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l'impostura fù eseguita, nè gli archivi dell' Accademia ercolanese conservano memoria del preteso inganno (1). Le opinioni in cose di fatto son paradossi, quando prove contrarie non distruggono, quanto gratuitamente si asserisce.

L'erudito Franz negli elementi di greca paleografia opina, che la congiunzione καὶ compendiata come nella nostra tegola, appartiene all'epoca romana; io però l'ho trovata nel XIII. papiro illustrato dal Peyron: l'abbreviatura dell'ou si vede nella lamina di piombo da Dodwello trovata in un sepolcro vicino Atene; ivi però fà le veci del semplice v, ma il ẞè inciso come il moderno: e l'u trovasi egualmente nel corpo delle iscrizioni. Fra i ruderi di Canopo il Letronne trovò una lamina d'oro, nella quale εκλμρφω combinano perfettamente con la nostra tegola : I'n è così scolpita in una iscrizione megarese C. I. 4052, e il terzo esempio si esibisce dalla tegola in discorso. Il x per ben due volte sembra avvicinarsi alla forma del x, ma Spanhemio notò spesso la confusione di quelle due lettere affini. È singolare peraltro la forma del 9: due volte vien segnata cosi 8, e sembra quella lettera etrusca, che dicono esser segno di aspirazione; ma chiunque si accorge, che per poco differiscono dalla forma del 9 nella prima linea: e il dittongo ει somiglia al 0. Io dubito che il figulino abbia da prima impresso un O, e che accortosi dello sbaglio l'abbia la

(1) Così il chiarissimo M.r Scotti, che interrogai sul proposito, e che cortesemente risposemi poco prima che al mondo cristiano e letterario lasciasse di sè memoria eterna e irreparabile desiderio. E ben volentieri pubblico fedelmente la di lui risposta Napoli 5 di Aprile 1845-Carissimo amico-Nessuno dubita, che la iscrizione di Resina, di cui ella chiede notizie, sia stata una mera impostura. Ma essendosi fatte le convenienti ricerche nelle carte dell'Accademia, non se n'è trovato nè l'autore, nè il tempo, in cui l'impostura si scovrì.-Sono intanto con profondissimo rispetto---Umilis. servo ed affezionato amico-Ang. Ant. Arciv. di Tessalonica.

ANNALI 1844.

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sciato indeciso, e che per non cancellarlo e guastare la superficie della tegola, abbia tirata una lineetta orizzontale. Questo mio sospetto è convalidato dall'osservare, che egli varie volte col graffio cominciò a calcare una lettera ben diversa da quella che dovea: non pertanto cancellò il suo sbaglio, ma lasciò stare la sua fattura. Così l'a di Συρα........ a prima vista pare un w, e pure è ben diverso degli altri per la curvatura dell'asta sinistra superiore: così il primo a di ἄρτια non è affatto un w, come sembra, per il prolungamento quasi curvo dell'asta inferiore; chiunque si convince nel guardare gli altri ω.

Ma con tutto ciò chi paragona l'andamento e la giacitura di quelli elementi, di leggieri si accorge della notabile differenza che passa tra loro; quantunque l'iscrizione della nostra tegola potrebbe forse additare una specie di scrittura corsiva tutta di particolare uso presso i Siciliani.

Nè alcune majuscole miste al corsivo della tegola potrebbero rivocarne in dubbio l'antichità: ho indicato l'uso inverso nella greco-sicula numismatica, e il Torremuzza cita varie iscrizioni, dove più lettere corsive trovansi scolpite tra le lapidarie. Potrebbe a ragione qualche paleografo solamente dubitarne, non per osservarvi indistintamente impresse le majuscole tra le corsive, ma per vederle apposte come iniziali a' nomi proprj.

E vaglia il vero: nei codici anche di bassa età ho osservato costante l'andamento del corsivo, e i nomi proprj segnati sempre con le minuscole; sistema adoperato negli antichi papiri e nelle lamine, e sin anche nelle edizioni del XV secolo. Ma la nostra tegola segna con iniziali majuscole Siracusa, Ortigia, Gerone, Cerere, e l'iniziale del Táv. La forma dello è simile all'usato nei secoli medj; tralascio di parlare del resto delle lettere, che ognuno può osservare.

Per questa sola ragione potrebbe qualcuno dubitare della rimota antichità della nostra tegola, perocchè vi contrastan le regole di critica paleografia. Io per altro considero, che l'esperienza è la sola maestra in siffatti studj: quanti insigni letterati, e l'Allacci più di tutti, sostennero altra volta che gli antichi non ebbero nè anche idea di scrittura corsiva? Ciò non ostante i papiri, la numismatica e varie iscrizioni hanno sciolto da sè stesse ogni difficoltà. Ma spingansi simili dubbj fin dove si voglia, quando mai si pretendesse supporre come impostura la nostra iscrizione, niuno le negherebbe nove o dieci secoli di età. I diplomi di Ruggiero e de' di lui discendenti, da mè più volte osservati in Palermo e in Morreale, si assomigliano per forma di caratteri alla scrittura della tegola siracusana.

Ciò posto dicasi pure:» Chi sà, se durante la dominazione degli Arabi, qualcuno riandando la possanza e la prosperità dell'antica Siracusa sotto Gerone, e compiangendo la sventura, sotto cui gemevano i miseri abitanti, traea conforto dai passati tempi e sgraffiava sulla tegola la felicità non più esistente? Chi sà, se espugnata Siracusa da Ruggiero, non sognava qualcuno ritornarvi l'epoca felice di Gerone, e pertanto non senza adulazione scriveva sulla tegola scompigliatamente i divini concenti del cigno dirceo? Un Siracusano de' tempi non poteva storpiar le parole, e commettere errori tanto contrarj alla prosodia; il popolo siracusano cantava gl' inni di Pindaro e n'intendeva lo spirito, conosceva la quantità e il ritmo, nè poteva cadere in errori tanto massicci. >>>

Tutto và bene, quante volte mi si mostrasser fatti e non supposizioni; e ripeto doversi poco fidare di argomenti negativi, e stabilirvi sistemi di fatto. Quanto agli errori ortografici, chi ignora che i più bei codici son quelli che abbondano di sbagli? e chi non conosce i più strani solecismi nelle lapide? Il figulino siracusano non deve supporsi un sofo: il popolo storpia sempre le parole più ovvie, quando trattasi doverle scrivere; ed è da stupire, come ne avvengano ridicolissime metamorfosi.

Chiunque avessesi proposto in tempi posteriori e a noi vicini, vender cara l'impostura, avrebbe dovuto scolpirvi lettere quadrate e lapidarie, piuttosto che un corsivo capace ad essere agevolmente scoperto come impostura, per convalidar la quale e allontanar ogni sospetto, avrebbe dovuto almeno trascrivere quei versi col medesimo ordine, che ci han conservato i codici. È grandissima la difficoltà a determinare un'epoca certa a così fatte iscrizioni; ma la mia asserzione non deve stimarsi di tanto peso da voler tirare i dotti alla mia opinione, anzi sottometto al loro giudizio quanto finora ho esposto.

Non così debbo poi discorrere di un frammento antichissimo d'iscrizione trovata poco fà nell'anfiteatro siracusano, e comunicatami dal cav. Arezzo di Targia, la quale offre le lettere condotte sul sasso a forma di prisma come lo sono quelle che si vedon nei gradini del teatro, e che io credo degno di pubblica luce (tav. d'agg. N.), perchè i dotti archeologi la interpretassero. Comunque vada la faccenda, la nostra tegola offre una variante di molto interesse, e si rende molto più stimabile per la universale recente età de' codici, che ci hanno tramandato le odi pindariche: la nostra tegola adunque legge λεύκιππον, e accorda tale aggiunto con ἑορτάν, dall'uso de'bianchi cavalli adoperati nelle feste di Proserpina, mentre tutti i codici e le edizioni leggono λευκίππου, che accordano con θυγατρός.

Nè v'ha dubbio infine che la tegola siracusana non debba interessare i paleografi, i quali ammireranno la sveltezza e la nobiltà che presentano quei caratteri, e terran conto della innocente provenienza della medesima: in tutti i casi non credo cosa mal fatta soggettarla alle considerazioni de' dotti, che compongono l'Instituto archeologico, poichè non vaghezza di erudizione, o di pertinace attaccamento al mio parere, ma solo amor per la patria e per l'incremento della scienza mi hanno spinto al breve discorso che ho detto.

VASO A SOGGETTO COMICO DI LENTINI.

(Mon. vol. IV. tav XII.)

Lentini si conosce dagli ultimi tempi come ricca miniera di stoviglie dipinte, la di cui maggior parte con una vernice non rilucente e con dipinti a più colori congiunge un disegno vivo, ingegnoso e quasi corretto. Siccome queste qualità in altri luoghi raramente si trovano riunite, cosi trovandole quivi a preferenza, si deve crederle proprietà di una fabbrica particolare, come è probabile, di Lentini. Fra le più importanti è da noverarsi un cratere di metr. 0, 443 di altezza, che ora colà si trova nel palazzo pubblico. Nella faccia secondaria vedesi una composizione presa dalla vita comune senz'altro rapporto, come sembra; è un gruppo di tre donne vestite di lunga tunica senza maniche. Quella nel mezzo è assisa e rivolta verso la sinistra di chi guarda, e tiene nell'una mano un gran canestro di fiori, nell'altra una corona ed un gran ventaglio. Delle due altre che entrambe stanno rivolte verso lei, una tiene pure un canestro di fiori. Sulla faccia principale si vede il dipinto, del quale comunico un disegno ch'io stesso n'ho tratto nella grandezza dell'originale.

Che la scena quivi rappresentata sia presa dal teatro, ci assicura si il costume delle persone, si l'eleva

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