Immagini della pagina
PDF
ePub

Eppur convien che novità risponda,

Dicea fra me medesmo, al nuovo cenno, Che il maestro con l'occhio sì seconda. Ahi quanto cauti gli uomini esser denno Presso a color, che non veggon pur l'opra, Ma per entro i pensier miran col senno! Ei disse a me: tosto verrà di sopra

Ciò ch' io attendo; e che il tuo pensier sogna, Tosto convien che al tuo viso si scopra. Sempre a quel ver, che ha faccia di menzogna, De' l' uom chiuder le labbra quant' ei puote, Perocchè senza colpa fa vergogna:

Ma qui tacer nol posso, e per le note
Di questa Commedia, lettor, ti giuro,
S'elle non sien di lunga grazia vote,
Ch' io vidi per quell' aer grosso e scuro
Venir rotando una figura in suso
Maravigliosa ad ogni cor sicuro;
Siccome torna colui, che va giuso
Talor a solver l'ancora che aggrappa
O scoglio, od altro che nel mar è chiuso,
Che in su si stende, e.da piè si rattrappa.

NOTE

(1) Poi, cioè dopo avere un poco pensato tra la voglia di gittarsi giù, e la paura di bruciare. (2) I fui: nell' Inferno io fui.

CANTO XVII.

Ancor nel terzo girone: violenti contro l'arte: calata nell'ottavo cerchio, sopra Gerione.

Ecco la fiera con la coda aguzza,

Che passa i monti, e rompe i muri e l'armi; Ecco colei che tutto il mondo appuzza. Si cominciò lo mio duca a parlarmi; Ed accennolle che venisse a proda, Vicino al fin de' passeggiati marmi. E quella sozza immagine di froda

Sen venne ed arrivò, la testa e il busto, (1) Ma in su la riva non trasse la coda. La faccia sua era faccia d' uom giusto, Tanto benigna avea di fuor la pelle; E d'un serpente tutto l'altro fusto. Due branche avea pilose infin l'ascelle: Lo dosso, il petto, ed ambedue le coste Dipinte avea di nodi e di rotelle.

Con più color sommesse, e sovrapposte
Non fer ma' in drappo Tartari, nè Turchi,
Nè fur ma' in tela per Aragne imposte.
Come talvolta stanno a riva i Burchi,

Che parte sono in aqua e parte in terra,
E come là tra li Tedeschi lurchi

Lo bevero s' assetta a far sua guerra;
Così la fiera pessima si stava

Su l'orlo, ch'è di pietra, e il sabbion serra. Nel vano tutta sua coda guizzava,

Torcendo in su la venenosa forca,

Che a guisa di scorpion la punta armava. Lo duca disse: or convien che si torca La nostra via un poco infino a quella Bestia malvagia, che colà si corca. Però scendemmo alla destra mammella, E dieci passi femmo, in su lo stremo, Per ben cessar la rena, e la fiammella E quando noi a lei venuti semo,

Poco più oltre veggio in su la rena Gente seder propinqua al loco scemo. Quivi il maestro, acciocchè tutta piena Esperienza d'esto giron porti,

Mi disse, or va, e vedi la lor mena. Li tuoi ragionamenti sien là corti: Mentre che torni, parlerò con questa, Che ne conceda i suoi omeri forti. Così ancor su per la strema testa (2) Di quel settimo cerchio, tutto solo Andai, ove sedea la gente mesta. Per gli occhi fuori scoppiava lor duolo: Di qua, di là soccorrean con le mani Quando a' vapori, e quando al caldo suolo.

Non altrimenti fan d'estate i cani

Or col ceffo, or col piè, quando son morsi O da pulci, o da mosche, o da tafani. Poichè nel viso a certi gli occhi porsi, Nei quali il doloroso fuoco casca,

Non ne conobbi alcun; ma io m' accorsi
Che dal collo a ciascun pendea una tasca,
Che avea certo colore, e certo segno,
E quindi par che il lor occhio si pasca.
E com' io riguardando tra lor vegno,
In una borsa gialla vidi azzurro,
Che di lion avea faccia e contegno.
Poi, procedendo di mio sguardo il curro,
Vidine un' altra più che sangue rossa,
Mostrare un' oca bianca più che burro.
Ed un, che d' una scrofa azzurra e grossa,
Segnato avea lo suo sacchetto bianco,
Mi disse: che fai tu in questa fossa?
Or te ne va, e perchè se' vivo anco,
Sappi che il mio vicin Vitaliano
Sederà qui dal mio sinistro fianco.
Con questi fiorentin son padovano:
Spesse fiate m' intronan gli orecchi
Gridando: vegna il cavalier sovrano,
Che recherà la tasca coi tre becchi:
Quindi storse la bocca, e di fuor trasse
La lingua, come bue che il naso lecchi.
Ed io temendo nol più star cruciasse
Lui, che di poco star m' avea ammonito,
Tornai indietro dall' anime lasse.*
Trovai lo duca mio, ch' era salito

Già su la groppa del fiero animale,
E disse a me: or sie forte ed ardito.

« IndietroContinua »