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trettanto tempo, e co'medesimi patti. Finito l'aspetto, era lecito a costui di partirsi; ma prima di due anni non poteva guerreggiare il principe colla sua compagnia, nè prima di sei mesi passare a' servigi di verun suo aperto nemico (1).

Durante la ferma e per un mese dipoi niun soldato poteva venire ricerco per cagione di debito o di malefizio anteriore ad essa: quanto a' reati commessi durante quella, se in città, ne giudicava il podestà o il capitano del popolo o il capitano della guardia; se in campo, li definiva sommariamente il capitano generale o gli officiali di condotta; seppure per patto speciale questo diritto non fosse stato riserbato al condottiero stesso. In ogni caso era sempre lasciata a' contestabili l'autorità di punire gli inobbedienti e mancanti. Quanto a' pagamenti delle soldatesche, i magistrati a volta a volta ne spedivano gli ordini o, come allor si diceva, le bollette; i tesorieri od esattori delle terre, ove elleno stavano a guardia, ritiravano l'ordine (2), e lo pagavano, deducendo solo dalla quantità scritta certa piccola somma a titolo di gabella o dirittura (5). Le mesate dividevansi dove in quattro, dove in cinque paghe (qui parliamo degli stipendiarii acquartierati nelle provincie): dall'ultima paga sbattevansi le multe e mende, di cui si trovava il soldato in debito, giusta le polizze fornite ai tesorieri dagli ufficiali sópra i difetti.

In verità siccome l'esercizio di codesta milizia dipendeva da uno spontaneo contratto, non da un na

(1) V. la nota IX.

(2) Ant. Ducum Mediol. Decreta, p. 60. 95.

(3) V. la nota X.

turale dovere; così lo Stato esigeva dal colpevole non un castigo per l'infrazione d'una legge, ma il risarcimento d'un danno. Quindi sia nei regolamenti generali degli stipendiarii, sia nei patti speciali di condotta apponevasi una lunga tariffa di multe, ciascuna a ciascuna mancanza: il condottiero la giurava, ed egli i suoi venendo a mancare, vi si assoggettavano, come a cosa ovvia ed intesa (1). Anzi a tale era giunta da una parte e dall'altra l'impudenza, che sopra i difetti de' soldati s' era costituito un articolo non dispregievole della pubblica entrata (2). Del resto l'estrema pena era quasi sempre la cassazione: cassavansi i traditori, gli inobbedienti all'aperta, i mancanti per la terza volta nella persona o nel destriero (5).

Ad ogni sei mesi almeno facevasi la mostra di tutte le genti. Per quelle acquartierate qua e là, inviavansi alcuni consegnatori ad eseguirla. Costoro, presentato che avevano la loro commissione al podestà, ovvero al capitano del luogo, si facevano dare i nomi di tutti i soldati quivi dimoranti; poscia mandavano bando, che ciascuno sotto pena di cento fiorini e della cassazione comparisse personalmente alla rassegna. Compiuto l'uffizio, ne spedivano il risultato agli officiali sopra i difetti per rispetto alle ritenzioni?e multe imposte. Era vietato alle soldatesche di presentare alle mostre cavalli, armi od arnesi presi in (1) V. la nota XI.

(2) Nel 1339 per Firenze era di fior. d'oro 7000 (11. it. 136,990, secondo le basi stabilite nell'Economia polit. del ch. cav. Cibrarió); e lo stipendio de' notai sopracciò di'll. 2500 di piccoli. G. Vill. XI. 91. 92.

(3) V. la nota XII. C.

prestito, e di vendere od impegnare i proprii: che anzi era stabilita una egual multa al colpevole ed al complice. Era lecito agli officiali di condotta di cassare tutti gli uomini e cavalli che non riputassero idonei in tal caso il capitano era obbligato non solo a surrogarli, ma a pagare per ciascuna surrogazione di cavallo trenta soldi, di cavalcatore venti, di fante dieci. Risarcivansi i danni della guerra ne' cavalli, purchè venissero accertati per mezzo di chiare prove o di testimonii: ottenuta la menda, il soldato doveva rimettersi a cavallo fra otto di. Perdevasi il dritto alla paga per temporario congedo, o per prigionia di più di due mesi, o quando si fosse fatto giuramento ai nemici di più non combattere in quella guerra. Ai mercenarii che volessero tornare alle proprie case oltre le Alpi od il mare, non si poteva negare licenza : bensi prima di partire dovevano giurare di tornarvi in realtà.

Come erano in denari le pene, così le ricompense: perchè colà dove gli stimoli d'onore, di gloria, di amor patrio non hanno luogo, qual altro incitamento può essere fuori del privato e materiale vantaggio? Compravasi adunque il certo servigio a certo prezzo : se spontaneamente per parte delle soldatesche si cresceva il servigio, crescevasi in proporzione dal lato del principe la mercede (1). Quanto alla preda, questi erano gli usi sconfiggendo in battaglia un numero inaggiore di duecento cavalli, e rimanendo padroni del campo ostile, i venturieri avevanò diritto a una doppia mesata ed agli arnesi del nemico; ma allora i prigioni

(1) V. la nota XII.

più illustri, o, come allor dicevasi, da taglia, appartenevano al principe: ritenendo i prigioni, le soldatesche perdevano il diritto alla paga doppia. Quanto ai semplici soldati, venivan eglino senz'altro rilasciati in libertà (1). Tutte le cose mobili, tutti gli abitanti di qualsiasi terra presa d'assalto, cadevano in proprietà de' soldati vincitori; ma entrandovi in forza di qualche capitolazione, questi nulla potevano pretendere, oltre il solito stipendio. Caso che facessero prigioniero alcun bandito e traditore dello Stato, oppure il capitano di guerra nemico, dovevano rimetterlo senza indugio nelle mani del principe; il quale ne sborsava loro un prezzo fissato, cioè cento lire di piccoli per un uomo a piè, duecento lire per un uomo a cavallo, e duecento fiorini per un nobile.

Sopra il comando di tutto l'esercito ponevasi un capitano generale, solitamente italiano, assoldato con più meno grossa comitiva di fanti e di cavalli (2). Alcuni commissarii e gli officiali di condotta ne reggevano i consigli, e presiedevano all'amministrazione del campo. Talora a'più potenti condottieri concedevasi per patto di non dipendere da altri che dal capitano generale: talora, e sempre con funesta riuscita, spingevasi la insensatezza al segno da attribuire a costoro un'autorità pari a quella del medesimo generale capitano. Più sovente permettevasi a'condottieri di rizzare un proprio bastone e pennone, e di eleggere i proprii officiali detti marescialli, e di giudicare delle risse

(1)« Exceptis viris stipendiariis equestribus partis adversæ, « quos consignare Communi præd. minime teneantur . V. nota XII. B, e Cod. Archet. Ordin. mil. Florent. A. 1337.cit. (2) V. la nota XIII.

e altre differenze che insorgessero tra' loro soldati, eccetto gli omicidii (1). Prima di muovere a qualche spedizione, il capitano generale riceveva in gran pompa il bastone e le insegne del comando dalle mani del principe al cospetto di tutto il popolo, dei magistrati e del clero, e fra lo strepito delle campane e delle artiglierie (2).

III.

Queste erano in sostanza le corrispondenze dei venturieri col principe: quali relazioni passassero internamente tra loro, non è così facile determinare. Il caso riuniva, il caso scomponeva enormi masse di armati, cui l'universale ignavia aveva reso terribili. Al manifestarsi d'un tumulto, al denunziarsi d'una pace, il più ricco, il più reputato maresciallo o conestabile del campo sventolava una insegna, proponeva una impresa, offeriva a ciascuno buone condizioni di condotta e pingue bottino; e tosto moltissima gente correva a congiungersi a lui, e questa per altri capitani e per altre schiere in breve si raddoppiava. Quivi però, come il servigio, così volontaria e temporanea era la divozione. Le qualità personali, le ricchezze, la fama conciliavano a questo capitano tale obbedienza che a quell'altro veniva ricusata.

Il potere adunque del capo era limitato dal beneplacito de' dipendenti; questo poi dall'interesse comune; oltre il quale invano avresti cercato obbedienza, e invano l'avrebbero sperata il duca Guar

(1) V. la nota IX. C.

(2) Ammirato, St. XVI. 859. - P. Minerbetti, Cron. p. 289. 554 (Rerum Florent. Script.).

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