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Della Bibliofilía si pubblica ogni mese una dispensa di 32 pagine di scritti originali con molte illustrazioni e copertina a tre colori.

L'abbonamento annuo costa : Per l'Italia, Lire 40.

Postale) Frcs. 50.

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Per l'Estero (Stati dell' Unione

Non si vendono dispense a parte. Prezzo dell'annata compiuta

(dopo la pubblicazione dell'ultima dispensa), Lire 50.

L'annata corre dall'Aprile al Marzo.

Lettere e vaglia si dirigano alla Libreria LEO S. OLSCHKI - Firenze, Lungarno Acciaioli, 4.

SOMMARIO DEL PRESENTE FASCICOLO

Il Sacello Petrarchesco di Selvapiana e l'iscrizione di Pietro Giordani. (GRAZIANO PAOLO CLERICI). (Con 4 fac-simili)

Les Bibliothèques Musicales Portugaises. (MICHELANGELO LAMBERTINI)
Corrispondenti Piemontesi di Jacopo Morelli. (C. FRATI). (Continua).

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Pag.

I

II

26

Un inventario di codici del secolo XIII e le vicende della Biblioteca, dell'Archivio e del Tesoro di
Fonte Avellana. (GUIDO VITALETTI). (Con 10 fac-simili). (Continua)
Corriere delle Biblioteche. (ALBANO SORBELL1)

Rivista delle riviste

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Il nuovo organico delle Biblioteche governative italiane. La Biblioteca dell' Istituto germanico in Roma. Una relazione sulle Biblioteche del Belgio. Le Biblioteche pubbliche dell' Ecuador. La libreria musicale della contessa Sofia Coronini Fagan. Una grande Biblioteca a Damasco. Vendita a Londra dell'archivio Medici-Tornaquinci. Riordinamento della Biblioteca Vaticana. Sul Cod. ms. 28 dell'Accademia delle scienze di Torino. - Miniature e codici miniati a Lodi. Autografi del Leopardi. Concorso per una « Storia di Ravenna » in occasione del VI centenario dantescc. Una Scuola romana di storia pontificia. La Biblioteca Cavalieri. La lingua e letteratura italiana a Guayaquil. Manoscritti e aut:grafi. Un caso bibliografico. Un vecchio elenco di Cronache bolognesi. Due rari incunabuli all' Estense di Modena. Bibliografia Gnecchi. La riproduzione Olschki dei disegni della scuola bolognese esposta a Bologna.

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Inventari dei Manoscritti delle Biblioteche d'Italia

Opera fondata dal prof. GIUSEPPE MAZZATINTI

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Volume XXIV: Manoscritti della R. Biblioteca Universitaria e della Biblioteca Cateriniana del Seminario di PISA, d'ARGENTA e di PAVULLO nel Frignano. 180 pp. (compreso l'Indice). Fr. 20.

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Volume XXV: Manoscritti della R. Biblioteca Universitaria di BOLOGNA. 304 pp. (compreso l'Indice). Fr. 20.

Questa pubblicazione si continua regolarmente con due volumi per anno al prezzo di 12 Franchi cadauno per i sottoscrittori ab origine e a 20 Franchi a parte, finchè disponibili.

Non si trovano più in commercio collezioni complete, essendo esauriti i volumi IX, X, XI e XII.

I volumi XIV e XV furono ristampati.

Sono usciti finora gli inventari di 125 Biblioteche d'Italia.

Nessun altro paese del mondo può vantarsi di una simile pubblicazione.

La Bibliofilía

RIVISTA DI STORIA DEL LIBRO E DELLE ARTI GRAFICHE DI BIBLIOGRAFIA ED ERUDIZIONE

DIRETTA DA LEO S. OLSCHKI

Il Sacello Petrarchesco di Selvapiana
e l'iscrizione di Pietro Giordani

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ELLA primavera del 1914 fu diffuso in Parma, in un ristretto numero di esemplari, un enigmatico opuscoletto senza nome d'autore, composto di due zincotipie, tenute insieme da un cartoncino, a guisa di libro, senz'alcuna denominazione, o dicitura dichiarativa, salvo che sulla prima pagina del cartoncino, dove appariva impresso lo stemma della Bibliotheca Regia Parmensis, si leggevano le parole seguenti:

<< PER IL RISTAURO DI SELVAPIANA, 1838-1914 ».

Le due zincotipie interne, l'una di fronte all'altra, presentavano le imma. gini di un'edicola isolata (Fig. 1), e di una statua di persona seduta sopra un sasso, eretta nella parte superiore del busto, e mirante verso il cielo (Fig. 2). Per chiunque non le avesse altrimenti vedute, né avutane comechesia notizia (caso non raro), quelle due zincotipie, cosí, senz'altra indicazione d'alcun genere, anche se messe in relazione con le parole esterne, riuscivano un problema. E io posso assicurare che persona degna della migliore stima, a cui l'opuscolo era stato inviato, mi richiese quale relazione vi fosse tra il ristauro d'una selva, e quelle figure anonime, che non aveva mai avuto la fortuna di vedere, e che pur gli parevano di cosé notorie.

Un po' meglio informato, potei rispondere che l'edicola era il Sacello, o tempietto, innalzato in Selvapiana nel 1839 a spese di una Società di parmigiani, in onore del Petrarca; e che la statua raffigurava appunto il poeta, che si era voluto onorare. Quanto allo scopo di quella pubblicazione, se non riusciva subito evidente, anzi, a dire il vero, rimaneva incerto, era tuttavia degno di lode. Il bibliotecario della Regia Bibliotheca Parmensis di quel tempo, il cav. Edoardo Alvisi, venuto a sapere che il modesto edifizio petrarchesco si trovava in cosí misere condizioni edilizie da dover essere ristaurato senza dilazione, aveva avuta

La Bibliofilia, anno XXI, dispensa 1-3

I

la buona idea di promuovere in Parma una pubblica sottoscrizione allo scopo di raccogliere la somma necessaria ai ristauri del tetto, di qualche parte interna dell'edicola, e forse anche alla piantagione di un laureto intorno al Sacello. L'Alvisi credeva che fossero superflui scritti e discorsi; che bastasse presentare lo stato delle cose agli occhi dei buoni parmigiani, perché si conseguisse, nel 1914, il non arduo scopo che si proponeva. Come nel 1838 si erano raccolte diciotto mila lire, in circa, per onorare il Petrarca, cosí nel 1914 egli pensava e an

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dava ripetendo

si sarebbe ancor raccolta la piccola somma necessaria per mettere al sicuro dalle minacce del tempo quel tempietto ch'era stato costruito per onorarlo.

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Lo scopo era ottimo ripetiamo ma ben altro era da dire e da fare perché fosse conseguito, e, in fatti, nonché conseguito, non fu neanche avvicinato. Il tempietto del Petrarca rimase come prima, e que' pochi o molti, che si recarono a far visita ai luoghi da lui amati, e che poterono entrare nel suo Sacello, ebbero ancora la sgradita sorpresa ch'era toccata a me e al chiarissimo prof. Emilio Costa, compagno di visita, di trovare il loco al tutto negletto, la volta del tempietto screpolata, umidiccia e scolorita; graffiate e scalcinate le pa

reti interne, e la statua del poeta invasa da sfoghi grafici a matita d'ogni specie, eccettuata quella decente.

Dal 1914 a' di nostri, le cose non mutarono, se non in peggio; poiché alle ingiurie sgarbate del tempo si aggiunsero scritti numerosi, i quali non ebbero la virtú di far accomodare un solo tegolo del tetto, e diffusero invece e ribadirono, col commovente scopo d'insegnare la storia, non pochi, non nuovi e non lievi errori, che, nell'attesa rassegnata dei ristauri, sarà bene tentar di rimuo vere, senz'altro.

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Non è vero, in primo luogo, come si è scritto, che la priorità del pensiero di onorare il Petrarca, innalzandogli un tempietto in Selvapiana, bosco da lui amato e descritto, spetti al francese Antonio Marsand (1); poiché invece il buon abate padovano rende la dovuta giustizia al governatore di Parma, di cui diremo tra poco (2). Non è vero che la statua del Petrarca abbia lo sguardo rivolto alla contemplazione celeste di Laura; poiché l'artista che la scolpí ebbe altra intenzione. Egli ritrasse il Poeta con la penna nella destra e alcuni fogli nella sinicome appare anche dalla zincotipia - nel momento che, scaldato improvvisamente il petto da fuoco apollineo, riprende a comporre il poema De Africa, da lungo tempo interrotto (.... ibi Pierius gelidum me contigit, ardor) (3). E il merito di tale fervida ripresa, in un momento, che l'animo era quieto (gelidum), è propriamente da attribuirsi al luogo: excivit locus ingenium. E appunto per questo, il pittore Francesco Scaramuzza, che ideò, in relazione col concetto dello scultore, la decorazione della volta del tempietto, non diede alla figura di Laura un posto prevalente. Se in una delle figure che volteggiano nell'aria della cupoletta è pur da vedere anche la bella Avignonese, non è ad essa però rivolto lo sguardo e il pensiero del Poeta, piú che non sia alle altre figure allegoriche ivi dipinte. Non è vero, infine, che il Sacello e la casuccia presso il Sacello sorgano sulle rovine della Casa del Petrarca.

Converrà dunque rifarla la breve storia del tempietto, e dire ogni cosa francamente, anche se per avventura riusciremo a distruggere qualche leggenda, seminata, cresciuta e ottimamente coltivata.

Il ben noto storico di Parma, il dotto Angelo Pezzana, che fu il relatore d'ogni cosa che abbia attinenza alla Società per l'erezione del tempietto, e l'interprete sicuro del pensiero del promotore, nel primo opuscolo da lui dato fuori con la data del 1° aprile 1838, dice: « Quando nell'anno 1816 fu restituito allo Stato Parmense quella parte del territorio, in cui sta Selvapiana, era Governatore dei Ducati di Parma e di Guastalla un cultore delle muse, amantissimo del Petrarca. Egli fece ricercare con ogni diligenza se restasse in Selvapiana qualche parte della Casa abitata da messer Francesco; ed avuta certezza che ne rimanessero ancora alcune reliquie, commise che a spese di lui e queste e alcune tavole di terreno che loro stanno intorno si acquistassero con intendimento che vi si erigesse novello edifizio in onore di quel grande, e circondato fosse di

(1) ALDO CERLINI, Rivista mensile del Club-Italiano, n. 12, dicembre, 1916, pag. 663. (2) AB. ANTONIO MARSAND, Rime del Petrarca, Padova, 1819, pag. 362.

(3) Lettera del Petrarca all'amico Barbato di Sulmona.

fresco ed odorifero laureto. Multiplici e diverse difficultà vincere gli fu mestieri per giungere a tanto desiderato acquisto; il quale non fu fatto che il dí quinto di Novembre dell'anno 1835 a rogito del notajo Domenico Pazzoni » (1).

Il governatore di Parma e Guastalla, cultore delle muse, amantissimo del Petrarca, che ordinò sin dal 1816 le ricerche concernenti la Casa del Petrarca in Selvapiana, era il ministro Vincenzo Mistrali. E perché nelle « multiplici difficultà superate », delle quali molto accortamente il bibliotecario si passa, passarono anche non meno di anni diciannove, non è da tacere ora che tra esse si affacciò insistente quella della scelta del luogo, dove si potesse erigere il tempietto. In realtà, i ruderi di quella che, per tradizione locale, era detta Casa del Petrarca, e che era pur detta Casa alle pendici, si trovavano nel mezzo d'un bosco d'incantevole e romita bellezza; ma presso un pendio dirupato e franoso. Ond'è che, dopo molte incertezze, e lunghissime e laboriosissime vicende, durate quasi quattro lustri, alla fine, parve ineluttabile di far sorgere il modesto edifizio in un luogo non impervio né franoso, che fosse nella plaga di Selvapiana, ma alquanto piú a valle (2).

L'atto notarile del 5 novembre 1835, a cui si accenna piú sopra dal Pezzana, si riferisce al poco terreno sul quale fu costruito poi, nel 1839, dalla Società Petrarchesca; non già a quella casa, intorno alla quale si era formata la leggenda che fosse la Casa abitata dal Petrarca. Per questa Casa, e per la leggenda che la riguarda, il prof. Amadio Ronchini di Parma, con quella sua acuta penetrazione di mente, ma timidezza di spirito che lo distinguevano, aveva detto delle verità non a tutti piacevoli, perché all'ultimo riescono a demolire, e la casa e la leggenda (3). In primo luogo egli dice che non è da pensare menomamente a un vero e proprio domicilio del Poeta in siffatto sito, nel mezzo d'un bosco, lontano dall'abitato, privo d'ogni conforto necessario alla vita di un uomo civile. Vero è che il Petrarca, nell'epistola ricordata al Sulmonese, dice che nel bosco trovò ricetto tranquillo a muse fuggiasche, profugis domus placidissima Musis; ma è da osservare dice il Ronchini che quel domus è usato nel senso dato da Virgilio alla medesima parola (Eneide, I, v. 168) quando accenna all'antro delle Ninfe, dove riparò il fuggiasco Enea, ch'è come dire, asilo, rifugio, o

simili.

E veramente, basta leggere l'epistola senza preoccupazioni, per convincersi che il Poeta parla del bosco di Selvapiana, e della pace che vi trovò in mezzo all'orrore delle sue ombre, come di luogo ispiratore, trovato a caso, dove

(1) Proposta di un edifizio da costruire alla memoria di Francesco Petrarca in Selvapiana

di Ciano (Tip. Carmignani, sottoscritta Angelo Pezzana, Bibliot. Ducale).

(2) Chi visita ora il Sacello, che sorge sopra un piccolo poggio, e lo visita avendo in mente i versi del Petrarca della epistola all'amico Barbato, co' quali si descrive l'ampia distesa del piano sottostante e le Alpi lontane, confine dell'Italia, comprende che il poggio non è quello; poiché anziché dominare, è dominato da altre maggiori alture. Quanto dice il Poeta si avvera invece sull'altipiano, dove sorge ancora, sebben diradata, una selva, che continua a esser detta Selvapiana.

(3) AMADIO RONCHINI, Sulla dimora del Petrarca in Selvapiana in Atti e Memorie di Storia-patria per le provincie Modenesi e Parmensi, 1874.

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