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latore s' informassero intorno alla vita, a'costumi, ed alla dottrina di coloro i quali si dovevano eleggere, acciò che fosser tali, col cui sermone e col cui esempio si desse al gregge il cibo salutifero benignamente e che non, come alcuna volta per addietro era intervenuto, deturpassero gli ornamenti di quel sacro onore, ma che anzi illustrassero lo splendor episcopale con la luce dell'animo e dell'ingegno. Questi furono i concetti di Pio IV in quel suo primo ragionamento a'cardinali dopo il concilio.

Nel concistoro poscia de' ventisei di gennaio (1), fatta nuovamente un'ornatissima laudazione de'suoi Legati, e commendata ancor la pietà e la prudenza dei padri, udi la solenne richiesta degli uni a nome universale degli altri per la confermazione; e addomandate secondo il rito le sentenze de' cardinali, di comune consentimento l'approvò e'l confermò per Bolla da tutti loro segnata. Di questo decreto sinodale sopra il richieder la confermazione, a differenza degli altri, che per ces

(1) Atti concistoriali.

sare immensa lunghezza furono in generalità mentovati, si fe menzione specifica nel concistoro; perchè questo decreto era quello che più rilevava a quell'atto, affinchè si scorgesse, come il concilio avea riconosciuto il bisogno dell'autorità pontificia a vigore delle sue determinazioni. Quindi avvenne, che quando i Legati mandarono (1) a Roma da Trento un esempio della confermazione divisato dal cardinal Simonetta, fu loro risposto, esser pronto il pontefice a farla, qualora il concilio nel ricercasse; della qual richiesta esser sua beatitudine molto desiderosa. E di nuovo ei significò (2), che, udendosi come il cardinal di Loreno si volea partire il di appresso alla conclusione, non potevasi mandare a Trento la confermazione prima che 'l concilio si dissolvesse: ma senza fallo voler egli confermarlo tosto che ne ricevesse l'autentica domanda. E così pose in effetto di poi con la prenominata Bolla.

(1) Lettera del cardinal Borromeo a' Legati de'2 di decembre 1563.

(2) Lettera del cardinal Borromeo a’Legati dei 4 di decembre 1563.

E perciò che la varietà, e l'ambiziosa sottilità degl' ingegni spesso fa che i comenti, mutata lor natura, vagliano ad intrigare, non ad esplicare il senso de'testi; e specialmente prevedevasi che i decreti del concilio avrebbono ricevute dalla contrarietà non solo degl' intelletti ma degli affetti, e de' profitti contrarie interpretazioni, corrompendone in gran parte il frutto, e confondendo più tosto che riordinando la Chiesa; vietò il pontefice nella medesima Bolla lo stamparvi sopra chiose, riserbando a se la dichiarazione de' dubbii occorrenti, secondo che 'l concilio medesimo avea disposto.

Venne di poi dubitazione, da qual tempo i decreti cominciassero ad obligare: e il pontefice, per torre le ambiguità si del foro interiore, come dell'esteriore, promulgò un'altra Bolla il prossimo luglio, ove dichiarò: che quantunque i decreti si fossero infin da principio osservati in Roma; nondimeno, però che il diritto concede qualche spazio avanti che la novella legge constringa, e però che a' predetti decreti di tutto il concilio era abbisognato alcun tempo alfine di poter uscire in

corretta forma dalle stampe, s'intendesse che ne fosse incominciata l'obligazione dal primo giorno di maggio. Quindi a' due d'agosto segnò una terza Bolla, per cui deputò otto cardinali che soprastessero alla piena esecuzione del concilio; e diè loro l'autorità opportuna.

Prima che queste ultime cose e da lui si facessero, e indi si divulgassero nelle regioni remote, o il gran desiderio che produce il timore, o l'astio che prenunzia l'opera rea per impazienzia di biasimarla innanzi che sia commessa, avea cagionato romore, che'l papa sarebbe restio a confermare il concilio in tanto danno della sua corte, e del suo erario. Onde poi la novella del fatto opposto consolo maravigliosamente i cristiani. Bastine qui un saggio in un regno solo: aveva il pontefice mandato già il libro impresso de'sinodali statuti mediante l'ambasciador portoghese al cardinal Enrico zio, e che fu poi successore del re; ed egli, lodando fuor di misura nella risposta (1) il zelo di sua

(1) Lettera del cardinal Enrico Infante di Portogallo al pontefice nel dì 1 luglio 1564.

savoiardo, del fiorentino e del gerosolimitano. Ma tra questi convenne anche porre un laico perchè era collega d'un ecclesiastico, ciò fu Sigismondo di Ton oratore imperiale, compagno dell'arcivescovo di Praga; il che però non porse malagevolezza, non avendo veruno con lui contesa di maggioranza. In un altro strumento fu scritta l'accettazione di Gioachimo, abate di Valdo, come d'oratore di tutto il clero elvezio. Nel terzo fu stipulata l'accettazione dell' ambasciador portoghese, e del vineziano, cioè di Niccolò da Ponte, essendo allora assente il Dandolo. Nel quarto registrossi l'approvamento di Melchiorre Lussio, oratore de' cantoni elvezii cattolici. E tutti promisero a nome de❜loro signori.

Inestimabil conforto recò alla convalescenza del papa l'annunzio della conclusione: tal che per assai non avrebbe voluto essere stato senza quella infermità ch'era riuscita a tanta salute per la Chiesa. E non avendo ancor forze di tener concistoro, raunò immantenente a' dodici di dicembre una congregazione (1) con

(1) Atti concistoriali a' 12 di decembre.

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