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libertà può sembrarne amore, Marsiglio da Carrara corruppe a forza di denari i mercenarii tedeschi, e sbandi col loro aiuto dalla città chi la straziava. Allora se ne fa eleggere signore, rimanda in Germania le squadre (1), e patteggia collo Scaligero le sorti della patria. La somma dell'accordo fu, che Taddea figliuola di Iacopo da Carrara sposasse il nipote di Cangrande, il quale dovesse rimanere padrone di Padova, ma a condizione che Marsiglio vi continuasse nella solita maggioranza col titolo di Vicario, ed entrasse senza dimora nella possessione dei beni de' più doviziosi condannati. Compiuto il matrimonio, introdotte in città le masnade di Cangrande, quando nel general consiglio fu proposto di concedere a lui la signoria, niuno s'attentò a opporre parola. Dopo diciassette anni di guerra civile, dopo la morte di cento ⚫ migliaia d'uomini mancati di ferro, di fame, di freddo, 10 bre d'esiglio, e di supplizii, Cangrande incontrato a festa

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dal clero e dai garzoncelli entrava trionfante nelle desolate mura. Il popolo stupito, nè oramai più sapendo che cosa desiderare o temere, non fiatava nemmeno: a pochi che gridarono « Viva Cane e tolgansi i dazii e i sacchi », fu risposto colle saette; mentre il signore, facendone le meraviglie, domandava che fosse.

Del resto ben poco tempo godě Marsiglio il prezzo ricavato dalla vendita della sua patria. Cangrande che nol voleva nè troppo ricco nè troppo vicino agli antichi suoi partigiani, lo costrinse a restituire i de

(1) Cortus. hist. III. 14. Albert. Muss. De Gest. Ital. XV. 750.

nari rapiti, e si affrettò a chiamarlo a Verona; dove confuso cogli altri cortigiani convenne quindi innanzi al Carrarese passare le mattine in sala ad aspettare il signore, e seguitarlo a caccia e a sollazzo di notte e di giorno, come a Cangrande attalenta; e se passeggia, passeggiare con esso, e se si ferma, fermarsi, e attendere e desiderare l'ora di vederlo e farglisi vedere, e affettarne le maniere, e star come esso negli atrii seduto sul cavallo e dormigliare appoggiato all'arcione (1). In Padova, fatta serva, povera e vile, poche masnade stipendiate bastarono per soffocare ogni seme, che di buono e di forte ancor vi fosse rimaso. Tal fine vi ebbe la libertà e la milizia cittadina.

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L'anno innanzi Pisa atterrita pella imminente ca- gennaio lata di Ludovico il Bavaro, aveva fatto compilare il codice delle sue masnade stipendiarie (2); ed il Co

(1) Alb. Mussat. cit. L. XII. 755–764.—Cortus. hist. IV. 3-5. (2) Questi ordinamenti, stati ratificati poi e corretti nel 1331, sono riportati alla nota IV, per gentilezza del Prof. Francesco Bonaini, che ce ne fece libero dono. In essi vengono creati alcuni soprastanti alle masnade: fissato il numero e il prezzo de' cavalli, che deve avere sia il donzello, sia il milite, sia il banderaio: antivenute le false poste e gli altri inganni : stabilite le paghe deʼnotai e altri officiali alle condotte : commessa la giurisdizione sulle masnade, quanto alle quistioni civili, ai soprastanti suddetti, quanto ai malefizii ossieno reati, al Capitano del popolo: fatta distinzione tra stipendiarii italiani e stranieri: determinati i casi e i modi delle emende ossia dei compensi da darsi per causa dei cavalli morti o danneggiati in servigio pubblico: vietato l'assentarsi, e il vendere, l'impegnare e il prestare qualsiasi cavallo descritto: impedita l'intrinsichezza tra gli stipendiarii e i cittadini: coman

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mune di Bologna, in conseguenza di una grandissima rotta datagli a Monteveglio dalle squadre oltremonfebbraio tane de' principi di Lombardia, a quasi unanime suffragio aveva giurato obbedienza alla Chiesa, e ricevutone guarnigione di 800 cavalli stipendiati (1). Così ne' Comuni d'Italia già sì fiorenti e bellicosi vedevasi via via succedere alla milizia cittadina la mercenaria, alla indipendenza il servaggio, alla vita la morte.

VI.

Ma quali erano frattanto verso chi li pagava i portamenti di cotesti mercenarii, che stavano per introdurre una nuova milizia nell'Italia? Quando la guerra diventa mestiere, e la bravura si compra e si vende, chi più dà più ottiene: fedeltà, onore, virtù, ufficio di suddito, eroismo di cittadino sono nomi ignoti o cose strane. Guai agli Stati che non piantano le loro basi sopra forze proprie! Que' conestabili tedeschi e borgognoni, che per un poco di denaro davano vinta a Castruccio la giornata d'Altopascio, per maggior somma ricevuta da' nemici congiuravano di ucciderA. 1315 lo (2). Que' mercenarii che Firenze e Padova conducevano a prezzo dal Friuli e dall'Inghilterra contro Castruccio e Cangrande, non erano lenti a tradire l'una e l'altra, tostochè si offeriva ad essi occasione

date due mostre generali di tutti gli stipendiarii in ciascun anno; esentate le masnade dalle gabelle d'entrata.

(1) Cron. miscell. di Bol. p. 343. (R. I. S. t. XVIII.) — G. Vill. IX. 321.—Bonifac. de Moran. Chr. Mutin. p. 109. (R. I. S. t. XI.)

(2) G. Vill. IX. 332.

di più ricco guadagno (1). Mille Tedeschi, di quelli di Enrico vi, dopo avere in Genova per paga aiutato i Guelfi contro i Ghibellini ed i Ghibellini contro i Guelfi, pigliato il pretesto di certi loro crediti, facevano empito sopra la città, vi uccidevano 500 persone, altre ne ritenevano in ostaggio, nè prima le lasciavano in libertà che dopo averne ricavata una taglia di 17 mila fiorini (2). Queste erano le prime insolenze dei venturieri in Italia nel XIV secolo. Molto più dure prove erano serbate ai signori di Milano.

Non così tosto Matteo Visconti ne era stato creato A. 1314 vicario imperiale, che s'era affrettato a circondarsi di buone squadre al soldo, siccome di un sicurissimo schermo contro gli umori interni, e gli assalti esteriori de' Torriani fuorusciti, del papa e del re di Napoli. Alla morte di Enrico vi, un conte di Salibrun, in fama di prode e nobilissimo guerriero, venne da Matteo preposto al governo di tutte le masnade colla paga di 500 cavalli. Un dì, essendosi avuta vista del nemico, il Podestà ordinò al conte di ritirarsi in un luogo forte, e fermarsi finchè arrivasse il grosso dell'esercito ma il conte, protestando che le sue insegne non erano use a nascondersi in faccia al nemico, si ostinò a procedere innanzi e attaccarsi con esso. Vittima di sua caparbietà, vi rimase egli estinto: ma già si scorgeva quale obbedienza era lecito sperare da gente siffatta (5).

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(1) Alb. Mussat. De Gest. Ital. L. IV. R. 3. G. Vill. IX. 207.

(2) Guil. Ventur. Mem. Ast. c. 90.

(3) Joh. de Cermenat. c. 66. — Boninc. Morig. Chr. Modat. L. II. c. 17 (R. I. S. t. XII).

Morto il Salibrun, restò al comando degli stipendiarii Marco Visconti, giovine forte, animoso, di far soldatesco; il quale con molta fama e bravura li capitanò nelle guerre contro Genova, contro Asti, contro i vicarii angioini in Piemonte, e contro l'esercito della lega guelfa in Lombardia. Col braccio di cotesta gente Matteo di lui genitore distese il dominio sopra Pavia, Piacenza, Lodi, Bergamo, Novara, Alessandria, Como e Tortona, e nella vacanza dell'impero si fece acclamare perpetuo signore di Milano, e sfidò la crociata e gli anatemi di papa Giovanni xxã. Alla morte di Matteo, il figliuolo di lui primogenito Galeazzo corse con quelle squadre le vie di Milano, e se ne fece eleggere quasi per forza Capitano generale (1). Ma colà appunto dov' ei credeva riposto il nerbo della sua potenza, se ne celava il rovinoso tarlo.

Cugino a Galeazzo era un Lodrisio Visconti, di cui A. 4322 un uomo più simile a Catilina non troveresti nelle storie. Costui, quanto vicino al potere, tanto più esagitato dalla rabbia di non possederlo e dalla smania di conseguirlo, congiurò colla nobiltà milanese di balzare dal seggio Galeazzo. Cominciò dall' acquistarsene con pecunia e promesse le masnade; il legato della Chiesa e gli esuli guelfi accampati sulle rive dell'Adda gli prestarono favori e denari: il popolo, straziato dalle prestazioni personali e reali, e da una quadruplice imposta, gli diè motivo di velare di pubblico bene il privato intento. Insomma, quando Galeazzo sel pensa meno, 89bre le masnade tedesche levano ribellione, escludonlo dalla città, e creanvi capitano un conestabile Borgo

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(1) G. Vill. IX. 154.

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