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mento. Per ultimo, a quello che'l pontefice proponeva del presto fine per ischifare i pericoli o della sospensione o della dissoluzione, non abbisognare altra risposta, avendo già il re comunicato a sua santità per opera de' suoi ambasciadori in Roma ciò che riputava intorno al modo di finire il concilio: ma de'commemorati due rischi non temere il re, perch'egli dall' un de'lati certamente non avrebbe consentito a sì fatte cose; dall'altro non potevano elle avvenire se non per autorità del pontefice, il quale, antivedendone i sommi danni, non era credibile che mai vi si disponesse.

Ed è consueto che siano armi senza punta le minacce espresse o tacite di que' mali che nocerebbono altresì al minacciatore, ov' egli non sia in opinione di forsennato o per leggerezza di mente, o per gravezza di passione.

Questi erano i sensi de'principi intorno al concilio: fra' quali i Veneti s'illustrarono (1) in dimostrare e al papa in Roma, e a'Legati in Trento zelo della ce

(1) Lettera de' Legati al cardinal Borromeo de' 4 di novembre 1563.

T. XII.

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lerità, e prontezza all'aiuto. Il giorno ormai imminente della sessione incitava i presidenti alle più sollecite diligenze. Teneansi assidue ragunanze, nelle quali si erano portati i decreti secondo l'ultima correzione. Ella erasi fatta, come narrossi, con tal ordine preso nella congregazion generale, che dovesse regolarsi dai pareri scritti, i quali avrebbe consegnati ciascun de padri, e non dalle note tronche e fallaci de❜segretarii. E ciò avea poi data materia sì d'accusa, quasi i nuovi decreti non siconformassero alle profferite sentenze, il che fu purgato; (1) si d'ombre, quasi alcuni avessero tirati altri a quella variazione movendo più gli affetti che gl'intelletti, il che rimaneva nell'incertezza, come avviene; sì di lite, quasi i giudicii poi rimutati in iscritto non avessero valore di rivocare i pronunziati d'avanti nell'assemblea: il che non fu riputato strignente, essendo lecito sempre il cambiar parere fin alla sessione.

Ora perchè in molti capi trovavasi che le più sentenze eran per l'una parte, ma insieme un numero grosso per

(1) Atti del Paleotto.

l'altra,

i deputati, (1) affinchè ciò fosse noto a ciascun de' padri, a' quali comunicavasi il nuovo modello per darne l'ultimo giudicamento nella congregazione, notavano in margine d'ogni articolo quanti ed in che vi dissentissero.

Per esempio. Desideravano molti nel primo, che l'ordinar la forma d'eleggere i vescovi si rimettesse al papa.

Nel secondo, che si togliesse la suddetta obligazione a' vescovi d'andare a rendere ubbidienza agli arcivescovi.

Nel quarto, il qual ora è il quinto, che le cause minori de'vescovi, per fallo il qual non meriti deposizione o sospensione, fossero conosciute dal sinodo provinciale.

Nel nono, (si annoverano qui da noi secondo l'ordine in cui stavano allora, non secondo quello in cui furono ultimamente ridotti coll'aggiunta d'uno il qual prima se n'era tolto) che ne' vescovi la podestà di visitare non s'intendesse intorno alle chiese soggette a' capitoli generali.

Nel diciottesimo, che gli esaminatori non s'eleggessero dal sinodo particolare,

(1) Atti del Paleotto e di castel S. Angelo tomo ult., pag. 271 a tergo.

ma dallo stesso ordinario, al quale apparteneva il dare i beneficii.

Nel decimonono, che i mandati di provvedere si mantenessero in costume per le persone povere, e dotte.

Ma principalmente nel quinto, che ora è il sesto, fu grandissima lite: però che alcuni voleano che fossero sostenute l'esenzioni di quelle collegiate, le quali soggiacevano ad università, e ciò per rispetto dell'accademia d'Alcalà, come fu veduto. Era il principal fautore di questa parte Andrea di Cuesta vescovo di Leon, a cui accostavansi il Mendozza, ed altri assai: ma i parziali dell' università emula, cioè di Salamanca, vi ripugnarono, e principalmente il Granatese, il qual disse, che parlava per salvarne da pregiudicio gli arcivescovi di Toledo e di Siviglia, come quei che avevano studii generali nelle loro diocesi, ed annoverò tutti gl'inconvenienti di così fatte esenzioni. Il che rivolse molti, e ne avrebbe rivolti assai più, se il poco amore degl' Italiani verso il Guerrero non avesse in parte ammaccato appo loro il vigore delle sue esortazioni: non essendo indirizzato a muover solo le volontà, ma

gl'intelletti quell'ammaestramento de❜retori, che 'l dicitore si procacci benivolenza.

Tornandosi da capo a dire i pareri, l'arcivescovo (1) d'Otranto ricordò per equo che i vescovi isolani, come soggetti agl' impedimenti del mare, fosser privilegiati di potere intervenire a'sinodi provinciali per procuratore.

Il cardinal Madruccio non approvò l'eccezioni che si ponevano intorno alle prime instanze riserbate all' ordinario. Confessar lui che 'l pontefice avea podestà di conoscerle, ma per gran ragione e parcamente. E affermò, che, se l'imperadore, il qual era il sommo tra' laici, avesse voluto in Germania rivocare a se da altri una causa in prima instanza, forse non gli sarebbe stato permesso.

Era piaciuto alla maggior parte, come notossi, che si facesse una separata riformazione de' cardinali: (2) e quantunque non pure la facultà, ma le commessioni venute dal papa inclinassero a que

(1) Atti del Paleotto.

(2) Sta nella relazione fatta dal cardinal Morone della sua legazione al concilio.

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