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Mentrechè un'audacissima schiera di ventura scorreva armata mano le provincie dell'impero d'Oriente dal Tauro al Pireo, nelle città d'Italia andavano a gran passi declinando insieme colla libertà quelle milizie che n'erano il naturale sostegno. Già i piccoli Comuni erano stati come inghiottiti dai più grandi, e la più parte di questi, oppressi dalle arti o dalla violenza di un podestà oppure di un capitano, o vi giacevano sotto, o stavano per cadervi. Questi reggimenti poi di un solo, che noi chiameremo tirannidi sia per la instabilità e ambiguità loro, sia pei modi adoperati a pervenirvi, sia per quelli che si impiegavano per mantenervisi, avevano di proprio l'uso di mercenarii; perchè contro a cittadini prima lusingati e traditi, poi straziati e oppressi, chi s'attentava di opporre altri cittadini? I mercenarii servivano volontieri a chi pagava: i mercenarii non erano passati dal comandare oppure dall'essere libero all'obbedire: i mercenarii non avevano nelle città congiunti, non patroni, non amici, non fazione: aggiungi a tutto ciò l'inclinazione ingenita a tutte le soldatesche per l'assoluto imperare.

Così le schiere di ventura spensero la libertà in Italia, e furono i fondamenti delle signorie del xiv e xv secolo.

Già il lungo uso aveva procacciato agli stipendiarii alcuna forma e consistenza. Quelli a cavallo dividevansi in conestabilie o bandiere di 20, 25, e fin 50 uomini : non accettavansi a' soldi prima di passarli in mostra, e visitarne e descriverne le arme, le persone, i destrieri e gli arnesi (1): il nome di masnada comprendeva indifferentemente le soldatesche piè e a cavallo. Del resto le paghe ormai erano giunte a tal segno, che molti abbracciavano di già la milizia per mestiere, e le città con gravi pene lo dovevano spesso impedire per ovviare al pericolo di venire affatto abbandonate da tutti i cittadini atti alle armi (2). Comunemente il nerbo delle masnade stipendiarie era formato di fuorusciti, ladri, vagabondi e disertori italiani: ma attorno alla persona del signore, quasi come suo braccio e anima sua, stava al continuo una potente squadra di stranieri, Aragonesi, Borgognoni, Provenzali o Tedeschi. Di questa soldatesca ei solo teneva il comando; all'altra preponevasi il più sovente un nostrale (3). Quanto alle milizie cittadine erano esse ado

(1) Cantinelli, Chr. p. 271. (R. Favent. Script.).

(2) A Nizza il Podestà giurava di togliere il valsente di 100 soldi, o devastare i beni pel doppio di essa somma a chiunque andasse a servigio straniero. Statut. Niciæ, p. 67 (Monum. hist. patr. legg.)

(3) Tale era l'ufficio di Maghinardo da Susinana e di Nello di Massa nel 1305 e nel 1311, presso i signori di Ferrara e di Milano. Ferret. Vicent. Hist. II. 981. Joh. de Cermenat. Hist. c. 41. 64 (R. I. S. t. IX).

perate il meno che si poteva, e solo contro a nemico esterno; venne poi tempo che il loro servigio fu valutato in denaro, e col denaro si riscattò.

Ben è vero, che alcune poche città parevano destinate a conservare l'antica indipendenza, non ostante i continui assalti dei tiranni vicini. Ma con nessune altre armi doveano elleno mantenerla, se non se colle mercenarie. Un secolo innanzi il popolo era indotto a militare a piè dall'utile e dal pericolo proprio e della patria, i grandi a cavallo dall'onore. Ora, se le stragi civili, gli esigli e gli ordinamenti di giustizia avevano soffocato tutti questi nobili incentivi, l'uso de' mercenarii introdotto presso i signori di Milano, di Lucca, di Verona e di Ferrara, li spense affatto. Infatti lo stimolo, che pungendo il cuore de' giovani, li traeva desiderosi sui campi di guerra a cavallo, era la carità d'una patria, di cui erano parte e reggitori, era l'emulazione, era la cupidigia di gloria. Combattere sotto le insegne, veggenti i padri e le spose, disfidare a battaglia i cavalieri nemici, e od averne illustre vittoria, o certo non riportarne inonesta sconfitta, questo era il pensiero che faceva sopportare agevolmente qualsiasi spesa e travaglio. Ma allorchè guardandosi attorno, si conobbero cinti di signorie fondate sopra soldatesche prezzolate, e scorsero nei combattimenti star loro innanzi uomini perduti, a cui il denaro era patria e legge, e che sospiravano l'occasione di farli prigionieri per ritrarne a forza di torture un opimo riscatto; allorchè videro la guerra non offrir più che od una vittoria senza fama od una rovina senza compenso, mancò la fiamma che li av

vivava, e come vile e funesto abbandonarono l'esercizio delle armi (1).

Del resto nè anco i Comuni erano stati restii a valersi de' mercenarii, sia per accertare l'esito di alcuna grande intrapresa, sia per resistere a strapotente nemico, sia per tenere in divozione le città del dominio, o per non consumare i cittadini col peso soverchio delle cavallate (2). S'aggiungevano a ciò le guardie prezzolate dei re angioini e svevi, le masnade de' podestà e dei capitani del popolo, le squadre che si serbavano a stipendio per assicurare il buon ordine interno. S'aggiungevano gli esempi delle milizie cittadine di Milano, di Verona, di Ferrara e di Modena, oppresse dagli stipendiati dei Torriani, dei Visconti, degli Scaligeri, degli Estensi: a tale essere ridotto l'onore delle repubbliche, che di due venturieri catalani l'uno veniva chiamato podestà di Reggio, all'altro era conferito il comando di due sestieri di Firenze (5); oramai per tanto sangue sparso, per tanto (1) « Dim. Or dimmi; in quelle armate vannovi de'Fioren

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tini a piè?

Risp. Dicoti che solevano usare andarvene assai; ma quando erano presi, perchè sono ricchi e sono temuti, erano fatti ricomperare molti denari, e per questo la città ha veduto che è più utile avere altra gente, e i detti cittadini paghino i denari del loro soldo». Dati Cron. p. 37. (Firenze 1735.)

(2) «In casu necessitatis ponantur potius soldati,

quam ca« vallaria; maxime ex eo quia pro cavallariis consueverunt « destrui domus et bona civitatis et districtus Vercellarum »>. Statut. Vercell. f. LIX.

(3) Alb. Mussat. Hist. Aug. L. XIII. Rub. 4. — Memor. Potest. Regiens. p. 1172 (R. I. S. t. VIII)

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