Vostro saver non ha contrasto a Lei: Ella provvede, giudica, e persegue Suo regno, come il loro gli altri Dei. Le sue permutazion non hanno triegue, (Necessità la fa esser veloce )
Si spesso vien chi vicenda consegue. Quest' è colei, ch'è tanto posta in croce Pur da color, che le dovrian dar lode, Dandole biasmo a torto, e mala voce. Ma ella s'è ben alta, e ciò non ode: Con l'altre prime creature lieta Volve sua spera, beata si gode. Or discendiam omai a maggior pieta: Già ogni stella cade, che saliva
Quando mi mossi, e il troppo star si vieta. Noi ricidemmo il cerchio all' altra riva Sovra una fonte, che bolle, e riversa Per un fossato, che da lei deriva. L' aqua era buja molto più che persa; E noi in compagnia dell' onde bige Entrammo giù per una via diversa Una palude fa, che ha nome Stige, Questo tristo ruscel, quand' è disceso Appiè delle maligne piagge grige. Ed io che a rimirar mi stava inteso, Vidi genti fangose in quel pantano, Ignudi tutti, e con sembiante offeso. Questi si percotean non pur con mano, Ma con la testa, e col petto, e co'piedi, Troncandosi co' denti a brano a brano. Lo buon maestro disse: Figlio, or vedi L'anime di color, cui vinse l' ira: Ed anche vo' che tu per certo credi
Che sotto l'aqua ha gente che sospira: Ei fanno pullular questa qua al summo, Come l'occhio ti dice, u' che si gira. Fitti nel limo dicon: tristi fummo
Nell' aer dolce, che dal sol s' allegra, Portando dentro accidioso fummo: Or ci attristiam nella belletta negra. Quest' inno si gorgoglian nella strozza, Chè dir nol posson con parola integra. Così girammo della lorda pozza
Grand' arco tra la ripa secca e il mezzo, Con gli occhi volti a chi del fango ingozza, Venimmo appiè d' una torre al dassezzo.
(1) Pape Satan ec. O gridi brutali, o voci infernali: Dante non dà a Pluto la forma umana, dunque non gli dà la parola umana.
(2) Ahi Giustizia di Dio! tante chi stipa ec. Chi dal latino quid che cosa, qual colpa. Sa Dante che è la divina Giustizia che accumula tante pene, e che ne malconcia così: ma sa ancora che non le accumulerebbe, e non ci DANTE, Inf. 4
malconcierebbe così, se non fosse costretta, per così dire, da noi. Però dimanda alla divina Giustizia qual sia la colpa, per la quale accumula tante pene, e per quale fatalità noi commettiamo tal colpa.
(3) Perocchè non ci appulcro: perocchè a trattare degli avari non appulcro, non abbello; cioè non mi compiaccio, non mi diletto.
Tragitto di Stige: difficoltà d' entrare in Dite.
Io dico seguitando ch' assai prima
Che noi fussimo al piè dell' alta torre, Gli occhi nostri n' andar suso alla cima Per due fiammette, ch' i vedemmo porre: E du' altre da lungi rendér cenno Tanto, ch' appena il potea l'occhio torre. Ed io rivolto al mar di tutto il senno Dissi: questo che dice? e che risponde Quell' altro fuoco? E chi son que' ch' i fenno? Ed egli a me: su per le sucide onde Già puoi scorgere quello che s'aspetta, Se il fumo del pantan nol ti nasconde. Corda non pinse mai da sè saetta,
Che si corresse via per l'aere snella, Com' io vidi una nave piccioletta Venir per l'aqua verso noi in quella, Sotto il governo d'un sol galeoto, Che gridava: or se' giunta, anima fella?
Flegias, Flegias, tu gridi a vuoto,
(Disse lo mio Signore) a questa volta: Più non ci avrai se non passando il loto. Qual è colui, che grande inganno ascolta, Che gli sia fatto, e poi se ne rammarca, Tal si fe' Flegias nell' ira accolta. Lo duca mio discese nella barca,
E poi mi fece entrare appresso lui: E sol, quand' io fui dentro, parve carca. Tosto che il duca ed io nel legno fui, Segando se ne va l'antica prora Dell' aqua più che non suol con altrui. Mentre noi correvam la morta gora,
Dinanzi mi si fece un pien di fango, E disse: chi se' tu, che vieni anzi ora? (1) Ed io a lui: s' io vegno, non rimango: Ma tu chi se', che si se' fatto brutto? Rispose: vedi che son un che piango. Ed io a lui: con piangere e con lutto, Spirito maladetto, ti rimani,
Ch' io ti conosco, ancor sie lordo tutto. Allora stese al legno ambe le mani; Perche il maestro accorto lo sospinse, Dicendo: via costà con gli altri cani. Lo collo poi con le braccia mi cinse, Baciommi' volto, e disse: Alma sdegnosa, Benedetta colei, che in te s' incinse. Quei fu al mondo persona orgogliosa: Bontà non è che sua memoria fregi: Così è l'ombra sua qui furiosa. Quanti si tengon or lassù 'n gran pregi, Che qui staranno come porci in brago, Di sè lasciando orribili dispregi!
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