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Mentre le compagnie di ventura in Italia spegnevano la libertà, in Francia crollavano il feudalismo. Quivi la necessità di milizie mercenarie propria di cotal sistema, da molte e gravissime cause era stata aggrandita. Infatti le infelici spedizioni di Terrasanta, e le romanzesche imprese dei Normanni vi avevano rovesciato un'infinita copia di venturieri; e questi avevano poi trovato nutrimento nelle misere condizioni dello Stato, dentro il cui seno la interminabile contesa coll'Inghilterra era come una piaga ognora aperta e pullulante di funesta sanie. Altri venturieri aveva assoldato l'un re per combattere il re nemico oppure i sudditi ritrosi; altri ne avevano stipendiato i baroni francesi affine di lacerarsi tra loro, ovvero di opporsi al legittimo principe sotto spezie d'indipendenza o divozione verso il principe nemico. Per lo che vedevansi i mercenarii secondo l'occasione ora in grosse schiere combattere nei regii eserciti, ora in bande separate scorrazzare le campagne e campeggiare le piccole terre per conto di qualche signore, ora a proprio nome spargere il sacco e la rapina, pronti semi

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pre, tostochè la compagnia si sciogliesse, a passare dal mestiere di soldato a quello di vagabondo, e da questo all'assassinio. Nè somministravano piccolo fomento al mal seme le divisioni fisiche dello Stato; nel quale mille privilegi e mille immunità ed usurpazioni sceveravano dal pubblico bene il privato così, che la tirannide era in cento mani, il governo in nessuna.

Finalmente il re di Francia Giovanni essendo stato 19 7bre vinto e fatto prigione a Poitiers dagli Inglesi, ogni freno fu rotto. I venturieri licenziati dai vincitori, non pagati dai vinti, trovavano il regno privo di capo e straziato dalla guerra civile, la borghesia sollevata, la nobiltà avvilita e sospetta, e contro di essa la plebe tumultuante col sangue e cogl'incendii; infine finanza, esercito, onore, ordini civili e giudiziali, ogni cosa sciolta, confusa o annichilata: e con quell'impeto vi si avventavano sopra, che dà la certezza di non trovare contrasto. Però un Roberto Knolles, cavaliere inglese, disertava colla sua compagnia la Normandia; un Griffith gallese scorreva sin sotto le mura di Parigi, d'Orleans e di Chartres, e, divise le genti in piccole squadre, infestava la contrada tra la Senna e la Loira. Più faA. 1357 moso d'ogni altro fu Arnaldo di Cervoles, arciprete di Verny (1). Costui avendo ingrossato smisuratamente la schiera accogliticcia, colla quale sotto gli stendardi di Francia aveva combattuto a Poitiers, avviolla verso la Provenza, paese al quale non avresti ben saputo se la presenza del papa aggiungesse più ricchezze, o la

(1) Era nativo del Périgord: onde il buon Matteo Villani lo chiamava l'Arciprete di Pelagorgo. Il signor de Zur-Lauben ne compilò la vita (Bibliot, Milit. t. II. Mém. sur Arnauld de Cervole, dit l'Archiprêtre).

lontananza dei suoi principi naturali generasse più confusione. Queste cose Arnaldo conosceva ottimamente, e rappresentolle a'suoi seguaci; quindi traversa la Sorga, e preceduto da gran terrore s'avvicina ad Avignone. Aveva bene il sommo pontefice Innocenzo VI mandato lettere in fretta al re di Francia prigioniero, supplicandolo a reprimere la baldanza di quei suoi soldati, che nel comune sterminio pareva che aggravassero la mano specialmente su quanto è nel mondo di più riverito (1). Ma che valevano mai le parole di Innocenzo VI, che avrebbero potuto valere quelle di Giovanni di Valois con gente ordinata a quel modo? Innocenzo, posciachè non poteva nè stornare nè combattere il male, gli si piegò: laonde fu visto Arnaldo di Cervoles colla sanguinaria sua brigata entrare trionfalmente in Avignone, e pranzare a guisa di principe molte volte presso il papa ed i cardinali, nè partirne senza il presente di quarantamila scudi, e la generale perdonanza di tutti i suoi misfatti (2).

Uscito dal territorio di Avignone, Arnaldo si rivolse sopra la Borgogna; e tosto gli succedeva in Provenza la compagnia della Rosa. In capo a 17 mesi, essendo mancata materia al saccheggio, anche questa se ne allontano: ma ecco ritornarvi a dispetto dei patti il formidabile arciprete. Frattanto sotto il nome del re di Navarra, di Francia o d'Inghilterra, i governatori delle provincie e i capi delle armi regie vi avevano introdotto il costume di scorrere armata mano la con

(1) Raynald, Ann. Eccles. A. 1357. §. 3.

(2) Froissart, Chr. t. I. ch. CLXXVII.-J. de Muller, Hist. des Suisses, t. V. L. II. c. V.-M. Vill. VII. 87. 96. VIII. 8. 10. 50. 54. 96. IX. 109. De Zur-Lauben cit.

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trada a guisa di compagnie. Un Francesco Hennequin tedesco desolava i contorni di Laon con tale ferocia, da eccitar meraviglia anche in quei tempi: un Eustachio d'Aubrecicourt esercitava i suoi furori nella Bria e nella Sciampagna; e le terre di Clermont, Damery, Epernay, Vertus erano spogliate dalle compagnie navarrine, che, dopo avere sorpreso e saccheggiato Auxerre, ne rivendevano le nude mura ai cittadini (1)..

Invano le misere provincie sperarono dal buon volere dei principi il termine di tante sciagure. Da 8 mag tutti invocata, la pace di Brétigny non fece che riac4360 cendere l'incendio mediante l'aggiunta di tutte le

squadre per ciò appunto licenziate da entrambi i re. Delle guarnigioni di Picardia, Sciampagna e Borgogna un Bertrando di Crequi formò la Compagnia bianca: di quelle del mezzodi formossene un'altra, che scorse a devastare la Provenza e la Linguadoca: una contessa di Harcourt rizzò bandiera di ventura, all'intento di vendicare l'uccisione del proprio marito; le compagnie dei Brettoni e dei Guaschi si spinsero fin sotto a Parigi; in somma a tal potenza pervenne la compagnia dei Tardi venuti, governata da un Seguin di Badesol cavaliere guascone, che il re mandolle contro con dodici mila armati Iacopo di Borbone conte della Marca.

Presso a Brignais, città distante tre leghe da Lione, s'erano i venturieri in novero di sedici mila disposti 4351 metà sopra un colle, metà in agguato dentro la val

2 aprile

(1) Sismondi, Hist. des Franç. t. X. p. 507. 548.- Daniel, Hist. de France, t. II. Mézerai, Abrégé Chronol. t. II.

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