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nore fra le cagioni che non gli calesse poi di promuovere a maggior salita quella sua

creatura.

Ma, tornando alla narrazione intralasciata, il Granatese riprovò (1) quel mutamento di riformare i cardinali più tosto per incidenza che per intento: dicendo che, se i cardinali fossero stati semplici consiglieri del papa, se ne sarebbe potuta lasciar l'elezione al suo mero giudicio; ma essendone insieme elettori, e perciò appartenendo l'autorità loro a tutta la Chiesa, convenia parimente a tutta la Chiesa il prescriverne per professione e non per trascorrimento l'età, i meriti, le doti, e i paesi.

Fra Bartolomeo de' Martiri, arcivescovo di Braga, dianzi tornato di Roma, riferi maraviglie in lode del papa e del suo gran zelo verso la riformazione, e specialmente verso quella de' cardinali; nè in ciò aver sè potuto pigliare inganno, perchè era penetrato ne' più intimi sentimenti del pontefice. Dipoi esaltò con illustre preco

(1) Tutto ciò che segue appresso sta o negli Atti del Paleotto, o in quelli del vescovo di Salamanca, o di Castello.

nio l' innocenza e la probità del cardinal Carlo Borromei suo nipote, tanto che giunse a dire gl'impedimenti della buona riformazione non procedono dal papa, non dal nipote, ma da noi. E soggiunse, quindi ei prendere animo d' applicarsi con tanto più studio e fervore a pensare ed a parlare in consiglio di si grand' opera. Ciò che più di notabile udissi ne' suoi concetti, fu il riprender agramente i mandati di provvedere in forma di povero, com'eran detti: nella distribuzione delle prebende volersi mirar la dottrina e la virtù, non la povertà, convenendo di provvedere agli ufficii, non alle persone: il sovvenimento de' poveri doversi fare con le limosine, non co'beneficii.

L'Aiala vescovo di Segovia parve, al solito suo, venir con la bocca si guasta, che ogni messo gli dispiacesse: ed espose questi suoi sentimenti con le più dispettose forme. Riprovar egli tutta quella riformazione come difettuosa in più luoghi : averne già dette le ragioni nel preceduto suo parlamento: ma in quella assemblea le sentenze numerarsi, e non ponderarsi. E dopo aver aspramente notate varie cose

ne' più de' proposti capi, conchiuse ch'egli non consentiva a quei decreti, perchè i deputati non eransi scelti egualmente di tutte le nazioni; perchè molto vi s'era aggiunto e levato contra il senso de' padri; e perchè i giudicii non erano stati raccolti in forma sinodale, ma dati privatamente; onde non si doveano tenere in conto: ed eran diversi dalle note fattene pe' segretari. Per tanto, che s' egli per disavventura impedito da malattia non potesse intervenire alla sessione, già da quell'ora protestava di nullo valore, e ricercava i notai del concilio a registrar questo suo protesto (il (1) qual ei diè scritto) negli Atti. Cotal suo dire parve universalmente dettato non dalla dottrina, ma dalla passione dell' uomo: imperocchè, eziandio se le cose da lui opposte fossero state a pieno vere nel fatto, nulla montavano; essendo in facultà libera del convento e il deputare chi gli piaceva, e o il riprovar poi sempre ciò che i deputati avessero legittimamente divisato, o per contrario l'approvare ciò che per loro si fosse men

(1) Sta nell'ultimo tomo degli Atti di castello alla pagina 180, e nelle seguenti.

legittimamente disposto. L'acerbità dell'Aiala diede cagione al primo Legato d'ammonire i padri nella seguente adunanza, (1) che s'astenessero dalle invettive: però che altrimenti chi le facesse, sarebbe scacciato dall'assemblea.

Il cardinal di Loreno, ritornato dopo il cominciamento di questo novello scrutinio, parlò quasi ultimo di tutti, e fece principio al suo ragionamento con dire: ch' egli tre cose aveva desiderate dapprima: una piena autorità dal canto del pontefice; una gran fedeltà ne'Legati; ed una perfetta carità, pietà, e notizia degli affari ne' padri: le prime due già non mancare: onde restava che i padri, secondo lor possa, concorressero con la terza. E qui formò una copiosa laudazione di Pio IV, zelantissimo della religione, della disciplina, e del publico bene, pronto d'andare in Francia, in Ispagna, e dove convenisse per salute e pro della Chiesa. Se il pontefice in queste virtù erasi renduto ammirabile all' arcivescovo di Braga uomo tutto infervorato di zelo, pensasse

(1) Negli Atti di castello a'5 di novembre.

ro qual fosse paruto alla tiepidezza sua. Niuno de' suoi viaggi essergli riuscito più felicemente di questo. Non rimanere a' padri scusa di non proseguire una perfetta riformazione; avendo protestato sua santità nel concistoro, che la voleva, e forte parlato contra quei cortigiani, i quali per loro interesse parea che vi resistessero. Doversi pregar Dio per la lunga vita d'un tal pastore, e attendere unanimamente alla perfezion del concilio senza più contenzioni. Portar egli grand' amore all'Italia, sì per riverenza della sede apostolica, sì perchè discendeva da progenitori siciliani: grande alla Spagna che in quel tempo era il propugnacolo della fede: grande alla Francia sua patria: onde confortargli, che senza veruna parzialità, o discordanza d' animi finissero il lavoro, e si separassero di persone. Commendò anche molto i Legati. Qual fosse l'affetto loro verso una santa riformazione, scorgersi ne' capi che avean proposti. Di poi essersi mutate più cose, ma dagli altri, non da essi, e per avventura non in meglio. I canoni de' quali allora si dicean le sentenze, allargar più veramen

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