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MUSEO

DI

SCIENZE E LETTERATURA

NUOVA SERIE

VOLUME IX.

ANNO III.

NAPOLI

1846

Le scritture pubblicate nel Museo di Scienze e Letteratura appartengono in proprietà ai compilatori e ai direttori proprietarii dell'opera. Saranno quindi perseguitati in giudizio come contraffattori, a' termini delle leggi vigenti, coloro che ristamperanno alcun Articolo tolto dal Museo senza speciale permesso.

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DIODORO SICULO (*)

Lo stile di Diodoro è facile, chiaro,e senza affettazione:
il suo giudizio è sano, loda e biasima con impar-
zialità, le sue espressioni sono comuni senza essere
triviali, e si mostra uomo di buon senso e di pro-
bita.
St. Croix. Degl' istorici d'Alessandro.

UANDO si porta l'attenzione sul carattere che riveste I letteratura del nostro tempo con più o meno vigoria in tutte le nazioni incivilite, un doppio aspetto si pre

senta all'osservatore, che sembra contradittorio a prima vista, e che non può ricevere soddisfacente. spiegazione che risalendo in una più alta regione ove l'anomalia scomparisce e il tutto è lumeggiato con rientrare in una legge più universale. Ciò che sembra una contradizione si è che mentre la scuola romantica presa nel suo più largo significato, domina nelle produzioni letterarie, si riproducono con fervore i classici, particolarmente gli antichi, ed ogni nuova edizione o nuova traduzione è considerata e celebrata come un avvenimento nel mondo letterario. Ora se sembra che la disposizione degli spiriti è di seguire il romanticismo, il cui principio più essenziale è di staccare lo spirito umano dalle classiche tradizioni, considerare la loro autorità come una idolatria atta solo ad arrestare lo svolgimento dell'intelligenza ed a sagrificare l'invenzione all'imitazione e il libero sviluppamento del genio a'ceppi

(*) Nuova traduzione di Diodoro Siculo con prefazione e note di Federico Hoffer: Parigi 1846.

dell' erudizione, come conciliare queste dottrine, che tenderebbero a proscrivere i classici, con la frequente loro riproduzione accolta con favore da quello istesso pubblico dominato dalle dottrine che esponemmo ? Quando eravamo occupati a cercare il punto ove si conciliava questa contradizione, avemmo la fortuna di leggere in un giornale una lettera del celebre Manzoni sul subbietto, e vi trovammo splendidamente sviluppato quello che noi ricercavamo; per cui qui riporteremo il passo che vi si riferisce. Ecco quello che egli dice sulla quistione del merito degli antichi classici, come opposto alle pretensioni dei romantici:

« Gli antichi, o i più lodati tra essi, sono stati appunto' eccellenti perchè cercavano la perfezione nel soggetto stesso che trattavano e non nel rassomigliare a quei che ne avevano trattato dei simili, e quindi per imitarli nel senso più ragionevole e più degno del vocabolo, bisogna appunto non cercare d'imitarli nell'altro senso servile. » Ed indi negando che i romantici proscrivevano lo studio dei classici, ne fa vedere l'utilità, e così si esprime: << Sapevano essi (e chi l'ignora?) che l'osservare in noi i'impressione prodotta dalla parola altrui, c'insegna, o per dir meglio, ci rende più abili a produrre negli altri impressioni consimili; che l'osservare l'andamento, i trovati elo svolgimento dell'ingegno altrui, è un lume al nostro, che ancor quando l'ingegno non ponga questo studio nella lettura, ne resta senz'avvedersene nutrito e raffinato; che molte idee, molte immagini, che esso approva e gusta, gli sono di scala per arrivare ad altre; insomma che per imparare a scrivere bisogna leggere, come ascoltare per -imparare a discorrere. >>

Da questo luminoso luogo risulta che la contradizione che segnalammo non è che apparente, mentre la radicale discrepanza non esiste che negli esclusivi delle due scuole. In effetto se i pedanti del classicismo sostengono che le vicende si svariate del mondo non hanno nulla aggiunto, nulla modificato alle idee come alle forme e che se non si accettano lé idee dei classici, come vere, e le loro forme come solo belle, e non si conviene che si trovino in essi tutte le scoverte moderne nei rami diversi dello scibile, si è egualmente incapaci di penetrare nel vero, e di gustare il bello; è semplice che i romantici, come avviene sempre,

per rispondere con lo stesso tuono a delle dottrine st strette e si assolute dicano a' classici, essere un assurdo voler prender per modello a tempi nostri e come fonti del vero e del bello, autori che apparteneveno a delle società che per le loro credenze, le loro idee, i loro costumi e l'insieme del loro stato sociale non potevano che avere idee false e incomplete sul vero, mentre ignoravano dell'uomo, della sua origine e de' suoi destini tutto ciò che noi sappiamo. Ora se la letteratura è l' espressione di una società, cosa poteva essere quella di una società, che mancando del vero, era barbara nella sua civiltà stessa e ignorava delle nozioni morali comuni oggidì, come dei processi di arte e di scientifiche applicazioni, che non sorprendono più niuno tra noi. Per cui una società in cui s'ignorava l'uomo nella sua origine, e nei suoi destini, e in cui la natura aveva conservati i suoi segreti perchè poco o male interrogata, non poteva dar vita che ad un bello di convenzione, in relazione con il suo stato e non un modello eterno per tutti, e perciò la società moderna potrà progredire quando avrà posta soluzione di continuità fra la coltura antica e la moderna. Se non vi fosse che queste due opinioni sulla quistione tra i due generi di letteratura, niun dubbio potrebbe sorgere che il fatto che segnalammo, manifesterebbe una inesplicabile contradizione; ma non è così, e vi sono due modi di giudicare il subbietto meno esclusivi, e che sono lumeggiati dai luoghi riportati.I cultori delle classiche produzioni accettano che il tempo, gli avvenimenti, le credenze diverse da quelle che predominavano nell'antichità, hanno prodotto bisogni morali più alti nelle moderne società, ma ritengono che vi è nella nostra natura un elemento permanente, dal quale deriva una conoscenza del vero e del bello, che la sola forza della ragione coltivata può raggiungere, e che l'antichità aveva nelle sue classiche produzioni posto in lume, le quali dovevano a ciò l'aver conservato vita e vigo. re nei secoli posteriori, in cui la parte contingente era stata si potentemente modificata, ed era precisamente quest' accordo dei grandi autori di tutte le epoche che aveva mostrato essere essi della stessa famiglia, malgrado le loro differenze ed avevano con il loro accordo fermato, che vi erano dei principii inconcussi sul vero come sul bello; e dal tutto conchiudevano che non era sta

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