Natura certo, quando lasciò l'arte La faccia sua mi parea lunga e grossa, Dal mezzo in giù, ne mostrava ben tanto Dal luogo in giù, dov' uom s' affibbia il manto. Rafel mai amèch zabi almi, Cominciò a gridar la fiera bocca, Cui non si convenien più dolci salmi. El Duca mio vêr lui: Anima sciocca, 70 Tienti col corno, e con quel ti disfoga, Cercati al collo e troverai la soga Poi disse a me: Egli stesso s' accusa; Questi è Nembrotto, per lo cui mal coto Pur un linguaggio nel mondo non s'usa. 75 Lasciamlo stare, e non parliamo a voto: A cinger lui, qual che fosse il maestro, D'una catena che 'l teneva avvinto Questo superbo voll' essere sperto Quando i giganti fer paura ai Dei: Le braccia ch' ei menò, giammai non muove. Che dello smisurato Briareo Esperienza avesser gli occhi miei. Ond' ei rispose: Tu vedrai Anteo Presso di qui, che parla, ed è disciolto, Quel che tu vuoi veder, più là è molto, Non fu tremoto già tanto rubesto, 80 85 90 95 100 405 Allor temetti più che mai la morte; E non v'era mestier più che la dotta, S'i' non avessi viste le ritorte. 110 Noi procedemmo più avanti allotta, E venimmo ad Anteo, che ben cinqu' alle, Senza la testa, uscia fuor della grotta. 115 O tu, che nella fortunata valle, E che se fossi stato all'alta guerra Non ci far ire a Tizio, nè a Tifo: 120 Questi può dar di quel che qui si brama: 125 Però ti china, e non torcer lo grifo. Ancor ti può nel mondo render fama; Ch' ei vive, e lunga vita ancora aspetta, Se innanzi tempo grazia a sè nol chiama. Così disse il Maestro; e quegli in fretta Le man distese, e prese il Duca mio, Ond'Ercole senti già grande stretta. Virgilio, quando prender si sentio, Disse a me: Fatti 'n qua, si ch' io ti prenda: Poi fece sì che un fascio er' egli ed io. Qual pare a riguardar la Carisenda Sotto il chinato, quando un nuvol vada Sovr' essa sì, ch'ella in contrario penda, 130 135 Tal parve Anteo a me che stava a bada Di vederlo chinare, e fu tal' ora 140 Ch' i' avrei voluto ir per altra strada. Ma lievemente al fondo, che divora Lucifero con Giuda, ci posò; Nè si chinato li fece dimora, CANTO TRENTESIMOSECONDO. ARGOMENTO. Tratta il poeta del nono ed ultmo cerchio dell' In- S'io avessi le rime e aspre e chiocce, Chè non è impresa da pigliare a gabbo, 145 Ma quelle Donne aiutino il mio verso, Oh sovra tutte mal creata plebe, Come noi fummo giù nel pozzo scuro Dicere udi'mi: Guarda, come passi; Perch'io mi volsi, e vidimi davante Non fece al corso suo si grosso velo E come a gracidar si sta la rana Livide insin là dove appar vergogna Eran l'ombre dolenti nella ghiaccia, Da bocca il freddo, e dagli occhi 'l cor tristo 10 45 20 25 30 35 |