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sia dato soffermarsi e anche scrivervi, e fors'anco ritornarvi (1), senza però costituirlo una dimora stabile, diurna e notturna.

Equivocando su questa parola domus, qualche ammiratore del Petrarca si recò ne' tempi andati in lirico pellegrinaggio al sacro bosco di Selvapiana e sparse la voce, tra i rozzi abitatori di quelle pendici, che un poeta, il Petrarca, aveva abitato alcuna di quelle case. Ed ecco che subito quella gente s'avvisò di trovarla in una casuccia (apparentemente la piú vecchia) situata sul fianco del monte di Selvapiana. La voce, durata sino ai nostri giorni, raccolta come tradizione da alcuni, fu accreditata dal buon abate Marsand.... E la leggenda, artificiosamente seminata, e amorosamente coltivata, divenne storia.

Quanto alla casuccia che sorge ora presso il tempietto, è di data molto recente. Fu costruita intorno al 1853 coi sassi del poggio, con gli avanzi del materiale servito alla costruzione dell'edicola, e con la tenue sovvenzione di lire 100, fatta al custode, per una sola volta.

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Anche di ciò fa sicura testimonianza il medesimo bibliotecario Pezzana, in una lettera a stampa, da lui indirizzata il 1° aprile 1853 agli offerenti della Società Petrarchesca. << Posando questo edifizio (il Sacello) in egli dice poggio al tutto disabitato, era d'uopo di innalzarvi a vista della porta, e vicin vicino, una ben costrutta capanna, o casipola, in cui il custode (Prospero Ronzoni) potesse ricoverare se stesso e la famigliuola; a questo scopo fu concesso il legname usato, rimasto alla Società dopo la costruzione del tempietto, e il piccolo prodotto del terreno (quello acquistato dal Mistrali, che avrebbe dovuto esser trasformato in fresco e odorifero laureto), oltre lire 100 per sola una volta, e con obbligo di costruire tale casupola pel resto a tutte spese di esso il Ronzoni ».

Ma chi visita oggi il tempietto Petrarchesco, nell'area circostante alla capanna del custode e al Sacello, trova alcuni pali, che portano incisa la scritta: Casa del Petrarca. L'area è senza dubbio quella acquistata dal Mistrali con rogito del 5 novembre 1835, ceduta in custodia al Ronzoni con un'altra convenzione, rogata il 26 febbraio 1852 dal notaio Enrico Adorni, e mai convertita in fresco e odorifero laureto; ma quanto alla Casa dei Petrarca, di cui fanno testimonianza i pali, è troppo evidente che non è, e non può essere che quella dell'eccellente Ronzoni; poiché altre case non erano sino al 1853 sul poggio, dove fu costruito il Sacello, e quella che la tradizione direbbe Casa del Petrarca, è non poco più sopra, sull'altipiano di Selvapiana (2).

Rimarranno delusi certamente me ne duole coloro che, in poetico pellegrinaggio, si son recati a sospirare sul poggio, consacrato dal Sacello, e

(1) E veramente, il Petrarca medesimo, in altra lettera (Ad Posteros), viene a confermare d'esser egli ritornato più volte consecutive al bosco di Selvapiana, forse dal vicino castello Correggesco di Rossèna, quando dice: « Scripsi aliquantulum die illo, post continuis diebus quotidie aliquid ».

(2) I pali esistevano ancora nel 1903, e furono veduti co' miei occhi e con quelli del prof. Franco Ridella, che ne fa testimonianza nella sua operetta Parma e Parmigiani nella Vita del Petrarca; ma i pali son cosa facilmente rimovibile; onde non posso dire, se al momento che scrivo si trovino ancora al loro posto.

circondato, per ora, da un campo di patate; ma essi potranno consolarsi, pensando che un caso simile è toccato al fiero Allobrogo, a colui che dalla tomba di Dante in Ravenna sentí sorgere il grido Italia! Italia! e fremebondo si prostrò davanti a que' marmi, che credeva contenere le reliquie di Dante! Egli si prostrò davanti a un'urna vuota; poiché le ossa di Dante, allora (1783), riposavano in diverso e piú umile recesso (1).

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Rimangono alcune altre cosette, non inutili al compimento della storia del Sacello, che ho potuto racimolare da fonti diverse.

Quando la Società Petrarchesca, che aveva per suo fine l'erezione del tempietto, ebbe pubblicato quello, che diremo il suo statuto, in forma di « Condizioni sociali », non fu detto, nei nove articoli che lo compongono, che il tempietto doveva sorgere sui ruderi della Casa del Petrarca; ma però fu sempre ripetuto, e forse anche creduto, che il fine della Società era questo; e cosí generalmente si disse, anche quando, tra i piú intimi fautori della cosa, ben si sapeva che il Sacello era stato costruito sopra un poggio, che non aveva intorno a sé né ruderi né altra abitazione (2). Allo scopo poi di mostrare ai soci offerenti la forma e le dimensioni del Sacello, alle « Condizioni sociali » furono annessi quattro disegni, opera, per quel che riguarda l'ideazione, dell'architetto Nicola

(1) Ecco quanto si legge nella Vita di Vittorio Alfieri (IV, 10): « Di Bologna mi deviai per visitare in Ravenna il sepolcro del Poeta, e un giorno intero vi passai fantasticando, pregando e piangendo ». E questo è il sonetto, ch'egli vi compose :

<< O gran padre Alighier, se dal ciel miri
Me tuo discepol non indegno starmi,
Dal cor traendo profondi sospiri,
Prostato innanzi a' tuoi funerei marmi ;

Piacciati, deh! propizio ai be' desiri,

D'un raggio di tua luce illuminarmi.

Uom, che a primiera eterna gloria aspiri
Contro invidia e viltà de' stringer l'armi?
Figlio, i' le strinsi, e assai men duol; ch'io diedi

Nome in tal guisa a gente tanto bassa,

Da non pur calpestarsi co' miei piedi,

Se in me fidi, il tuo sguardo a che si abbassa?
Va', tuona, vinci; e se fra' piè ti vedi
Costor, senza mirar, sovr'essi passa.

Or non è molto noto, ma è noto, che i « funerei marmi », entro i quali l'Alfieri credeva riposare le ossa di Dante, erano vuoti. Le ossa di Dante erano state pietosamente e secretamente trafugate da un fraticello per sottrarle alla dispersione, e riposte in una cassetta in altro luogo. Questa cassetta lignea, contenente tali reliquie, fu provvidenzialmente scoperta l'anno stesso, che il mondo celebrava il sesto centenario dalla nascita del Poeta, nel 1865.

(2) Nella ricordata PROPOSTA DI UN EDIFIZIO ecc. infatti, è detto: « Intorno al modo di mandarlo ad esecuzione HA IMMAGINATO il Donatore che sopra le fondamenta della Casa si costruisca un edifizio, entro il quale.... ecc. ».

Bettòli, il quale seguí alla larga le linee del tempietto dantesco di Ravenna; e, per quel che riguarda l'esecuzione dei disegni col bulino, degli incisori addetti allo studio del cav. Paolo Toschi, direttore dell'Accademia di Belle Arti. L' interno del sacello doveva essere ornato di un busto del Petrarca (Fig. 3), e le

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pareti tutt' intorno recare scolpiti i versi latini di quella epistola a Marco Barbato da Sulmona, dove messer Francesco racconta all'amico di aver ripreso a comporre l'interrotto poema dell'Africa per effetto di un improvviso estro creativo, che lo agitò alla vista dell'orrida bellezza di una selva, posta in alto e detta piana. E cosí avvenne che,

Fu sin d'allor per me d'ogni altro sito Questo il più caro.

I versi erano dunque in ottima corrispondenza di pensiero col busto; e ciò che il busto non poteva dire, avrebbero detto le pareti, parlanti quella lingua con la quale il Petrarca aveva parlato all'amico. Se non che, dopo qualche tempo, per parecchie cause e di varia natura, tra le quali, per non essersi raccolta la necessaria somma prefissata di lire 18,000, il disegno della Società andò soggetto, come suole, a cambiamenti e ampliamenti. Al busto si pensò di sostituire una statua intera del Petrarca; e ai versi latini della lettera al Sulmonese, una corona di sonetti, vale à dire, versi italiani. E poiché la modellazione della statua fu commessa al giovine scultore Tommaso Baldini di Felino, parve che anche la volta del tempietto fosse da decorare; e ne fu dato l'incarico all'altro giovine artista, primeggiante allora nella pittura, Francesco Scaramuzza da Sissa. Cosí, mentre la somma raccolta non sarebbe stata sufficiente al primo semplice progetto, divenne al tutto inadeguata con le nuove aggiunte; ma non mancarono altre offerte generose, che vennero dalla Corte; e tenuissime furono le ricompense agli artisti collaboratori (1).

Il Bandini, seguace della scuola del Canova e del Bartolini, reduce da pochi anni da Firenze, espose nel proprio studio il modello della statua, a cui furono date le sembianze di un famoso ritratto del Petrarca, già posseduto dal Bodoni; e successivamente, negli anni 1841 e 1842, in occasione delle mostre annuali, anche la statua marmorea, man mano che prendeva vita dall'arte. Essa però fu trasportata sul luogo, e collocata nel tempio, solo nel giugno del 1847, come ne fa fede il conte Luigi Sanvitale, in una lettera diretta ai soci, che vide la luce nella Gazzetta di Parma dell' 8 settembre successivo (2). Come fu detto, l'artista volle che avesse l'espressione di uno, che, sopraggiunto da un subitaneo pensiero, si accinge a fissarlo sulla carta; ma essendo stati sostituiti ai versi latini i versi italiani, ne' quali 'il pensiero è per Laura, il concetto rimase rimane tuttavia un po' ambiguo per chi non conosca le piccole vicende della piccola istoria. Vero è che neanche i 140 versi italiani furono mai collocati a far corona alla statua. Distribuiti su dieci lastre marmoree, quanti sono i sonetti che si vollero incisi, rimasero per lungo tempo addossati ai muri, piú ingombro che ornamento, o compimento (3). Alla fine, dopo altre varie e pietose

(1) La ricompensa del Bandini non oltrepassò le lire 4000.

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e

(2) Il piedistallo doveva portare incisi quattro versi composti dal Mistrali, che il Bandini ricevette dal Pezzana; che doveva incidere, e che non incise mai, non sappiamo per qual motivo; ma vuol essere rammentato che il promotore d'ogni cosa era scomparso l'anno prima, nel 1846. (3) Sono i seguenti:

1. Erano i capei d'oro all'aura sparsi

2. In qual parte del ciel, in quale idea
3. Levommi il mio pensier in parte ov'era
4. Chi vuol veder quantunque può natura
5. Quel vago impallidir che 'l dolce riso
6. Se lamentar augelli, o verdi fronde
7. Solo e pensoso i più deserti, campi

8. Lieti fiori e felici, e ben nate erbe,

9. Gli angeli eletti e l'anime beate

10. Le stelle e 'l cielo e gli elementi a prova.

vicende, le lastre marmoree furono di nuovo trasferite a Parma per cura del dottor Emilio Casa e date in custodia al bibliotecario della Regia Parmensis Bibliotheca, dove si trovano presentemente.

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Nel febbraio del 1839, allorché, secondo le divulgate « Condizioni Sociali », si era sul punto di dar principio ai lavori per l'erezione del piccolo edifizio, e già si parlava, tra i cultori delle lettere, della iscrizione, che avrebbe dovuto segnalare ai posteri l'opera gentile, l' insonne promotore d'ogni cosa, il Ministro Mistrali, allo scopo di troncar discussioni e gare, che si preannunziavano, commise di comporla a Pietro Giordani (1). La lettera che segue sinora inedita che faceva parte delle carte Mistrali, serve non solo a documento della cosa; ma anche a dare la ragione intima del concetto dell'autore. Come l'iscrizione fu scolpita sulla fronte del Sacello, nella precisa forma che le diede il Giordani, parve alla prima alquanto fredda e manchevole, non essendo menomamente ricordato come, e per merito di chi, sorgesse quel segno memorabile (Fig. 4). Si osservò ancora ma in lettere private, che ho qui sul mio tavolino che la designazione di luogo, quasi punto circoscritto, era poco veritiera; e che sarebbe stata piú degna, ove fosse estesa ai luoghi.

Siffatte le osservazioni; sulle quali non è certo da trattenersi. Diamo ora senz'altro la lettera inedita :

< Eccellenza.

<< Iersera Toschi mi ha significato il desiderio di V. E. che trovassi qualche parola per il monumento di Selvapiana; e mi raccomandò brevità e semplicità. Questa raccomandazione (tanto conforme al mio genio, quanto contraria all' importunità dei volgari) mi ha dato più prontezza di volerle ubbidire. Crederò di non aver male inteso il pensiero intimo di V. E. che non presume già di aggiunger gloria al Petrarca; ma di mostrargli affetto (come si fa colle amate) mostrando amore a quello che amano ed onorano. Selvapiana fu ed è onorata dall'amore che l'ebbe il Petrarca, abitandovi e scrivendovi. Ciò sanno quelli che lo leggono. Ma quanti? V. E. vuol farlo vedere anche a quelli che non leggono, o dimenticano. Indovino io l'animo suo? Così proporrei questa Iscrizione :

M.D.C.C.C.X.X.X.IX.

PER VISIBIL SEGNO DELL'ONORE DATO A QUESTO LUOGO

DAL PETRARCA

(1) Anche altre cose aveva ideato il geniale ministro, di pieno accordo col noto storico e scrittor vario di prose, talora un po' lambiccate, ma più spesso terse ed eleganti, Angelo Pezzana. Aveva ideato la compilazione di un'edizione critica parmigiana di tutte le opere del gran cantore di Laura, della quale un esemplare in pergamena avrebbe dovuto esser posto in un'urna di cipresso, e collocato entro il tempio.

La Bibliofilia, anno XXI, dispensa 1a-3a

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