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De' vostri sensi, che è del rimanente,
Non vogliate negar l' esperienza,

Di retro al sol, del mondo senza gente.
Considerate la vostra semenza:

Fatti non foste a viver come bruti,
Ma per seguir virtute, e conoscenza.
Li miei compagni fec' io sì acuti
Con quest' orazion picciola, al cammino,
Che appena poscia gli avrei ritenuti.
E volta nostra poppa nel mattino,
De' remi facemmo ale al folle volo,
Sempre acquistando del lato mancino.
Tutte le stelle già dell' altro polo

Vedea la notte, e il nostro tanto basso, Che non surgeva fuor del marin suolo. Cinque volte racceso, e tante casso Lo lume era di sotto dalla luna, Poich' entrati eravam nell' alto passo; Quando n' apparve una montagna bruna Per la distanza, e parvemi alta tanto, Quanto veduta non n' aveva alcuna. Noi ci allegrammo, e tosto tornò in pianto; Chè dalla nuova terra un turbo nacque, E percosse del legno il primo canto. Tre volte il fe' girar con tutte l' acque, Alla quarta levar la poppa in suso,

E la prora ire in giù, com' Altrui piacque, In fin che il mar fu sopra noi rinchiuso.

NOTE

(1) Nè per terra, non che per terra. (2) Tra le schegge, e tra i rocchi, due cagioni, o due impedimenti.

(3) E miglior cosa, cioè la grazia di Dio, alla quale le stelle solamente sono compagne per avviarla a noi. CONV.

(4) Farsi: a sera le lucciole non sono fatte, ma si fanno, cioè cominciano a lucicare.

(5) Perchè pur greci; perchè sempre greci, cioè sempre superbi.

CANTO XXVII.

Ancor nell'ottava bolgia: ancora d'un politico frodolente.

Già era dritta in su la fiamma, e queta (1)
Per non dir più, e già da noi sen gia
Con la licenza del dolce poeta:

Quando un' altra, che dietro a lei venía,
Ne fece volger gli occhi alla sua cima,
Per un confuso suon che fuor n' uscia.
Come il bue cicilian, che mugghiò prima
Col pianto di colui ( e ciò fu dritto )
Che l' avea temperato con sua lima;
Mugghiava con la voce dell' afflitto,
Sicchè, con tutto ch' el fosse di rame,
Pur el pareva dal dolor trafitto;
Così per non aver via, nè forame
Dal principio del fuoco, in suo linguaggio
Si convertivan le parole grame.

Ma poscia ch' ebber colto lor vïaggio

Su per la punta; dandole quel guizzo,
Che dato avean la lingua in lor passaggio; (2)
Udimmo dire: o tu, a cui io drizzo

La voce, e che parlavi mo Lombardo,
Dicendo: issa ten' va, più non t'aizzo:
Perch' io sia giunto forse alquanto tardo,
Non t'incresca ristare a parlar meco:
Vedi che non incresce a me, ed ardo.
Se tu, pur mo in questo mondo cieco
Caduto, se' di quella dolce terra
Latina, onde mia colpa tutta reco;
Dimmi se i Romagnuoli han pace o guerra:
Ch' io fui de' monti là intra Urbino
E il giogo, di che Tever si disserra.
Io era ingiuso ancora attento e chino,
Quando il mio duca mi tentò di costa,
Dicendo: parla tu; questi è Latino.
Ed io, che avea già pronta la risposta,
Senza indugio a parlare incominciai:
O anima, che se' laggiù nascosta,
Romagna tua non è, e non fu mai,
Senza guerre ne' cuor de' suoi tiranni;
Ma palese nessuna or ven' lasciai.
Ravenna sta come stata è molt' anni:
L'Aquila da Polenta la si cova

Si, che Cervia ricopre co' suoi vanni.
La terra, che fe' già la lunga prova,
E de' Franceschi il sanguinoso mucchio,
Sotto le branche verdi si ritrova.

E il Mastin vecchio, e il nuovo da Verucchio,
Che fecer di Montagna il mal governo,
Là dove soglion fan de' denti succhio.

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Le città di Lamone e di Santerno
Conduce il lioncel dal nido bianco,
Che muta parte dalla state al verno.
E quella, a cui il Savio bagna il fianco,
Così com' ella sie' tra il piano e il monte,
Tra tirannia si vive e stato franco.
Ora chi se' ti prego che ne conte:

Non esser duro più ch' altri sia stato,
Se il nome tuo nel mondo tegna fronte.
Poscia che il fuoco alquanto ebbe rugghiato
Al modo suo, l'acuta punta mosse
Di qua, di là, e poi diè cotal fiato.
S' io credessi che mia risposta fosse
A persona che mai tornasse al mondo,
Questa fiamma staría senza più scosse:
Ma perciocchè giammai di questo fondo
Non ritornò alcun, s' io odo il vero,
Senza tema d'infamia ti rispondo.
Io fui uom d'arme, e poi fui Cordigliero,
Credendomi sì cinto fare ammenda:
E certo il creder mio veniva intero,
Se non fosse il gran Prete, a cui mal prenda,
Che mi rimise nelle prime colpe:

E come, e quare voglio che m' intenda.
Mentre ch' io forma fui d' ossa e di polpe,
Che la madre mi diè, l' opere mie
Non furon leonine, ma di volpe:
Gli accorgimenti, e le coperte vie
Io seppi tutte, e sì menai lor arte,
Che al fine della terra il suono uscie.
Quando mi vidi giunto in quella parte
Di mia età, dove ciascun dovrebbe
Calar le vele, e raccoglier le sarte;

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