntare dell'alba getta un ponte sul Ronco un miglio sotto agli alloggiamenti degli alleati, e lo passa senza ostacoli; quindi, appoggiando l'ala destra al fiume, dispone le soldatesche a battaglia in ordine quasi ad esso perpendicolare. Accanto il fiume si schierò il duca di Ferrara con 700 lancie, colle artiglierie e coi fanti tedeschi a

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sinistra del duca, seguitando la linea, si posero le fanterie francesi in numero di ottomila uomini tra Guaschi e Piccardi, e le italiane, che montavano a cinquemila uomini, ed erano rette da Federigo Gonzaga signore di Bozzolo; venivano poscia tremila tra arcieri e cavalleggeri : l'estrema punta di tutta l'ordinanza, che distendendosi molto nella campagna, e piegandosi ad arco giungeva quasi alle spalle del nemico, era formata da 600 lancie, il fiore della francese nobiltà; ed il signore della Palissa le comandava. Stettero nel retroguardo, allato al fiume, 400 lancie sotto il governo di Ivone d'Allegri.

A codesta ordinanza, che, per essere troppo sparta nè abbastanza provveduta di riserva, peccava di debolezza, un'altra peggiore, ma affatto al contrario, opposero gli alleati. Infatti si restrinsero essi tutti in tre squadroni paralleli dentro il breve spazio dei proprii trincieramenti. Nel primo squadrone stettero 6000 fanti e 800 lancie capitanate da Fabrizio CoJonna; le artiglierie più grosse vennero collocate dinanzi alla fronte degli uomini d'arme, le minute che erano trascinate sopra carrette guernite di un lungo spiedo, furono disposte innanzi ai pedoni. Il secondo squadrone comandato dal vicerè e dal marchese della Palude fu composto di 600 lancie e di 4000 fanti spagnuoli. Nell' ultimo squadrone si noverarono 400 uomini d'arme spagnuoli, e 4000 fanti; e dietro ad essi Alfonso d'Avalos marchese di Pescara, giovinetto di straordinaria espettazione, schierò i suoi cavalleggeri. Pietro Navarro spagnuolo, che dagli ultimi gradi della milizia era salito ad alta fama e dignità per la rara sua destrezza nell'oppugnare le piazze,

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