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NOTE

(1) Lo nostro scender convien esser tardo, convien tardare un poco a discendere.

(2) Di grado in grado, sempre decrescenti nella proporzione di quelli, che hai passati.

(3) In tre gironi è distinto, e costrutto, non solamente distinto, come Malebolge, che è tutto d'una condizione: ma costrutto, fatto, fabbricato, perchè uno è sangue, l' altro è bosco, il terzo sabbia.

(4) Ferità dogliose: atti bestiali usati nella persona altrui: ha significato più esteso che le ferite: e poi le ferità dogliose non fanno ridere come le ferute dogliose.

(5) Quei, che la palude 'mpingue, cioè impingua, ingrassa col fango, che inghiottiscono.

CANTO XII.

Calata nel settimo cerchio distinto in tre gironi: primo girone: i violenti contro la persona e i beni del prossimo..

Era lo loco, ove a scender la riva

Venimmo, alpestro; e per quel ch'ivi er', anco
Tal, ch' ogni vista ne sarebbe schiva.
Qual è quella ruina, che nel fianco

Di qua da Trento l' Adice percosse,
O per tremuoto, o per sostegno manco,
Che da cima del monte, onde si mosse,
Al piano è sì la roccia discoscesa,
Che alcuna via darebbe a chi su fosse;
Cotal di quel burrato era la scesa,
E in su la punta della rotta lacca
L' infamia di Creti era distesa,
Che fu concetta nella falsa vacca:
E quando vide noi, sè stesso morse,
Siccome quel, cui l' ira dentro fiacca. (1)

Lo savio mio in vêr lui gridò: forse
Tu credi che qui sia il duca d' Atene,
Che su nel mondo la morte ti porse?
Partiti bestia, chè questi non viene
Ammaestrato dalla tua sorella,
Ma vassi per veder le vostre pene.
Quale quel toro, che si slaccia in quella
Ch' ha ricevuto lo colpo mortale,
Che gir non sa, ma qua e là saltella;
Vid' io lo Minotauro far cotale:

E quegli accorto gridò: corri al varco;
Mentre ch' e' infuria, è buon che tu ti cale.
Così prendemmo via giù per lo scarco
Di quelle pietre, che spesso movensi
Sotto i miei piedi per lo nuovo carco.
Io gía pensando; e quei disse: tu pensi
Forse a questa rovina, ch'è guardata
Da quell' ira bestial, ch' io ora spensi.
Or vo' che sappi che l' altra fiata

Ch' io discesi quaggiù nel basso Inferno, Questa roccia non era ancor cascata. Ma certo poco pria, se ben discerno, Che venisse Colui, che la gran preda Levò a Dite dal cerchio superno, Da tutte parti l'alta valle feda

Tremò sì, ch' io pensai che l'universo Sentisse amor, per lo quale è chi creda Più volte il mondo in Caos converso: Ed in quel punto questa vecchia roccia Qui, altra altrove, tal fece riverso. (2) Ma ficca gli occhi a valle, chè s'approccia La riviera del sangue, in la qual bolle Qual che per violenza in altrui noccia.

Oh cieca cupidigia, dira, e, folle,
Che si ci sproni nella vita corta,
E nell' eterna poi sì mal c' immolle!
Io vidi un' ampia fossa in arco torta,
Come quella che tutto il piano abbraccia,
Secondo ch' avea detto la mia scorta:

E tra il piè della ripa ed essa, in traccia (3) Correan centuari armati di saette,

Come solean nel mondo andare a caccia. Vedendoci calar, ciascun ristette;

E della schiera tre si dipartiro
Con archi ed asticciuole prima elette.
E l' un gridò da lungi: a qual martiro
Venite voi che scendete la costa?
Ditel costinci; se non, l'arco tiro.
Lo mio maestro disse: la risposta
Farem noi a Chiron costà di presso:
Mal fu la voglia tua sempre si tosta.
Poi mi tentò e disse: quegli è Nesso,
Che mori per la bella Dejanira,

E fe' di sè la vendetta egli stesso.
E quel di mezzo, ch' al petto si mira,
E il gran Chirone, il qual nudri Achille;
Quell' altro è Folo, che fu sì pien d'ira.
Dintorno al fosso vanno a mille a mille,
Saettando quale anima si svelle

Del sangue, più che sua colpa sortille. Noi ci appressammo a quelle fiere snelle: Chiron prese uno strale, e con la cocca Fece la barba indietro alle mascelle. Quando s' ebbe scoperta la gran bocca, Disse ai compagni: siete voi accorti Che quel di retro move ciò che tocca?

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