Quando fui desto innanzi la dimane, Ed io sentii chiavar l'uscio di sotto Come un poco di raggio si fu messo E disser: Padre, assai ci fia men doglia, Se tu mangi di noi: tu ne vestisti Queste misere carni, e tu le spoglia. Queta' mi allor per non farli più tristi: 40 45 50 55 60 65 Posciachè fummo al quarto di venuti, E faccian siepe ad Arno in su la foce, Novella Tebe, Uguccione e Brigata, E gli altri duo che il canto suso appella. Lo pianto stesso lì pianger non lascia, E'l duol, che truova in su gli occhi rintoppo, 95 Si volve in entro a far crescer l'ambascia: Chè le lacrime prime fanno groppo, E, sì come visiere di cristallo, Riempion sotto'l ciglio tutto il coppo. Ed avvegna che, sì come d' un callo, Per la freddura ciascun sentimento Cessato avesse del mio viso stallo, 100 Già mi parea sentire alquanto vento; Perch' io: Maestro mio, questo chi muove? Non è quaggiuso ogni vapore spento? 105 Di ciò ti farà l'occhio la risposta, Ed un de' tristi della fredda crosta Si ch' io sfoghi il dolor che'l cor m' impregna, Perch'io a lui: Se vuoi ch' io ti sovvegna, Oh, dissi lui, or se' tu ancor morto ? Cotal vantaggio ha questa Tolomea, Che spesse volte l'anima ci cade Innanzi ch'Atropos mossa le dea. 110 145 120 125 E perchè tu più volentier mi rade Come fec'io, il corpo suo l'è tolto Tu'l dèi saper, se tu vien pur mo giuso: I' credo, diss' io lui, che tu m'inganni; Chè Branca d'Oria non mori unquanche, E mangia e bee e dorme e veste panni. Nel fosso su, diss' ei, di Malebranche, Là dove bolle la tenace pece, Non era giunto ancora Michel Zanche, 130 135 140 Che questi lasciò un diavolo in sua vece 145 Nel corpo suo, e d'un suo prossimano, Che'l tradimento insieme con lui fece. Ma distendi oramai in qua la mano: Aprimi gli occhi: ed io non gliele apersi, Ahi Genovesi, uomini diversi Chè col peggiore spirto di Romagna Ed in corpo par vivo ancor di sopra. 150 155 CANTO TRENTESIMOQUARTO. ARGOMENTO. Entrano i Poeti nella Giudecca, che è la quarta ed ultima divisione del nono cerchio dove sono puniti loro, che tradirono i loro benefattori, nel di cui mezzo sta Lucifero: indi venenpo la notte, si partono dall'Inferno, e passati oltre il centro della terra salgono per una caverna all'altro emisfero, dove escono a riveder l'aspetto del Cielo. 5 Vexilla Regis prodeunt Inferni Verso di noi: però dinanzi mira, Disse'l Maestro mio', se tu'l discerni. Come, quando una grossa nebbia spira, O quando l'emisperio nostro annotta, Par da lungi un mulin che'l vento gira; Veder mi parve un tal dificio allotta: Poi per lo vento mi ristrinsi retro Al Duca mio; chè non v'era altra grotta. Già era (e con paura il metto in metro) 10 Là dove l'ombre tutte eran coperte, E trasparen come festuca in vetro. Altre sono a giacere; altre stanno erte, Quella col capo, e quella colle piante; Altra com'arco, il volto a'piedi inverte. Quando noi fummo fatti tanto avante, Ch' al mio Maestro piacque di mostrarmi La creatura ch'ebbe il bel sembiante, 15 |