Null'altra pianta che facesse fronda, Poscia non sia di qua vostra reddita; L'alba vinceva l'òra mattutina, 105 110 415 Noi andavam per lo solingo piano Com' uom che torna alla smarrita strada, 120 Quando noi fummo dove la rugiada Pugna col Sole, e per essere in parte Ove adorezza, poco si dirada; Ambo le mani in su l'erbetta sparte Soavemente il mio Maestro pose; Ond'io che fui accorto di su' arte, Porsi vêr lui le guance lagrimose: Quivi mi fece tutto discoperto Venimmo poi in sul lito diserto, 125 130 Che mai non vide navicar sue acque Quivi mi cinse, sì come altrui piacque⚫ 135 CANTO SECONDO ARGOMENTO. Allo apparir del Sole ritrovandosi i Poeti ancora sul lido, videro per mare venir un Angelo con un vascelletto d'anime, le quali scesero a terra per gire a purgarsi. Dante tra queste conobbe Casella suo amico, al cui soavissimo canto esse ritardando il passo, furono da Catone sgridate di negligenza; per lo che subitamente s'affrettarono tutte verso il monte del Purgatorio. Già era il Sole all' orizzonte giunto, E la notte che opposita a lui cerchia, Noi eravam lunghesso 'l mare ancora, 10 Ed ecco qual, su 'l presso del mattino, Cotal m'apparve, s' io ancor lo veggia, Dal qual com'io un poco ebbi ritratto Poi d'ogni lato ad esso m' appario Un non sapea che bianco, e di sotto A poco a poco un altro a lui n'uscio. Lo mio Maestro ancor non fece motto Mentre che i primi bianchi apparser ali. Allor che ben conobbe il galeotto, Gridò: Fa, fa che le ginocchia cali; Ecco l'Angel di Dio: piega le mani: Omai vedrai di sì fatti uficia li. Vedi che sdegna gli argomenti umani Si che remo non vuol, nè altro velo Che l'ale sue, tra liti sì lontani. Vedi come l'ha dritte verso 'l cielo Trattando l'aere con l'eterne penne, Che non si mutan come mortal pelo. Poi come più e più verso noi venne L'uccel divino, più chiaro appariva Perchè l'occhio da presso nol sostenne, 15 20 25 30 35 Ma chinail giuso; e quei sen venne a riva 40 Con un vasello snelletto e leggiero, Tanto che l'acqua nulla ne inghiottiva. Da poppa stava il celestial nocchiero, 45 Cantavan tutti insieme ad una voce, Con quanto di quel salmo è poscia scripto. 50 Ond' ei si gittâr tutti in sulla piaggia, Quando la nova gente alzò la fronte E Virgilio rispose: Voi credete Forse che siamo sperti d' esto loco; Ma noi sem peregrin, come voi sete. 55 60 Dianzi venimmo, innanzi a voi un poco Per altra via, che fu sì aspra e forte, 65 Che lo salire omai ne parrà gioco. L' anime che si fur di me accorte, Per lo spirar, che io era ancor vivo, Meravigliando diventaro smorte; E come a messaggier, che porta olivo, 70 Tragge la gente per udir novelle, E di calcar nessun si mostra schivo; Così al viso mio s'affissar quelle O ombre vane, fuor che nell'aspetto! Di maraviglia, credo, mi dipinsi; Ed egli a me: Nessun m'è fatto oltraggio, Se quei, che leva e quando e cui gli piace, 95 Più volte m'ha negato esto passaggio; Chè di giusto voler lo suo si face. Veramente da tre mesi egli ha tolto Chi ha voluto entrar con tutta pace. Ond' io che er' ora alla marina volto, Dove l'acqua di Tevere s'insala, Benignamente fui da lui ricolto. 100 |