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non ottengono dignità ne son del capitolo, soggiacciano avescovi non ostante e i privilegii eziandio dalla fondazione, e le consuetudini più antiche d'ogni memoria, e le convenzioni giurate; le quali oblighino solamente i loro autori: salvi i privilegii conceduti alle generali università ed alle loro persone. Ove i vescovi o i vicarii avevano maggior diritto, lo ritenessero.

7. Per torre ogni sembianza d'eredità, contraria a decreti de padri antichi, a niuno nel futuro si dessero accessi o rigressi a beneficii ecclesiastici; nè i conceduti fin allora si sospendessero, si stendessero, o si trasportassero. Il che avesse parimente luogo ne vescovadi, ed anche pe' cardinali: nè si facciano coadiutatori con futura successione. Se pur talora stringente necessità, o evidente utilità di monastero o di cattedrale richiederà sì fatte coadiutatorie, non però si diano se non esaminata diligentemente la causa dal romano pontefice, e trovate nell'eletto tutte le qualità necessarie; altramente la concessione si reputi surrettizia.

8. A tutti i possessori di beneficii secolari e regolari si raccomanda l'ospitalità si lodata da padri; ricordando loro che negli

ospiti si riceve Cristo. A chi dunque possiede in qualsivoglia modo spedali o luoghi deputati al ricevimento degl'infermi, de pellegrini, de vecchi, de poveri, e di simiglianti, si comanda che adempia la sua obligazione, secondo la constituzione, Quia contingit, del concilio di Vienna, rinovata nel presente concilio (1). Se colà dove sono i prenominati luoghi non fosse opportunità di convertire tutte l'entrate nell'uso dalla fondazione prescritto, nè in altro prescritto in difetto di esso; il vescovo con due de più periti canonici da se eletti ordini, che'l sopravvanzo si spenda in altre opere, più che si possa, di simigliante natura, come parrà il meglio. Se gli amministratori di tali luoghi quantunque laici, purchè non soggetti a regolari fra' quali stia in vigore la regolare osservanza, ammoniti dall'ordinario mancheranno del debito adempimento, si possano forzar per censure ed altri rimedii giuridici, e privare in perpetuo dell'amministrazione, sustituendosi altri per coloro a cui tocca: e i mali amministratori sieno obligati in coscienza di restituire: nè lor si faccia veruna

(1) Sessione 7, cap. ultimo.

remissione. Ad una persona stessa non si dia per avanti l'amministrazione oltre a tre anni, se nella fondazione non fosse ordinato diversamente.

9. I padronati si debbano provare per titolo autentico di fondazione o di dotazione, o per continuate presentazioni di tempo superiore ad ogni ricordo, o in altra maniera secondo ragione. In quelle persone o comunità nelle quali un tal diritto suol presumersi le più volte usurpato, faccia mestiero più piena ed esquisita prova; nè giovi loro quella del tempo antico sopra ogni memoria contraria, se oltre all'altre necessarie condizioni non mostrano per autentiche scritture presentazioni continuate per cinquant'anni delle quali sia conseguito l'effetto. Tutti gli altri padronati e tutti i privilegii di nominare a beneficii insieme con la quasi possessione indi seguita, intendansi annullati, salvo delle chiese cattedrali, e salvo quelli che appartengono all'imperadore, a re, o a possessori di regni, e ad altri sublimi e supremi principi che ottengono ragioni d'imperio; e salvo i conceduti in favore degli studii generali. I vescovi possano rifiutare i presentati non idonei; e debbano esaminarli benchè l'in

stituzione appartenesse ad ecclesiastici inferiori. I padroni per qualunque consuetudine non abbiano facultà d'intramettersi in prender l'entrate, ma le lascino libere a' beneficiati. Non possano vendere o traslatare il padronato contra i canoni; altramente lo perdano e sieno scomunicati. L'unioni di beneficii liberi a beneficio di padronato in avanti non si facciano, e facendosi, eziandio per autorità apostolica sieno reputate surrettizie, e così anche le fatte e non mandate pienamente ad effetto. Le poste già in effetto, ma statuite dentro i quarant'anni prossimi a questo decreto, si rivedessero da' vescovi come da delegati apostolici, e trovate surrettizie s'annullassero. Anche i padronati acquistati, eziandio per autorità apostolica, da quarant'anni prima,o che s'acquistassero nel tempo da venire per aumento di dote, o per nuova edificazione, o per titolo simigliante, si rivedessero da vescovi; e quelli che non si trovassero conceduti per evidentissima necessità della Chiesa, si rivocassero senza danno de possessori de beneficii, e restituendo ai padroni ciò che avessero dato.

10. Perchè talvolta non s'ha piena cognizione di coloro a cui si commettono le

cause fuor della corte romana, però nel sinodo provinciale e nel diocesano si eleggano a tal opera persone idonee con le qualità richieste dalla constituzione di Bonifazio VIII, che incomincia (1), Statutum; le quali persone sieno almen quattro o più in qualunque diocesi; e morendone alcuna, il vescovo col consiglio del capitolo ne surroghi altra fin al sinodo futuro: e solamente ad esse commettansi o da Roma, o da Legati, o daʼnunzii le cause: talmente che dopo l'elezione di tali persone, la quale da vescovi tosto sia notificata al pontefice, le commessioni fatte ad altri sieno stimate surrettizie. Ammonisce davvantaggio il concilio i giudici a procurare con tutta la diligenza il presto fine delle

cause.

11. Gli affitti de beni ecclesiastici fatti con paghe prima del tempo non pregiudichino a' successori, nè sieno confermati o in Roma o altrove. Non sia lecito d'affittare le giurisdizioni ecclesiastiche, o la facultà di nominar vicario in cose spirituali: e tali concessioni, quantunque venute dalla sede apostolica, si giudichino surrettizie. Gli affitti di

(1) De rescriptis in 6.

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