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a' Legati dal cardinal Borromeo (1), con ordine dato dall'infermo pontefice, che procedessero per ogni modo alla conclusione, affinchè per isventura la sua morte non lasciasse l'eredità d'una scisma alla Chiesa, appiccandosi lite fra il collegio e il concilio sopra la podestà d'eleggere il

successore.

I Legati subitamente chiamarono (2) i due cardinali con gli ambasciadori di Cesare e del re Filippo, e gli confortarono a promuover la conclusione per sottrarre la cristianità al prossimo rischio d'infinite sciagure. I cesarei, benchè prima sì frettolosi, in quest' improviso frangente domandarono tutto quel giorno a deliberare. Indi convocati da capo la mattina appresad una congrega di tutti gli oratori,

so,

rate venissero a' Legati, ma da' registri di palazzo appare il contrario.

(1) Questa lettera fu scritta a' 27 di novembre, e non è nel registro: ma se ne fa menzione nella seguente de' 29 di novembre, e in una particolare altresì de' 29 di novembre scritta dal Gallio segretario del papa al cardinal Morone.

(2) Due lettere de' Legati al cardinal Borromeo del primo di dicembre, benchè la seconda veramente fosse scritta a' 2 di dicembre 1563.

e di forse cinquanta principali prelati, rendettero risposta di consentimento. In ciò tutti gli altri convennero: solo il conte di Luna co'suoi Spagnuoli e con tre Italiani durò nella resistenza, ma insieme, per levare ogni seme di scisma, (1) lesse a' prelati sudditi del suo principe una vecchia lettera regia, nella quale dichiaravasi, che, occorrendo questo caso, l'intenzione di sua maestà era, che il papa fosse eletto da' cardinali nella solita forma. A questo il Granatese, primo fra gli Spagnuoli, rispose, che mai non era nato nella sua mente pensier diverso: e concordevolmente parlarono tutti gli altri. Nella stessa dichiarazione concorsero gli ambasciadori imperiali verso i prelati sudditi di Ferdinando, riserbandosi con tutto ciò di mutarla, dove fosse venuto a loro diverso comandamento. Il che non solo non accadde, ma fu da Cesare approvato (2) quanto da lor s'era fatto: benchè per contrario nelle antecedenti lettere, prima di

(1) Scritture nominate, ed Atti del vescovo di Salamanca.

(2) In una poscritta ad una lettera di Cesare agli oratori da Vienna a' 10 di dicembre 1563.

sentire il pericolo del papa, gli avea ripresi che troppo sollecitassero, amando egli maggiormente nel sinodo la prolungazione di quattro o sei settimane più, dove con ciò si ottenesse che nulla fosse intralasciato, e tutto fosse maturato. Il che insieme con altre significazioni di Ferdinando fe conoscere, che il Delfino troppo avanzò figurando a' Legati così gran fretta in quel principe di vedere il concilio finito nella sessione già narrata degli undici di novembre, con dinunziar loro che, s'egli ciò non otteneva, era pericolo che rivocasse l'assenso alla conclusione. La qual dinunzia insieme con la prenunziata partenza del cardinal di Loreno, che aveva già inviati gli arredi e parte della famiglia, fu il pungiglione che pose in corso il papa e i Legati, come s'è dimostrato. Ma è uso degli uomini nel farsi autori d'un consiglio il collegarvi disavvedutamente l'affetto, sì ch'ei senza bugia, ma non senza errore, ne predica sopra il vero, ed anche sopra il verisimile, i beni dell'accettarlo, e i mali del rifiutarlo. Se non si volesse dire, che una tal fretta in verità fosse non in Cesare, ma

nel figliuolo per que'rispetti politici che furo esposti.

In questo mezzo i Legati, benchè s'allegrassero della pacifica volontà ritrovata negli oratori e ne' padri intorno alla futura elezione del papa, nientemeno, sapendo qual sia il flusso e il riflusso di questi mari, attendevano con ogni studio a ridursi in porto. Il conte vedeva e la lor buona causa, e tale strettezza di circustanze, per cui la dignità del re rimarrebbe illesa nell'opera che prevenisse l'indugio del suo venturo consentimento: onde quasi non ardiva più di continuare se non in una tiepida opposizione, quanta bastasse per dire, che s'era opposto. Spendevasi ogni momento (1) del giorno e della notte cosi da' presidenti, come da quei padri che eran deputati alla formazion de' decreti, per vincere con infaticabile industria l'angustia dell'ore, e la vastità delle cose. E potè conferir molto a fabricare i decreti sopra i dogmi rimasi la diligenza usata per qualche anno in Bologna (2), mentre quivi era traslato il

(1) Lettera de' Legati, e Atti predetti.
(2) Tutto contiensi negli Atti autentici conser-

T. XII.

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e

concilio: perciò che allora si fecero assidue e studiosissime disputazioni sopra tutti gli articoli, non ancora diffiniti: ę i sommarii delle considerazioni e delle sentenze sopra ciascuno di essi furon serbati negli atti. Onde in verità ciò che s'operava con la norma di tali uomini e di tali apparecchi, non potea chiamarsi nè trascurato nè sprovveduto: come tal non si chiama la decisione di gran litigii che suol prendersi in gravissimi tribunali con lo studio d'un giorno, ma su le scritture lavorate da valenti avvocati per molti mesi.

.... Per tanto il di appresso adunarono i Legati (1) la congregazion generale, e vi portarono tutto ciò che apparteneva e ai dogmi del purgatorio, delle immagini, delle reliquie, dell' invocazione de' santi, ed insieme alle leggi della disciplina. Sopra l'indulgenze non s'aveva decreto in appresto: sì che nella congrega particolare del di preceduto erasi statuito di Fudbal

vati in castel s. Angelo al volume segnato A, il quale appartiene al tempo che il concilio fu in Bologna.

(1) Atti di castel s. Angelo, e del Paleotto a'2 di dicembre 1563, e lettera dell'arcivescovo di Zara lo stesso giorno.

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