Poi disse: Omai è tempo da scostarsi 140 CANTO DECIMOQUINTO. ARGOMENTO. I Poeti, seguitando il cammino per lo terzo girone lungo l'acque di Flegetonte, incontrano alcune anime dei Sodomiti, i quali a schiera camminavano sotto le fiamme cadenti; e Dante tra questi parla con Brunetto Latini, da cui gli vien predetto l'esiglio ed appresso gli vien data notizia d'alcuni altri che ivi erano seco puniti. Ora cen porta l'un de' duri margini, 5 Quale i Fiamminghi tra Guzzante e Bruggia, Temendo 'l fiotto che in vêr lor s'avventa, Fanno lo schermo, perchè il mar si fuggia; E quale i Padovan lungo la Brenta, Per difender lor ville e lor castelli, Anzi che Chiarentana il caldo senta: A tale imagin eran fatti quelli, Tuttochè nè sì alti nè si grossi, Qual che si fosse, lo maestro felli. 10 Già eravam dalla selva rimossi Quando incontrammo d'anime una schiera Guardar l'un l'altro sotto nuova luna; E si vêr noi aguzzavan le ciglia 15 20 Ed io, quando 'l suo braccio a me distese, 25 Ficcai gli occhi per lo cotto aspetto Si che'l viso abbruciato non difese La conoscenza sua al mio intelletto: E chinando la mia alla sua faccia Risposi: Siete voi qui, ser Brunetto? E quegli: O figliuol mio, non ti dispiaccia, Se Brunetto Latini un poco teco Ritorna indietro e lascia andar la traccia. E se volete che con voi m'asseggia, O figliuol, disse, qual di questa greggia 30 35 40 Io non osava scender della strada Ei cominciò: Qual fortuna o destino Lassù di sopra in la vita serena, Pur ier mattina le volsi le spalle: Ed egli a me: Se tu segui tua stella, E s'io non fossi si per tempo morto, Ma quell'ingrato popolo maligno, Che discese di Fiesole ab antico E tiene ancor del monte e del macigno, Ed è ragion; chè tra li lazzi sorbi 65 Si disconvien fruttare il dolce fico. Vecchia fama nel mondo li chiama orbi Gente avara, invidiosa e superba: La tua fortuna tanto onor ti serba 70 Che l'una parte e l'altra avranno fame Faccian le bestie fiesolane strame Di lor medesme, e non tocchin la pianta, In cui riviva la sementa santa Se fosse pieno tutto 'l mio dimando, Chè in la mente m'è fitta, ed or m'accora. La cara e buona imagine paterna Di voi quando nel mondo ad ora ad ora Ciò che narrate di mio corso scrivo, Tanto vogl' io che vi sia manifesto, Non è nuova agli orecchi miei tal'arra: Però giri fortuna la sua rota 85 90 95 Come le piace, e il villan la sua marrȧ. Nè per tanto di men parlando vommi 100 Ed egli a me: Saper d'alcuno è buono; In somma sappi che tutti fur cherci, Di più direi, ma il venire e il sermone 105 i10 115 Gente vien con la quale esser non deggio: Sieti raccomandato il mio Tesoro, Nel quale io vivo ancora; e più non cheggio. 120 Poi si rivolse e parve di coloro Che corrono a Verona il drappo verde Per la campagna; e parve di costoro Quegli che vince e non colui che perde. |