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Così non soglion fare i piè de' morti . . .
E il mio buon duca, che già gli era al petto,
Ove le due nature son consorti,
Rispose: ben è vivo, e sì soletto
Mostrargli mi convien la valle buja:
Necessità c' induce, e non diletto. (4)
Tal si parti da cantare alleluja,
Che mi commise quest' ufficio nuovo:
Non è ladron, nè io anima fuja.
Ma per quella Virtù, per cui io muovo
Li passi, miei per si selvaggia strada,
Danne un de' tuoi, a cui noi siamo a pruovo,
Che ne dimostri là ove si guada,

E che porti costui in su la groppa,
Chel non è spirto, che per l'aer vada.
Chiron si volse in su la destra poppa,

E disse a Nesso: torna, e sì li guida,
E fa cansar, s'altra schiera t' intoppa.
Noi ci movemmo con la scorta fida
Lungo la proda del bollor vermiglio,
Ove i bolliti facean alte strida.
Io vidi genti sotto infino al ciglio,

E il gran Centauro disse: ei son tiranni, Che dier nel sangue e nell' aver di piglio. Qui essi piangon gli spietati danni:

Qui è Alessandro, e Dionisio fero,
Che fe' Cicilia aver dolorosi anni.
E quella fronte, ch' ha il pel così nero,
E Azzolino; e quell' altro, ch'è biondo,
È Obizzo da Esti, il qual per vero
Fu pinto dal figliastro suo del mondo.
Allor mi volsi al poeta, e quei disse:
Questi ti sia or primo, ed io secondo.

Poco più oltre il Centauro s' affisse
Sovra una gente, che infino alla gola
Parea che di quel bulicame uscisse.
Mostrocci un' ombra dall' un canto sola,
Dicendo: colui fesse in grembo a Dio
Lo cor, che in sul Tamigi ancor si cola.
Poi vidi genti, che fuori del rio

Tenean la testa, e ancor tutto il casso:
E di costoro assai riconobb' io.
Così e più e più si facea basso

Quel sangue, sicchè copria pur li piedi: E quivi fu del fosso il nostro passo. Siccome tu da questa parte vedi

Lo bulicame che sempre si scema, Disse il Centauro, voglio che tu credi Che da quest' altra e più e più giù prema Il fondo suo, infinchè si raggiunge Ove la tirannia convien che gema. La divina Giustizia di qua punge Quell' Attila, che fu flagello in terra, E Pirro, e Sesto; ed in eterno munge Le lagrime, che col bollor disserra A Rinier da Corneto, a Rinier Pazzo, Che fecero alle strade tanta guerra: Poi si rivolse, e ripassossi 'l guazzo.

NOTE

(1) Siccome quel: perocchè l' ira dentro lo fiacca: qui non è similitudine.

(2) Altra altrove, sì forte fu la scossa.

(3) In traccia, a schiera a schiera.

(4) E si soletto: soletto terzo caso, come C. 4. Colà diritto ec: riferiscilo a Dante; e non a Virgilio.

CANTO XIII.

Secondo girone: i violenti contro sè stessi, e i Horo beni.

Non era ancor di là Nesso arrivato,
Quando noi ci mettemmo per un bosco,
Che da nessun sentiero era segnato.
Non frondi verdi, ma di color fosco
Non rami schietti, ma nodosi e involti,
Non pomi v' eran, ma stecchi con tosco.
Non han si aspri sterpi, nè sì folti
Quelle fiere selvagge, che in odio hanno
Tra Cecina e Corneto i luoghi colti.
Quivi le brutte Arpie lo nido fanno,
Che cacciar delle Strofade i Trojani
Con tristo annunzio di futuro danno.
Ale hanno late, e colli e visi umani,

Piè con artigli, e pennuto il gran ventre:
Fanno lamenti 'n su gli alberi strani. (1)
E il buon maestro: prima che più entre,
Sappi che se' nel secondo girone,
Mi cominciò a dire, e sarai mentre
DANTE; Inf.

6

Che tu verra''n l'orribile sabbione.
Però riguarda bene, esi vedrai (2)
Cose, che torrien fede al mio sermone.
Io sentia d' ogni parte tragger guai,

E non vedea persona che il facesse:
Perch' io tutto smarrito m'arrestai.
lo credo ch' ei credette ch' io credesse
Che tante voci uscisser tra que' bronchi
Da gente, che per noi si nascondesse,
Però disse il Maestro: se tu tronchi (3)
Qualche fraschetta d' una d' este piante,
Li pensier ch' hai, si faran tutti monchi.
Allor porsi la mano un poco avante,

E colsi un ramoscel da un gran pruno: E il tronco suo gridò: perchè mi schiante? Dacchè fatto fu poi di sangue bruno, Ricominciò a gridar: perchè mi scerpi? Non hai tu spirto di pietate alcuno? Uomini fummo, esi or sem fatti sterpi; Ben dovrebb' esser la tua man più pia, Se state fossim' anime di serpi. Come d' un stizzo verde, ch' arso sia Dall' un de' capi, che dall' altro geme, E cigola per vento che va via; Così di quella scheggia usciva insieme Parole e sangue; ond" io lasciai la cima Cadere, e stetti come l'uom che teme. S'egli avesse potuto creder prima, (4) Rispose il savio mio, anima lesa, Ciò ch' ha veduto pur con la mia rima, Non averebbe in te la man distesa: Ma la cosa incredibile mi fece

Indurlo ad ovra, ch' a me stesso pesa.

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