CANTO X. Anche sesto cerchio: gli Eresiarchi. Ora sen va per un sì gretto calle Quinc' entro soddisfatto sarai tosto, Ed io: buon duca, non tegno nascosto D' una dell' arche: però m' accostai, Vedi là Farinata, che s' è dritto; Dalla cintola in su tutto il vedrai. Io avea già il mio viso nel suo fitto; Ed ei s' ergea col petto e con la fronte, Com' avesse l' Inferno in gran despitto. E le animose man del duca e pronte Mi pinser tra le sepolture a lui Dicendo: le parole tue sien conte. Tosto ch' al piè della sua tomba fui, Guardommi un poco, e poi, quasi sdegnoso, Mi dimandò: chi fur li maggior tui? lo, ch' era d' obbedir desideroso, Non gliel celai, ma tutto gliel apersi: A me, e a' miei primi, ed a mia parte, Ma i vostri non appreser ben quell' arte. Allor surse alla vista scoperchiata Un' ombra, lungo questa, infino al mento; Credo che s' era inginocchion levata. Dintorno mi guardò, come talento Avesse di veder s' altri era meco: Ma poichè il sospicar fu tutto spento, Piangendo disse: se per questo cieco Carcere vai per altezza d'ingegno, Mio figlio ov'è? e perchè non è teco? Ed io a lui: da me stesso non vegno: Colui che attende là, per qui mi mena, Forse cui Guido vostro ebbe a disdegno. (Le sue parole, e il modo della pena M' avevan di costui già letto il nome: Però fu la risposta così piena. ) Di subito drizzato gridò: come Dicesti: egli ebbe? non viv' egli ancora? Non fiere gli occhi suoi lo dolce lome? Quando s' accorse d' alcuna dimora Ch'io faceva dinanzi alla risposta, Supin ricadde, e più non parve fuora. Ma quell' altro magnanimo, a cui posta Ristato m'era, non mutò aspetto, Nè mosse collo, nè piegò sua costa. E, se, continuando al primo detto, ) Egli han quell' arte, disse, male appresa, Ciò mi tormenta più che questo letto. Ma non cinquanta volte fia raccesa La faccia della donna, che qui regge, Che tu saprai quanto quell' arte pesa. E se tu mai nel dolce mondo regge, (2) Dimmi: perchè quel popolo è si empio, Incontro a' miei in ciascuna sua legge? DANTE, Inf. 5 Ond' io a lui: lo strazio e il grande scempio, Tale orazion få far nel nostro tempio. Fu per ciascun di torre via Fiorenza, Cotanto ancor ne splende il sommo Duce. Dissemi: qui con più di mille giaccio: A quel parlar, che mi parea nemico. Hai contra te, mi comandò quel saggio, Ed ora attendi qui, (e drizzò il dito:) (3) Quando sarai dinanzi al dolce raggio, Di quella, il cui bell' occhio tutto vede, Da lei saprai di tua vita il viaggio. Appresso volse a man sinistra il piede; Lasciammo il muro, e gimmo in ver lo mezzo Per un sentier ch' ad una valle fiede, Che infin lassù facea spiacer suo lezzo. NOTE (1) O virtù donna; cioè virtù libera di te, chè volgi ora a sinistra, ora a destra, come ti piace: fin qui aveva voltato sempre a sinistra; è qui |