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Vengono i Poeti alla quinta bolgia, la quale è oscu-
rissima, e tutta ripiena di pece bollente, in cui
stavano i Barattieri, che erano guardati da De-
moni, i quali con gran furia si fecero incontro a
Virgilio; ma egli parlando con Malacoda ottiene
licenza di passare avanti.

Così di ponte in ponte, altro parlando
Che la mia Commedia cantar non cura,
Venimmo, e tenevamo 'l colmo, quando
Ristemmo per veder l'altra fessura
Di Malebolge e gli altri pianti vani,
E vidila mirabilmente oscura.
Quale nell'Arzenà de' Viniziani
Bolle l'inverno la tenace pece
A rimpalmar li legni lor non sani,

Che navicar non ponno, e 'n quella, vece
Chi fa suo legno nuovo, e chi ristoppa
Le coste a quel che più viaggi fece;

Chi ribatte da proda, e chi da poppa;
Altri fa remi, ed altri volge sarte;
Chi terzeruolo ed artimon rintoppa:
Tal, non per fuoco, ma per divin'arte
Bollia laggiuso una pegola spessa,
Che inviscava la ripa d'ogni parte.

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I' vedea lei, ma non vedeva in essa
Ma che le bolle che 'l bollor levava,
E gonfiar tutta, e riseder compressa.

Mentr'io laggiù fisamente mirava,
Lo Duca mio dicendo; Guarda, guarda,
Mi trasse a sè del loco dov' io stava,
Allor mi volsi come l'uom cui tarda
Di veder quel che gli convien fuggire,
E cui paura subita sgagliarda.

Che per veder non indugia 'l partire:
E vidi dietro a noi un diavol nero
Correndo su per lo scoglio venire.

Ahi quanto egli era nell'aspetto fiero!
E quanto mi parea nell'atto acerbo,
Con l'ale aperte, e sovra i piè leggiero!

L'omero suo, ch'era acuto e superbo,
Carcava un peccator con ambo l'anche,
Ed ei tenea de' piè ghermito il nerbo.

Del nostro ponte disse: O Malebranche
Ecco un degli anzian di Santa Zita :
Mettetel sotto, ch'io torno per anche

A quella terra che n'è ben fornita;
Ogni uom v'è barattier, fuor che Bonturo :
Del no, per li denar, vi si fa ita.

Laggiù'l buttò, e per lo scoglio duro
Si volse, e mai non fu mastino sciolto
Con tanta fretta a seguitar lo furo.

Quei s'attuffò e tornò su convolto:

Ma i demon, che del ponte avean coverchio,
Qui Gridâr: non ha luogo il santo volto

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Qui si nuota altrimenti che nel Serchio;
Però, se tu non vuoi de' nostri graffi,
Non far sovra la pegola soverchio.

Poi l'addentar con più di cento raffi,
Disser: Coverto convien che qui balli,
Si che, se puoi, nascosamente accaffi.

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Non altrimenti i cuochi a'lor vassalli. Fanno attuffare in mezzo la caldaia La carne cogli uncin, perchè non galli. Lo buon Maestro: Acciocchè non si paia Che tu ci sii, mi disse, giù t'acquatta Dopo uno scheggio, ch'alcun schermo t'aia; 60 E per nulla offension ch'a me sia fatta Non temer tu, ch'i' ho le cose conte, Perchè altra volta fui a tal baratta. Poscia passò di là dal co del ponte. E com'ei giunse in sulla ripa sesta, Mestier gli fu d'aver sicura fronte.

Con quel furore e con quella tempesta
Ch'escono i cani addosso al poverello
Che di subito chiede ove s'arresta,

Usciron quei di sotto il ponticello,
E volser contra lui tutti i roncigli:
Ma ei gridò: Nessun di voi sia fello.
Innanzi che l'uncin vostro mi pigli,
Traggasi avanti l'un di voi che m'oda,
E poi di roncigliarmi si consigli.
Tutti gridaron: Vada Malacoda;

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Per che un si mosse, e gli altri stetter fermi; E venne a lui dicendo: Che ti approda?

Credi tu, Malacoda, qui vedermi Esser venuto, disse'l mio Maestro, Securo già da tutti i vostri schermi,

Senza voler divino e fato destro? Lasciami andar, chè nel cielo è voluto' Ch'io mostri altrui questo cammin silvestro, Allor gli fu l'orgoglio si caduto

Che si lascio casear l'uncino ai piedi,

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E disse agli altri: Omai non sia feruto.
El Duca mió a me: O'tu, che siedi

Tra gli scheggion del ponte quatto quatto,
Sicuramente omai a me ti riedi.

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Perch'io mi mossi, ed a lui venni ratto,

E i diavoli si fecer tutti avanti,
St ch'io temetti non tenesser patto,
E così vid'io già temer gli fanti
Ch'uscivan patteggiati di Caprona,
Veggendo sè tra nemici cotanti,

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Io m'accostai con tutta la persona
Lungo 'l mio 'Duca, o non torceva gli occhi
Dalla sembianza lor, ch'era non buona.”

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Ei chinavan gli raffi, e, Vuoi ch'io 'l tocchi 100 (Diceva l'un con l'altro) in sul groppone? E rispondean: S1, fa che gliele accocchi. Ma quel demonio che tenea sermone Col Duca mio, si volse tutto presto E disse Posa, posa, Scarmiglione.

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Poi disse a noi: Più oltre andar per questo

Scoglio non si potrà, perocchè giace

Tutto spezzato al fondo l'arco sesto;

E se l'andare avanti pur vi piace,
Andatevene su per questa grotta;
Presso è un altro scoglio che via face.
Ier, più oltre cinqu'ore che quest'otta,
Mille dugento con sessanta sei
Anni compièr che qui la via fu rotta.

Io mando verso là di questi miei
A riguardar s'alcun se ne sciorina:
Gite con lor, ch'e' non saranno rei.
Tratti avanti, Alichino e Calcabrina,
Cominciò egli a dire, e tu, Cagnazzo;
E Barbariccia guidi la decina.

Libicocco vegna oltre e Draghignazzo,

Ciriato sannuto, e Graffiacane,
E Farfarello, e Rubicante pazzo.
Cercate intorno le bollenti pane;
Costor sien salvi insino all'altro scheggio
Che tutto intero va sopra le tane.

Ome! Maestro, che è quel ch'io veggio?
Diss'io: deh! senza scorta andiamci soli,
Se tu sa' ir, ch'io per me non la cheggio.
Se tu se's accorto come suoli,
Non vedi tu ch'ei digrignan li denti,
E colle ciglia ne minaccian duoli?

Ed egli a me: Non vo' che tu paventi:
Lasciali digrignar pure a lor senno,
Ch'ei fanno ciò per li lessi dolenti.

Per l'argine sinistro volta dienno,
Ma prima avea ciascun la lingua stretta
Co' denti verso lor duca per cenno;
Ed egli avea del cul fatto trombetta

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