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ressante fra le ultime precedenti, fu come il segnale ai librai Italiani e Oltramontani per sodisfare il pubblico desiderio con edizioni delle ope. re del Machiavelli raccolte tutte in un corpo; quindi comparve alla luce quella di Venezia in otto tomi in 8.o del 1769, e dipoi quella di Londra in tre tomi in 4.0 del 1772. Se la prima di queste riesci per il merito tipografico inferiore al pregio della materia e dello Scrittore, e la seconda deturpata dalla meschina prefazione che vi è unita (1), non possono ambedue egualmente purgarsi della taccia di una soverchia sollecitudine, per cui avendo prevenute le ricerche che tuttora facevansi di altre cose di questo Autore, restarono elleno inesatte e mancanti, a confronto dell'ampla edizione fatta in Firenze in sei tomi in 4.° nell'anno 1782. Infatti oltre la nitidezza tipografica che la decora, i riscontri fatti i sopra testi a penna e particolarmente sopra gli autografi, per cui si vedono corretti molti falli della celebrata delle Testine; le note poste all'occorrenza, specialmente in illustrazione alle lettere, ed altre sommamente pregevoli diligenze; vi comparvero alla luce, di soprappiù alle cose già stam. pate, le lettere intermedie che mancavano alle legazioni pubblicate dal sig. Fossi ; i carteggi di altre venti tra commissioni e legazioni sostenute dal Machiavelli; un numero considerabile di sue lettere politiche e familiari, ed altri minori suoi scritti; il tutto ricavato dall'Archivio delle Riformagioni di Firenze, deposito prezioso dei documenti e delle operazioni dell' antico governo, dalle Biblioteche Mediceo-Laurenziana e Magliabechiana, dai Codici e dalle Memorie di Giuliano de' Ricci, nipote dell'autore e collettore diligentissimo delle cose di lui, e da altre private Biblioteche ed Archivj. Questa edizione eseguita con molta accuratezza, ed arricchita di tante e si pregevoli aggiunte, fu ricevuta con avidità, e riscosse subito il suffragio della Repubblica letteraria; nè fu creduto che altro restasse a desiderarsi degli scritti del Machiavelli. Non erano per altro di ciò pienamente persuasi gli stessi diligenti compilatori della medesima. Nel fare le loro ricerche non aveano obliata la Biblioteca Strozziana di Firenze, rinomatissima per i preziosi MSS. che era noto contenere, fra i quali avevano indizio trovarsi qualche cosa dell' illustre segretario. Furono però in quel tempo inutili le loro diligenze. Il prefetto della medesima, sig. Domenico Maria Manni, uomo d'altronde intelligente ed erudito, o per non conoscere il carattere dell'autore, o per qualunque altro motivo, non seppe o non volle somministrare cosa alcuna, negando costantemente, che ve ne esistesse. Fu fatta la scoperta di diversi scritti di Niccolò alla morte dell' ultimo di quella famiglia Strozzi, allorchè posta in vendita quella insigne Biblioteca, il Gran Duca PIETRO LEOPOLDO vi fece

(1) Vedasi il ragguaglio che si dà di questa prefazione nelle Novelle Letterarie di Firenze dell'anno 1778, ove con molto giudizio si rileva la pedanteria e gli sbagli del sig. Baretti, autore della medesima.

acquisto de' Codici più preziosi, per arricchire le due pubbliche librerie Laurenziana e Magliabechiana, e collocarne altri nei suoi Archivj, secondo la respettiva convenienza. Fra i deputati a scegliere per il sovrano fuvvi taluno dei compilatori della suddeta edizione del 1782, il quale non ostante le precedenti negative del sig. Manni, vi trovò effettivamente un Codice tutto di mano del Machiavelli, contenente (1)

1.° Il primo sbozzo dell' Arte della guerra, non intiero, con cassature e pentimenti;

2.° Lo sbozzo della Traduzione dell' Andria di Terenzio;

3.o Una commedia in versi in cinque atti, senza titolo (2);

4.o La Descrizione della peste avvenuta ai tempi dell' autore (3);

5. Un' Allocuzione a un Magistrato;
6.o I Capitoli per una compagnia di piacere.

(1) Questo Codice è attualmente nella Libreria Magliabechi. Nella Strozziana era segnato di num. 366, ora è al num. 1451 dei Codici della Magliabechiana.

(2) Se si potesse indagare in quale anno di sua vita il Machiavelli scrivesse questa Commedia, si fisserebbe per avventura l'epoca controversa fra gli eruditi della prima regolare opera teatrale in verso Italiano. Il Fontanini attribui questo onore all' Amicizia di Jacopo Nardi, sostenendo essere stata fatta e stampata nel 1494. Apostolo Zeno non è di questa opinione. Egli pretende essere stata preceduta dal Timone del Bojardo; e facendosi ad esaminare scrupolosamente l'età del Nardi, conchiude che all' epoca segnata dal Fontanini, non poteva il Nardi avere capacità bastante per scrivere quella commedia. Ma nè l' uno nè l' altro di quei due dotti uomini avevano notizia di questa del Machiavelli; che se fosse stata loro nota non avrebbero lasciato di prenderla in esame, relativamente all' epoca controversa.

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(3) Questa pestilenza serpeggiò per tutta Italia, ed afflisse Firenze per il corso di cinque in sei anni, cioè dal 1522 al 1527. Ne parlano il Varchi, e altri Istorici Fiorentini, e se ne trovano le memorie e il racconto in più cronisti contemporanei, i Diarj dei quali esistono manoscritti in diverse case private di Firenze. Secondo questi non fu di molto meno micidiale di quella con tanta eleganza descritta dal Boccaccio. Infuriò maggiormente nel 1527 e in modo particolare nell'estate di quest'anno. Dai registri che furono tenuti esatti nella città resultò esser perite dentro le mura, dal maggio al novembre, più che 40 mila persone, e compreso l'intiero dominio si calcolò che il numero de' morti di quel male ascendesse a 250 mila. Il Machiavelli, testimone di questo disastro fino all' epoca della sua morte, ha descritto elegantemente, ed anche veridicamente, lo stato infelice della città, ma si conosce aver favoleggiato nelle gioconde avventure, colle quali abbellisce il suo racconto.

Separatamente da questo Codice fu trovata, di mano pure del Machiavelli, un Istruzione a Raffaello Girolami per uno che vada ambasciatore (1). E finalmente in altro Codice un di lui Canto Carnascialesco, intitolato de' Ciurmadori (2).

Mentre facevansi tali scoperte ed acquisti in Firenze, ed altri frattanto andava altrove con eguale impegno rintracciando notizie, si trovò in Roma nella Biblioteca Barberiniana il Codice, dal quale Monsign. Bottari aveva estratto il Dialogo sulla lingua. Esibito questo Codice alla conoscenza e all'esame di chi faceva tali indagini dal dotto sig. Garatoni, custode della medesima, fu riconosciuto essere una collezione simile a quella di Giuliano de' Ricci, contenere in gran parte le medesime cose e memorie; corrispondersi e supplirsi reciprocamente; ed esser perfino trascritta dalle istesse mani, e degli stessi caratteri. Quindi si giudicò che l'uno e l'altro collettore erano egualmente stimatori del Machiavelli, avevano raccolto di concerto, attinto ai medesimi fonti, e che per conseguenza erano dell' istesso pregio, e meritavano la stessa fede (3). E mediante l'esame delle due collezioni si trovò, ol

(1) Il Girolami, amico del Machiavelli, fece parte di una ambasceria spedita dalla Repubblica a Carlo V, composta di altri due soggetti, cioè di Raffaello de' Medici, cavaliere di S. Jacopo, e di Giovanni Corsi. I Fiorentini avevano tardato a complimentare quell' imperatore, si per la poca intelligenza che era prima tra Cesare e Leone X, sì per la speranza nata in appresso, che Carlo fosse per venire a Roma a prender la corona. Scipione Ammirato fissa la detta ambasceria all' anno 1522. Questa Istruzione mostra penetrazione e la prudenza del Machiavelli, egualmente che i suoi sentimenti di

amicizia.

(2) Nella Collezione di tutti i Trionfi, Carri, Mascherate, o Canti Carnascialeschi, ristampata nel 1750 con la data di Cosmopoli ( Parte prima p. 97), fra i Trionfi d'incerto autore ve ne ha uno col titolo, canto di Ciurmadori della casa di San Pagolo, assai somigliante a questo del Machiavelli, sia per la condotta, sia per gli scherzevoli e bizzarri equivoci, che in ambedue si riscontrano; lo che dà probabile contrassegno che siano entrambi del Machiavelli, o sivvero uno solo di lui con variazioni.

(3) Una lettera latina del Machiavelli de' 4 dicembre 1514 a Francesco Vettori, che sarà riportata fra le Lettere familiari, somministra delle forti congetture per spiegare la perfetta somiglianza delle due Collezioni Ricci e Barberini. Il Machiavelli accompagna con essa al Vettori Niccolò Tafani, il quale si portava a Roma per conto di una sua sorella, abbandonata dal marito. Glielo raccomanda caldamente come suo stretto amico, esso e tutta la di lui famiglia, dalla quale riceveva gran conforto nel suo soggiorno in villa, mentre stavasi esule dalla città. Or fa d'uopo sapere, che la illustre famiglia Barberini, già Tafani, aveva de cospicui possessi a Barberino di Valdelsa, non mol

tre alle già note, un numero considerabile di lettere da impinguare il carteggio familiare e politico del Machiavelli con Francesco Vettori, e Francesco Guicciardini ; si confrontarono gli scritti comuni all'una ed all'altra, si rettificarono delle ambiguità, si supplirono delle mancanze, e si riem. pierono delle lacune.

Ricchi di questa nuova suppellettile, i compilatori dell'edizione del 1782 avrebbero potuto formare un tomo di supplemento alla medesima. Tale era l'animo loro, per quanto ne viene asserito nell'avvertimento prefisso alla susseguente edizione di Firenze in otto tomi in 8.o del 1796. Ma essendo oramai quella interamente esaurita, senza che fosse sodisfatto alle innumerabili ricerche che da ogni parte se ne facevano, giudicarono per avventura essere miglior servigio del pubblico letterato il fare una ristampa di tutte le Opere, inserendovi il frutto delle loro diligenze, e riserbarsi a pubblicare dipoi separatamente il supplemento per i posseditori della precedente edizione. Comparve infatti alla luce nell'anno 1796 il primo tomo di questa edizione in 8, con un Avvertimento in fronte, dove rendevasi conto degli Scritti nuovamente scoperti e raccolti, i quali avrebbero avuto successivamente luogo ai respettivi loro posti, secondo l'ordine delle materie. Fu proseguita l' edizione fino in otto tomi, contenenti tutte le Opere del Machiavelli istoriche, politiche, militari, commedie, prose e poesie, colle particolari aggiunte de' nuovi scritti; meno i carteggi sì diplomatici, che privati, dei quali era riserbato a farne una classe a parte. Gli avvertimenti, le illustrazioni, le note che arricchiscono questa ristampa, si fanno ben conoscere essere state somministrate, e uscite dalla penna dei compilatori dell' edizione del 1782, ma è da dolersi che l'opera materiale della revisione, dell'assistenza alla stampa fosse affidata a chi mancò di attenzione, per cui vi si rimarcano fra le altre tante trascuratezze tipografiche, la grave inavvertenza di aver saltato dalla metà in circa del Cap. XXX agli ultimi periodi del XXXIII del Libro secondo dei Discorsi.

e

Checchè sia di tale mancanza (la quale combinandosi fortunatamente alla fine del tomo, potrebbe agevolmente esser riparata colla stampa di poche pagine), dietro le notizie, e con i nuovi materiali di questa e dell' altra del 1782, comparve in Livorno una nuova edizione in sei tomi in 8.° colla data di Filadelfia (1); quindi altra colla data di Genova in otto tomi in 12.o, e quindi finalmente sull' orme di quella di Livorno furono nel 1804 riprodotte le Opere del Machiavelli in

to distanti dalla Villa e dai beni del Machiavelli a Sant' Andrea in Percussina. E dunque più che probabile, che taluno dei Sigg. Barberini, conservando la stima de' suoi maggiori per le virtù del Machiavelli, si unisse con Giuliano dei Ricci a raccogliere scritti e memorie di lui.

(1) Riguardo a questa edizione di Livorno, è importante vedere l'Avviso al Lettore premesso al tomo ottavo della edizione di Firenze del 1796, dove ne è dato esatto e veridico conto.

Milano, dalla Società Tipografica de' Classici Italiani, le quali occupano dieci tomi di quella Collezione.

Dopo aver dato questo breve ragguaglio delle edizioni, che si sono rapidamente succedute dall'epoca de' ' primi moderni discuoprimenti di scritti inediti del nostro Autore, caderebbe in acconcio il render ragione di quella che diamo adesso al pubblico. Ma ci vogliamo riserbare a parlarne in ultimo ; e ciò per non invertere l'ordine giudiziosamente tenuto nella dotta prefazione degli editori del 1782, della quale abbiamo reputato opportuno valerci, confortati anco da persone di molta erudizione e di fino discernimento, e seguitarla passo passo, ove non occorra farvi qualche mutazione per notizie posteriormente acquistate, o per altri riflessi. Essa riscuote il suffragio de' veri intendenti, come la più regolare e la più ampla illustrazione del Segretario Fiorentino, e delle opere sue; e noi confessiamo che non avremmo saputo dirne nè più, nè meglio. Ci rifaremo adunque di là, dove si dà notizia dei principali impugnatori del Machiavelli.

II. Principali impugnatori del Machiavelli.

Niuno ignora la stima in cui si ebbe il Machiavelli per lungo tempo, e il favore col quale furono in origine ricevute le cose sue. Il primo che insorse contro di lui fu il cardinal Reginaldo Polo (1). Questo illustre personaggio, rispettabile per dottrina e per costume, non conobbe il Libro del Principe, che per essergli fatto leggere da Tommaso Cromwello ministro di Enrico VIII d'Inghilterra, dopo la diserzione di questo re dalla Chiesa Cattolica. La diversità di sentimenti non poteva far gustare al Polo ciò che era commendato dal Cromwello. Ne aveva egli preconcepita tale sinistra opinione, che passando dipoi per Firenze si dolse del Libro del Principe çon quei cittadini, dai quali udi rispondersi non avere il Machiavelli inteso di formare ed istruire un principe, ma rappresentare un tiranno. Leggesi tutto questo nella sua Apologia ad Carolum V Caesarem dal paragrafo 28 al 35, ove si diffonde in un'acre censura, dettata più dalla prevenzione che da un esame giusto e ragionevole.

Posteriore al Polo incontrasi Ambrogio Catarino Politi, Arcivescovo di Consa. Di lui furono colle stampe del Blado pubblicate nel 1552 in Roma alcune dissertazioni, e fra queste una De libris a christiano detestandis, et a christianismo penitus eliminandis, dove è un capitolo scritto a bella posta contro il Segretario Fiorentino, col titolo Quam execrandi Machiavelli Discursus, et institutio sui Principis. -La censura del Catarino nulla ha di più di ciò che è stato ripetuto dai posteriori declamatori.

Innocenzio Gentilleto, Protestante Francese,

(1) Nell' edizione del 1682 non è fatto menzione di questo primo impugnatore del Machiavelli. E riparata la mancanza in una nota all'edizione di Firenze del 1796.

passa costantemente per autore di un' opera stampata per la prima volta nel 1576 con questo titolo Discours sur les moyens de bien gouverner et maintenir en paix un royaume ou autre principauté, etc., alla quale è stato dato dipoi il nome di Anti-Machiavello. È questa divisa in tre parti, cioè del Consiglio del Principe, della Religione, e della Politica; a ciascuna delle quali riduce le massime del nostro Autore, e vuol confutarle via di discorsi istorici e poper litici. Fece questo libro al suo comparire qualche strepito; ne furono fatte in breve tempo più edizioni, e fu tradotto fino in varie lingue; ma estinto poi il furore delle parti, a cui attribuir si dee quel credito momentaneo, e cessate le discordie della Francia insorte nel governo dei Guisa, in odio de' quali e della regina Caterina dei Medici era stato scritto, se ne discopersero i sostanziali difetti, e si riconobbe che o maliziosamente o per ignoranza, aveva costui sfigurato quasi da per tutto il vero senso del Machiavelli, e datagli una falsa e maligna interpretazione, accomodata all'oggetto suo, che era lo sfogare nella più impertinente maniera l'odio contro la nazione Italiana, donde era uscita quella principessa (1).

Girolamo Osorio, nel Libro III de Nobilitate Christiana, ha tanto infierito contro il Machiavelli, che a ragione è da annoverarsi fra i principali suoi detrattori. Gli rimprovera esso in special modo di avere insegnato, che per la Cristiana religione siasi spenta ogni grandezza di anied ogni civile e militare virtù. Una tale accusa, gravissima se fosse vera, ripetuta poi fino alla nausea dai posteriori detrattori del Machiavelli, è uno sbaglio di quel per altro dotto ed elegante scrittore. Essa è smentita dalle parole stesse del segretario in quel luogo medesimo, d'onde si pretende cavarne questo odioso rim

mo,

provero.

Più clamoroso avversario del Machiavelli è stato il Gesuita Antonio Possevino, che nel 1592 pubblicò in Roma un libercolo contenente la satira di alcune opere politiche di varj autori, e fra questi de Nicolao Machiavello. Gli scritti contro il Machiavelli sono "Cautio de iis quae scripsit tum Machiavellus, tum is qui adversus eum scripsit Anti-Machiavellum, cui nomen haud adscripsit: dipoi Excerpta ex libro III de Nobilitate Christiana Hieronymi Osori Episcopi Algarbiensis Lusitani, de nonnullis sententiis Nicolai Machiavelli, e finalmente un breve avviso di altri autori, che hanno scritto contro il nostro Segretario. Si vuole che i materiali di tali scritti fossero raccolti dal papa Innocenzio IX prima di salire al pontificato, e che

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(1) È notabile la poca cognizione che il Gentilleto confessa di avere della persona del Machiavelli, di cui egli attesta nella sua prefazione non poter dire cosa alcuna nè della sua vita, nè della morte; ed allorchè ricava dai di lui scritti che egli era stato in Francia edin Roma, suppone che vi fosse sbandito, non già in imbasciata: Car, egli dice, il n'eût pas oublié à le dire.

egli al Possevino gli somministrasse (1). Ma qualunque ne sia stato o il collettore o l'autore, e cosa manifesta che non aveva lette le opere che imprendeva a confutare, imperocchè, omettendo anche i passi, o le massime allegate da costui, le quali non si trovano nel Machiavelli, cita primo, secondo e terzo libro del principe, quantunque questo trattato non sia mai stato al mondo altro che un libro solo (2).

Diverse opere ha scritte Tommaso Bozio da Gubbio ai tempi del papa Clemente VIII, al quale furono da lui dedicate, una intitolata

De

Imperio virtutis, sive Imperia pendere a veris virtutibus, non a simulatis, divisa in due libri; un libro detto de Robore bellico; e un trattato de Italiae statu antiquo et novo, in quattro libri. Il cap. XVIII del Principe è in sostanza preso di mira ne' due libri de imperio virtutis, ove falsamente si vuole attribuire al nostro Autore l'aver detto, che migliore sia la finta della vera virtù. Il libro de Robore bellico è un acre declamazione, simile a quella dell' Osorio e del Possevino ;

(1) Viene ciò asserito da Domenico Basa, editore di questo libro, nell' Avvertimento al Lettore.

...

(2) Il dotto Conringio, nella sua prefazione al libro del Principe, ha giudiziosamente rilevato e investigato questo grossolano errore del Possevino; sopra del quale così si esprime. In ea dissertatione (del Possevino) vero ita disseritur, quasi a Machiavello tres de Principe libri compositi sint. Hinc statim initio, ubi de Machiavello agit, aliquot eius sententiis enumeratis : « Et haec quidem, inquit ille, sceleratum il· » lud Satanae organum prioribus duobus li"bris, quibus de Principe agit, insipienti » mundo obtrusit. » Non multo post cum diceret redeo ad easdem labes Machiavelli, ut cognita pestis magis caveatur » in margine Libri notat Librum tertium, quasi libro tertio Machiavellus doceat, « belli iustitiam in ea quam sibi quisque putat esse necessitatem » collocari. At vero certo est certius nonnisi unicum, et quidem exiguum libellum de Principe Machiavello auctore esse conscriptum ; et nusquam terrarum illum tres in partes fuisse sectum; nec in hoc libello reperiri ea, quae inter alia criminatur Possevinus, Religionem Ethnicam Christianae praeferendam, aut doctores Christianae Religionis nihili faciendos etc.... Nec tamen longe petenda aut hariolanda venit caussa crassi illius Posseviniani erroris, modo quis inspexerit volumen illud, quod Anti-Machiavelli titulo vuos opposuit, hinc inde ex variis libris Machiavellicis excerptis sententiis Innocentius Gentilletus. Hoc enim tres in libros est distinctum; et in eius duobus prioribus reprehensa sunt illa, quae duobus prioribus de principe libris haberi Possevinus ridicule adfirmat: in tertio etiam illorum librorum animadvertitur in ea, quae ex tertio libro de Principe frustra repetit Machiavellus; ut liquido appareat ex illo volumine Anti-Machiavellico, non autem ex Machiavello ipso Possevinum sua accepisse.

e quelli de Italiae statu antiquo et novo hanno per oggetto di rappresentare l'Italia più florida sotto il dominio dei Pontefici, che ai tempi dell'antica sua grandezza.

Oltre a questi, che per essere i primi, giusto è noverare come i principali impugnatori del Machiavelli, diversi altri Scrittori hanno avuta l'ambizione di scendere in diversi tempi su questa arena; fra i quali, per non perderci in un lungo catalogo, ci limitiamo a nominare Pietro Ribadeneira (1), Gio. Lorenzo Lucchesini (2), Girolamo Maria Muti (3), e fino l'istesso Voltaire (4), che dileggiatore sfrenato di tutto, ha voluto dare questo esempio di religiosità, di veracità, e di rettitudine. Ma poichè tutti ricantano Je medesime precedenti accuse, condite con maggiore o minore acrimonia, e che per conseguenza vanno a fondersi e dileguarsi con una sola e comune risposta, noi lasceremo di parlare particolarmente di loro, e li riporremo nella classe stessa di tutti quelli scrittori, che senza altra cognizione di cause si sono dilettati, così in passando, di regalargli qualche titolo di obbrobrio.

(1) Il Principe Cristiano del Ribadeneira è piuttosto scritto per irritare il re di Spagna contro gli eretici, che per confutare il Machiavelli. Se nella prefazione qualche cosa ei riporta come del nostro Segretario, vi si ravvisa l'istessa alterazione del Possevino. Del rimanente era veramente il Ribadeneira degno di confutare le supposte massime tiranniche del Machiavelli; egli che nel riferire il Regicidio di Enrico III, re di Francia, usa tal modo, che ben si intende come approvi e commendi quella detestabile azione.

(2) Stampò il Gesuita Lucchesini un opuscolo intitolato « Sciocchezze scoperte nelle Opere del Machiavelli dal P. Lucchesini. 99 L'impegno di trovare in un autore quale è il Machiavelli delle Sciocchezze, fu giudicato sommamente ridicolo. Si osservò il grazioso equivoco dei librai, che nello scrivere sulla costola del libro il titolo, dicevano abbreviatura, per Sciocchezze del P. Lucchesini, onde l'autore di certa Satira, che fu attribuita al Menzini, così vi scherzò:

Tante sciocchezze non contien quel bello Opuscolo del Padre Lucchesini,

Che tacciò di C...... il Machiavello.

(3) Nel 1725, colle stampe di Venezia, comparve alla luce un opera intitolata « Il trono di Salomone, o sia politica di governo a tutte le nazioni del mondo, dove s'impugna il Machiavelli, si combatte il duello, si erudiscono i principi nel governo, con altri rilevanti trattati di Gio. Maria Muti. "

(4) Anti-Machiavel, ou Essai de critique sur le Prince de Machiavel, publié par M. de Foltaire. Amsterdam, 1741.

III. Giusta intelligenza delle Opere del Machiavelli, e specialmente del Libro del Principe.

Non è nostra intenzione ritessere di nuovo, o riportare per intiero la vittoriosa difesa del Machiavelli, quale si legge nella prefazione della citata edizione del 1782. Fu in quel tempo opportuna, allorchè la cognizione di un tanto Scrittore era confinata nei gabinetti dei veri uomini d'insigne letteratura, e di purgato giudizio. Ora che mediante il lume sparso sopra di lui, è divenuto più famigliare, sarà bastante delibare qualche saggio di sua difesa, quale discenderà naturalmente nel riprodurre la illustrazione letteraria delle sue opere.

Il libro del Principe è quello che più d'ogni altro ha maggiormente esercitate le penne de' suoi detrattori. Essi hanno creduto, o fatto credere, di trovarvi un pieno e ragionato sistema d'irreligione, d'empietà e di tirannide, figlio degl' intimi sentimenti dell'autore, ed hanno gridato ad alta voce al lupo, ed eccitata contro di esso l'indignazione universale. Una buona e giusta regola di critica avrebbe voluto, che fosse stato preso in considerazione nel suo totale, e non a pezzi staccati e molte volte sfigurati; che non si dissimulasse la disapprovazione dello stesso scrittore, non mai disgiunta dalle massime veramente perverse; che si confrontasse il Machiavelli col Machiavelli medesimo, uno scritto con gli altri suoi scritti, un sentimento coll' intiero de' suoi sentimenti; e compreso per questa regia via il vero di lui spirito, e lo spirito delle sue opere, era da vergognarsi di combattere un fantasma, creato nella propria immaginazione. Come egli facesse il principal fondamento della sua politica la religione, e quanto della religione cristiana singolarmente valutasse il pregio in ogni branca di amministrazione governativa, si presenta agli occhi di chiunque in cento luoghi delle opere sue. Essa rispettata e osservata è il sostegno dei governi, e trascurata è il preludio sicuro di loro rovina, nel Cap. XII del libro primo de' Discorsi. Alla religione cristiana deesi l'aureo nuovo diritto delle genti, e la moderazione ed umanità con cui trattansi presso i cristiani fino i nemici, nell'Arte della guerra, libro secondo sul fine. Il timore di Dio esser dee il primo pregio del soldato, come colui CHE OGNI DI SOTTOMETTENDOSI A INFINITI PERICOLI, HA PIU BISOGNO DEGLI AJUTI SUOI,

nel proemio dell'Arte della guerra. Detestabile è la fraude in ogni azione, nel cap. XL del libro terzo de'Discorsi. Laudabile in un principe mantener la fede, e vivere con integrità, e non con astuzia, nel cap. XVIII del libro del Principe. Uti le a un principe avere da'soldati e dai sudditi l'ubbidienza e l'amore, cap. XXII del libro terzo de'Discorsi, Desiderabile esser tenuto pietoso, nel cap. XVII del Principe. Cosa abominevole ammazzare li suoi cittadini, tradire gli amici, esser senza fede, senza pietà, senza religione, nel cap. VIII del Principe. Sono modi crudelissimi violentare i popoli, e nemici di ogni vivere non solo cristiano ma umano, e debbegli ogni uomo fuggire, e volere piuttosto vivere privato, che re con tan

ta rovina degli uomini, nel cap. XXIV del primo libro de' Discorsi. Dietro le quali massime, che sole riportiamo per un semplice saggio, giova osservare con qual sentimento egli rappresenta dovunque, nelle storie principalmente e nei discorsi il carattere degli uomini benefici e virtuosi, di Scipione, di Teodorico, di Giovanni e Cosimo de' Medici; ed al contrario con quali neri colori ei dipinge la tirannia del duca di Atene (1); le violenze e la corruzione del governo di Firenze (2): le ingiustizie vere o supposte di Astorre Gianni (3) ; la viltà di Bartolommeo Orlandini, e la sua indegna vendetta contro Baldaccio di Anghiari (4); il tradimento di Ferrando re di Napoli nell'uccisione di Jacopo Piccinino (5); e finalmente come ei tratti ne'suoi Decennali Alessandro VI, e l'infame di lui figliuolo, il duca Valentino (6), che male a proposito fu supposto l'eroe del libro del Principe. Ma per tutti questi esempi, e per cento e mille altri tratti di simil natura, che s'incontrano negli scritti suoi, basti il fermarsi sul cap. X del libro primo de'Discorsi, e vedere ivi con quale intimo sentimento di persuasione, e diremmo quasi entusiasmo, egli segna ai supremi governanti la via della virtù, e scuopre tutto l'orrore di quella delle scelleratezze e del vizio. Noi rimettiamo i lettori a quell' aureo capitolo, e dopo di quello ad una preziosa operetta, intitolata La mente di un uomo di stato, - stampata la prima volta in Roma nel 1771 con pubblica approvazione, la quale altro non è che una collezione delle massime, precetti e sentenze del Machiavelli, estratte per opera di un insigne magistrato fedelmente, secondo il senso dell'autore, e colle sue stesse parole da qualunque dei suoi scritti disposte regolarmente sotto tanti capi, che formano in corpo il sistema politico del segretario fiorentino. Questa operetta avrà luogo in fine della presente edizione, come lo ebbe la prima volta in quella del 1782, dalla quale tutte le edizioni posteriori l'hanno ricopiata.

IV. Disegno del Machiavelli nello scrivere il libro del Principe.

Le osservazioni ed i riflessi di sopra accennati ci

(1) Storie lib. II. (2) Storie lib. III.

(3) Storie lib. IV. Si è detto vere o supposte, perchè il Tinuccio in quei tempi cancelliere del magistrato de' dieci, e Neri Capponi, che scrissero un' istoria, come riferisce Michel Bruto nel libro primo delle sue storie, non fanno menzione della crudeltà rimproverata al Gianni, anzi lo lodano di molte sue azioni. Non pare neppure che fosse ammonito, cioè privato di poter cuoprire magistrature, come dice il Machiavelli, in pena delle sue violenze commesse nella valle di Seravezza, poichè si trova degli accoppiatori dello Squittinio dell' anno 1433, della Balia del 1434.

(4) Storie lib. V. e VI. (5) Storie lib. VII. (6) Decennale I.

e

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