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papa, come anche il Sanfelice, e il Caselio, fra Giovanni Zuares agostiniano, vescovo di Coimbra, Carlo Grassi vescovo di Montefiascone, che in una cedola ne raunò molte ragioni, Costantino Bonelli vescovo di Città di Castello, il quale parimente produsse in una lunga cedola varii argomenti, l'Erbuto ambasciador di Pollonia, e vescovo di Premisilia, il Vanzio d'Orvieto, il Sighicelli di Faenza, e'l Lainez generale de' gesuiti, al quale e ad altri assai nè similmente piacque il decreto de' rapitori. Il Boncompagno, lo Sforza, e parecchi con loro disser che approvavano quella parte la qual fosse approvata dal papa.

Raccoltisi i giudicii, il primo Legato pronunziò ad alta voce: La dottrina e i canoni sopra il sacramento del matrimonio sono stati approvati da tutti, ma certi desidererebbono che qualche cosa fosse aggiunta o levata. Il decreto de clandestini è piaciuto alla maggior parte de' padri, e dispiaciuto a più di cinquanta: fra' quali l'illustrissimo cardinal Simonetta Legato della santa sede apostolica non approva il decreto, rimettendosi nondimeno al santissimo signor nostro.

Io parimente Legato della sede apostolica approvo il decreto, se dal santissimo signor nostro sarà approvato. Del cardinal Osio non fe menzione, però che stando infermo non mandò la sua sentenza innanzi al giorno appresso, come narrammo. Oltre a ciò, non disse di questo decreto, esser approvato semplicemente, come solevasi degli altri quando erano accettati dalla maggior parte, però che si portava credenza che fosse disdetto lo stabilir nella sessione ciò a che ripugnava il senso di due de'quattro Legati, come di tali che rappresentavano la persona, ed esercitavano l'autorità del pontefice: onde il cardinal Morone, senza dichiarare altro sopra il diritto, meramente narrò il fatto. Ma la susseguente approvazione del papa, al quale tutti i Legati, e molti de'prelati contraddittori s'eran rimessi, tolse ogni dubbio.

Spediti i decreti particolari del matrimonio, vennesi a quelli della riformazion generale (1), ne' quali occorse in questa sessione un altro insolito avvenimento:

(1) Atti del Paleotto, e di castello, e lettere de' Legati al cardinal Borromeo agli 11 di novembre 1563.

ciò fu, che parecchie cose per sentenza de'padri si variassero da quel che erasi stabilito nelle congregazioni, e proposto ad alta voce dal vescovo celebrante. Surse gran romore, come accennammo, sì la sera precedente, si poi quella stessa mattina, perciò che i vescovi, inteso che la loro inchiesta non aveva conseguito il favor bastevole delle voci secondo che nella congregazione s'era creduto, esercitarono tutte l'industrie con ardore forse meno temperato di ciò che il decoro avrebbe richiesto, per ottener nella sessione l'intento. E si raccoglie dalle parole de'giudicii pronunziati quivi per coloro i quali dopo la congregazione o a voce o in carta avean dichiarato senso propizio alla lor parte accrescendone il numero, che da'Legati, e da'deputati s'era fatta qualche alterazione a'decreti lettisi nell'adunanza, ed in essa approvati con dar ordine generalmente d'acconciarvi alcune cose al voler de' più. Ma quelle alterazioni, sì come incontra ne' partiti di mezzo, non coltivate prima col trattamento, e non maturate coll'accordo, ebber poco accetto sapore: onde nella sessione fu gran con

trasto. E perchè la prima voce a favor de' vescovi uscì quivi dall'arcivescovo di Zara, a lui buona parte de' vescovi con semplici parole fur aderenti. Dal che poi avvenne che i Legati la sera della sessione, significandone (1) a Roma la riuscita, presero abbaglio, e credettero che il mentovato arcivescovo avesse tirato sufficiente numero di seguaci in tutti i punti della contesa, cioè non solo in quanto richiese che i vescovi suffraganei fussero liberati dal visitar le metropoli, salvo per adunazion del sinodo, il che fu vinto, ma in quanto voleva che i vescovi isolani ed oltramontani non fossero tenuti d'andare a'sinodi provinciali personalmente: là dove di fatto in ciò non gli si conformarono se non ventinove.

Ben gli consentirono cento ventidue (2) sopra l'aggiunta da lui richiesta nel terzo capo, la qual era, che nè le chiese cattedrali de' suffraganei, nè le loro diocesi fossero visitate da' metropolitani, se non

(1) Lettera de' Legati al cardinal Borromeo nel dì 11 di novembre 1563.

(2) Gli Atti del Paleotto anche a' 12 di novembre 1563.

conosciuta la causa ed approvatasi dal sinodo provinciale. Ed in questo fu notabile, che l'arcivescovo, nominando (1) nel suo parlare i soli metropolitani, dimenticatosi d'esprimervi tutti i superiori primati, nulla giovò a se stesso, però che, avendo gli altri detto d'attenersi al suo parere, ne risultò il decreto inverso de' soli arcivescovi, e non inverso de' patriarchi.

Il seguirono cento diciannove nel quinto a volere, che le cause criminali minori de' vescovi fosser conosciute, e terminate nel solo sinodo provinciale, o per deputati da esso.

Nel sesto, dove ora si concede a'vescovi la facultà d'assolvere i loro soggetti da qualunque peccato occulto, anche di eresia nel foro interiore, ciò davanti secondo la forma proposta erasi limitato in due modi: l'uno fu, che tutto questo fosse loro lecito solamente nella propria diocesi; e parimente sì fatta limitazione credettero, e scrissero quella sera i Legati, che fosse tolta secondo il parere del prenominato arcivescovo, il che poi nel ri

(1) Atti del Paleotto.

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