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Perciò nonostante questa variazione riconosciamo nell' idolo del nostro vaso l'antico tegeatico fatto di avorio, supponendo che per ignoranza o negligenza del pittore vasculario, o più verosimilmente di quello che adornò la scena, sia cagionata l'inesattezza del disegno.

A ciò s'aggiunge la quistione, se siamo autorizzati di far conchiusioni da questo dipinto sull' idolo tegeatico. In nessun caso con assoluta certezza, ma bensì con probabilità limitata. Imperocchè non diminuisce in nessun modo la fede e l'autorità del nostro dipinto, che è preso da una scena di comedia, prima perchè l'idolo non è caricatura come gli altri attori, poi perchè generalmente l'arte antica, se non m'inganno interamente sopra la sua natura, si concesse far caricature degl'iddii, ma non degli idoli.

Perciò il nostro dipinto vale lo stesso che altre pitture vascularie, anzi più che la maggior parte di esse, imperocchè mostra una esattezza non comune nelle spezialità, e non è composizione libera del pittore, ma preso dal teatro, e come abbiamo veduto, con molta accuratezza. All'incontro l'autorità del dipinto si diminuisce per la distanza del pittore dall'originale alla piccolezza delle misure, l'inesattezza della pittura vascularia in generale e spezialmente negl' idoli del culto, finalmente che noi stessi possiamo dimostrare una differenza fra il dipinto e l'originale. Ma tutto ciò non annulla perfettamente la sua autorità. Chè essendo l'idolo uno dei più celebri di tutto il Peloponneso, si potè bene conoscerlo in Sicilia, almeno nella sua universalità. Si potè conoscere pure la composizione ed il materiale meglio che lo stile. Quando affatto ignota fosse stata la sua formazione, lo si avrebbe trattato in una copia cosi piccola meno distintamente, secondo la maniera tenuta in altre pitture vascularie, ed almeno non si avrebbe aggiunto l'attributo tanto caratteristico della corona. Finalmente la formazione quivi prescelta conviene tanto colla natura della dea, che ciò pure certamente addita la conoscenza dell'originale. Perchè non si può negare, che il nostro dipinto si riferisca ad un originale conosciuto, cioè di Tegea, sebbene non si possa decidere sul modo più o meno preciso, siccome all'eccezione di lavori romani posteriori, che aveano da figurare antichi idoli greci, sarà difficile dimostrare, essere in un'opera di arte antica prodotto qualche idolo certo, che senza qualunque cognizione dell'originale, dalla sola fantasia sia formato. Crediamo perciò essere autorizzati pel nostro dipinto, di esternare per adesso la conghiettura, essere formato l'idolo tegeatico in piedi, con lunga sottovesta, con corona e patera, e solamente la scoperta di altre copie più autorevoli potrà rifiutare quell' ipotesi o confermarla.

mili accessorj. Ma anche nella supposizione che quivi veggasi rappresentato il mitico fatto dall'a. nominato, non v'è necessità veruna che ci stringa a riconoscere Atene Alea nella statua posta li vicino. Nelle frequenti rappresentanze gemmarie del ratto del Palladio vedesi collocato molto analogamente nel recinto sagro pure sopra colonna un simulacro d'Apolline: chi vorrebbe peraltro essere tentato di dichiararlo per un idolo templare di Pallade? La femmina distinta da corona e patera non ricorda tampoco una Minerva, e ci ha voluto l'imperiosa forza d'una idea preconcepita per pensarci seriamente pure un solo momento. Non credo vi sia un solo idolo di Pallade che sia sprovvisto d'ogni attributo caratteristico, siccome questo messo alla tortura dall'intempestiva diligenza del nostro autore. Con un raziocinio di questa sorta tutto potrà farsi di tutto, ma non potrà mai spiegarsi con sicurezza e scientifico decoro nè l'argomento principale nè cosa con esso messa in qualsivoglia rapporto.

E. BR.

(Traduzione dal tedesco.)

LUDOLFO STEPHANI.

II. LETTERATURA.

Lettre à M. SCHORN; supplément au catalogue des artistes de l'antiquité grecque et romaine; par M. RAOUL-ROCHETTE, professeur d'archéologie. Paris, de l'imprimerie de Crapelet. 1845. 8.o pag. 452.

Allorchè Sillig si propose di raccogliere in uno gli studj di coloro che dopo gli antiquarj lavori del Dati elunio, a cominciare da Heyne aveano dato opera alla storia degli antichi artisti, per tesserne un compiuto catalogo, era quasi impossibile che avesse raggiunto lo scopo di dare al pubblico un lavoro perfetto; essendochè non avea a fondamento una serie di antiche biografie, ma si un cumulo di notizie secondarie raggranellate da tutta la classica letteratura. E però non appena il di lui libro fù pubblicato che varj supplimenti vennero di seguito in luce, con che fù aggiunto al catalogo generale un namero non tenue di nuovi artisti, di cui il Sillig non avea fatta menzione. Vennero poi le scoperte dell'Etruria, che ci arricchirono di una classe del tutto nuova e conosciuta fin allora da soli pochi esempj. Altro supplimento porse quindi una accurata ispezione delle medaglie greche, pei nomi degli incisori di conj; ed importantissimo ajuto, anche per correggere la storia degli artisti già noti, prestarono le iscrizioni greche, di cui a preferenza l'acropoli di Atene si mostró fertilissima. È vero che per la storia degli artisti i nomi di pittori vascularj, di incisori di medaglie e di pietre fine riuscirono di poco frutto; nondimeno era da desiderare che tutti quei supplimenti con diligenza, accuratezza e soda critica fossero riuniti in un solo luogo, perchè ciascheduno potesse servirsene secondo il bisogno in altre più larghe ricerche. A tale lavoro si accinse il sig. Raoul-Rochette, il quale già frai primi si era affrettato di accrescere il lavoro del Sillig in una lettera indirizzata a Schorn. Riunendo a quel primo cenno la notizia delle scoperte che avvennero poi, ed aggiugnendo i supplimenti dati dal Welcker e dall'Osann, egli ora ci presenta un libro composto di più centinaja di articoli, di cui dobbiamo dare qui un breve ragguaglio. Nostro intendimento in questo non puot'essere peraltro di passare in rivista tutte le particolarità del libro, perciò che questo ci trarrebbe di sua natura a fare un altro libro, e sarebbe fuor di proposito: mi contenterò, come suole usarsi in siffatti lavori, di esaminare l'accuratezza e la diligenza della compilazione, e il metodo critico usato nello smaltire i materiali apprestatisi, onde emerga il grado di fede che debbesi alla sostanza de' ragionamenti nel libro compresi.

Non voglio preoccupare l'animo del lettore col proporre già quì il riassunto di ciò che dopo un minuto esame dei particolari credo dover giudicare sull'insieme del libro. Riandando piuttosto con animo riposato sopra le disputazioni dell'a., cercherò di ragionarne in modo che ciascheduno facilmente possa giudicare non meno sul merito del libro, che sulla verità delle cose, che intorno ad esso saranno dette da mè.

L'a. divide la sua opera in più parti, essendo che, come abbiamo accennato, alcune classi di artisti quasi del tutto nuove erano da aggiugnersi al catalogo generale. Così si raccomandarono ad un esame separato: 4. i pittori e'fabbricanti di vasi; 2. gli incisori, che erano da distinguere in quelli di conj e in quelli di pietre fine. In un terzo catalogo finalmente riuni tutte le correzioni ed altri supplimenti al libro del Sillig.

Alla prima classe è premesso un discorso generale sopra la provvenienza dei vasi dipinti, thema troppo contrastato, per poter entrare quì in discussioni sull'opinione dell'a., il quale per i più antichi della cosidetta maniera egizia difende l'origine fenicia, per gli altri l'attica. Il catalogo dei pittori e fabbricanti è accresciuto sino al numero di 65 nomi, i quali in parte non ci sono noti che da una sola loro opera. Nondimeno nel raccoglierli lo scopo nè può nè deve essere a preferenza grammaticale o lessicale, ma storico; e per la storia dell'arte non importano i soli nomi, ma le opere che ne sono insignite. Nel che noteremo che l'a. ha tenuta tutt'altra strada. È prima e fondamentale richiesta, nel ragionare sopra vasi dipinti, di notare la differenza fra dipinti neri in fondo rosso, o rossi in fondo nero. Ciò che l'a. nostro, parlando delle opere dei pittori, alle volte dice per incidenza, ma generalmente ommette; d'onde avviene che siamo sprovvisti dell'unico contrassegno che in certo modo può riparare alla mancanza di altri termini cronologici. Sarebbe stato da desiderare poi che con poche parole fossero indicati i soggetti delle pitture; e nel numero non grande di esse questo si potea facilmente adoperare senza accrescere molto la mole dell'opera. Ma ammesso pure che cotale proposito non fosse acconcio alla circostanza, nondimeno doveano sempre essere notate quelle pubblicazioni archeologiche, che ci poteano dare l'idea la più adeguata dei dipinti in discorso; vuo' dire che una volta già pubblicati i disegni, non erano essi da dimenticarsi, nè da citare i soli semplici cataloghi. Il nostro a., che altrimenti mostra di volere procacciarsi il vanto di profonda erudizione per molte citazioni, fà prova chiaramente della poca diligenza, che ha adoperata in quella parte del suo lavoro. Il suo catalogo si fonda sopra notizie raccolte al tempo delle scoperte, secondo che gli si offersero spontanee. Ma una volta notate le opere dei pittori vascularj poca cura quindi prese di ciò che avvenne dopo intorno ad esse; e così manca tutta l'elaborazione. Per darne alcune delle più evidenti prove, dirò che poco o nessun uso egli ha fatto della grande opera sul Museo gregoriano, dei Vasi scelti

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